Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12899 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12899 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 14/05/2025
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza n. 2703/2019, depositata il 24 giugno 2019, della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Tarsu Tia Tares Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2834/2020 R.G. proposto da Comune di Pregnana Milanese (86502760159), in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL) che lo rappresenta e difende unitamente a ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente – contro
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 2703/2019, depositata il 24 giugno 2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello proposto dal Comune di Pregnana Milanese, così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di un avviso di pagamento emesso dallo stesso Comune in relazione alla TARI dovuta dalla contribuente per l’anno 2016 .
1.1 -A fondamento del decisum , e per quel che qui rileva, il giudice del gravame ha considerato che:
-andava disattesa l’eccezione di giudicato esterno svolta dall’appellante sulla base di una sentenza ( n. 8523/16) resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, in quanto detta pronuncia non recava alcun accertamento sul rapporto di imposta intercorso tra le parti e si risolveva nel rilievo di una questione meramente processuale, essendosi ritenuta inammissibile l’impugnazione di un avviso di pagamento che -recando la comunicazione della pretesa -non poteva considerarsi atto impugnabile;
-doveva, quindi, rilevarsi l’impugnabilità (facoltativa) dell’avviso di pagamento che -secondo dicta della giurisprudenza di legittimità -recava l’esposizione della pretesa impositiva e non si risolveva in una mera «richiesta di chiarimenti».
-Il Comune di Pregnana Milanese ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi; RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2909 cod. civ. assumendo, in sintesi, che illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso l’efficacia espansiva esterna del giudicato formatosi sulla pronuncia resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano (n. 8523/16, del