Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6589 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6589 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5399/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-controricorrente e ricorrente incidentale-
e
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 3500/2020 depositata il 08/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE impugnava atto di presa in carico notificato dall’Agenzia delle entrate Riscossione e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Napoli accoglieva il ricorso in quanto l’atto era stato notificato mediante poste private.
L’Agenzia delle entrate Riscossione proponeva appello e nel relativo giudizio si costituiva con appello incidentale anche l’Agenzia delle entrate, che depositava copia dell’atto impositivo presupposto, impugnato in diverso giudizio.
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Campania accoglieva l’appello erariale, osservando che la mancata estensione del giudizio di primo grado all’Agenzia delle entrate aveva viziato la sentenza di primo grado e che la nullità della notifica mediante poste private era stata sanata dal raggiungimento dello scopo e cioè dall’avvenuta conoscenza dell’avviso da parte del destinatario che l’aveva impugnato; inoltre, rilevava che la pretesa non era stata confutata nel merito ed era oggetto di altri atti impugnati in separati giudizi.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente che si è affidato a due motivi.
Hanno resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate Riscossione che propongono ricorso incidentale fondato su un motivo.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 ( recte , n. 4) c.p.c., nullità della sentenza di secondo grado per inammissibilità dell’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate che non era stata parte del giudizio di primo grado.
1.1. Il motivo è fondato in ossequio alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui « l a legittimazione a proporre l’impugnazione, o a resistere ad essa, spetta solo a chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, secondo quanto risulta dalla decisione impugnata, tenendo conto sia della motivazione che del dispositivo, a prescindere dalla sua correttezza e corrispondenza alle risultanze processuali nonché alla titolarità del rapporto sostanziale, purché sia quella ritenuta dal giudice nella sentenza della cui impugnazione si tratta » (Cass. n. 15356 del 2020; Cass. n. 13584 del 2017; Cass. n. 20789 del 2014). Né può affermarsi che « quand’anche l’agenzia delle entrate non avesse partecipato al giudizio di primo grado – in quanto non evocata dal contribuente né chiamata su ordine del giudice ad integrazione del contraddittorio – tale estraneità al giudizio non l’avrebbe privata della legittimazione ad appellare una sentenza che – emessa (anche) nei suoi riguardi in quanto erroneamente ritenuta parte dal giudice di primo grado – era idonea, se passata in giudicato, a renderle opponibile la pronuncia di insussistenza, ovvero invalidità, della pretesa tributaria dedotta in giudizio » (Cass. n. 13584 del 2017), perché in questo caso è la stessa CTR ad accertare « la mancata estensione ad Agenzia delle Entrate del giudizio di primo grado », che aveva ad oggetto soltanto la legittimità dell’atto dell’agente della riscossione.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 11 d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 9 comma 1 d.lgs. n. 156/2015 per « carenza di mandato del procuratore del libero Foro dell’Agenzia della Riscossione» , perché l’agente della riscossione non può stare in giudizio con l’assistenza di un avvocato del libero foro .
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. cit. -nel rispetto degli articoli 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell’art. 1, comma 5 del d.l. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016 -in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità (Cass. sez. un. n. 30008 del 2019; Cass. n. 16314 del 2021).
Con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. , non essendosi la CTR pronunziata sull’eccezione di inammissibilità del ricorso contro l’avviso di presa
in carico che è fondata in quanto quell’atto non rientra tra gli atti impugnabili.
3.1. E’ inammissibile la denuncia di omessa pronuncia perché l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra tale vizio, configurabile soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (Cass. n. 26913 del 2024), ma la questione, rilevabile d’ufficio, è fondata in quanto il ricorso iniziale era inammissibile, non trattandosi di atto autonomamente impugnabile.
3.2. L ‘art. 8, comma 12, d.l. n. 16/2012 conv. con l. n. 44/2012, ha introdotto l’informativa di avvenuta presa in carico da parte dell’agente della riscossione, delle somme da riscuotere in ordine all’accertamento notificato; tale disposizione ha previsto che l’agente della riscossione, con raccomandata semplice spedita all’indirizzo presso il quale è stato notificato l’atto presupposto, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione.
3.3. Né l’intimazione di pagamento, né altri comandi sono contenuti dall’avviso di presa in carico, che si limita ad informare il contribuente che la competenza amministrativa è passata dall’Ufficio preposto all’accertamento della pretesa tributaria a quello preposto ad ottenere il pagamento del debito ormai accertato. Secondo questa Corte, l’avviso di presa in carico va compreso fra gli atti amministrativi senza valenza provvedimentale, cioè privi di forza cogente ed unilateralmente modificativa della situazione giuridica del destinatario (Cass. n. 21254 del 2023, par. 1).
3.4. Quanto alla sua impugnabilità, tra la soluzione negativa, che fa leva sul fatto che l’avviso di presa in carico non è ricompreso tra quelli contestabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, e quella opposta, secondo cui l’avviso dovrebbe essere ritenuto impugnabile perché tale provvedimento non avrebbe solo un
contenuto informativo, ma anche funzione contestativa e sollecitatoria, e potrebbe dunque essere paragonato sul piano sostanziale a una intimazione di pagamento, questa Corte ha optato per la tesi intermedia: l’atto sarebbe impugnabile non in sé, ma solo in caso di mancata notifica dell’atto presupposto e nell’ipotesi di vizi propri. Si è così affermato che « In tema di giustizia tributaria, possono essere oggetto di ricorso gli atti iscritti nell’elenco di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992 e tutti gli atti amministrativi aventi natura provvedimentale, capaci di incidere autoritativamente sulle situazioni giuridiche soggettive del contribuente, modificandole unilateralmente sotto il profilo sostanziale o processuale, inerenti o conseguenti a rapporti tributari, creditori o debitori; non possono, invece, essere oggetto di ricorso gli atti privi della predetta natura, sebbene promananti dall’amministrazione finanziaria, da incaricati per la riscossione o da organismi a questi ancillari, salvo che costituiscano la prima comunicazione di esistenza di un atto tributario di natura provvedimentale, espresso, tacito o presupposto, di cui il contribuente dimostri, anche in via presuntiva, di non aver avuto notizia» (Cass. n. 21254 del 2023).
3.5. Deve darsi continuità a questo orientamento, confermando che l’atto di presa in carico sarebbe impugnabile « allorquando costituisce il primo atto con il quale il contribuente viene messo al corrente del debito tributario perché il Fisco ha omesso di notificare l’avviso di accertamento immediatamente esecutivo». In questo caso, invece, l’avviso di presa in carico era stato preceduto da avviso di intimazione n. 16/2017, notificato alla società opposta, essendo questa decaduta dal beneficio della rateazione di quanto dovuto in base ad accordo conciliativo stipulato con l’Agenzia delle entrate, impugnato dalla società davanti alla CTP di Napoli (v. controricorso pagg. 10-11). Pertanto,
l’avviso di preso in carico in oggetto svolge una mera funzione comunicativa e non è autonomamente impugnabile.
Conclusivamente, deve dichiararsi, ai sensi dell’art. 382, comma 3, secondo periodo, c.p.c., l’inammissibilità del ricorso iniziale perché l’azione non poteva essere iniziata (Cass. n. 11473 del 2024).
Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese, sia quelle del giudizio di merito sia quelle del presente giudizio di legittimità.
p.q.m.
accoglie il primo motivo di ricorso principale, rigettato il secondo, e il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate Riscossione come in motivazione, cassa di conseguenza la sentenza impugnata senza rinvio dichiarando l’inammissibilità del ricorso iniziale della contribuente perché l’azione non poteva essere iniziata;
compensa integralmente le spese del giudizio.
Roma, 4 dicembre 2024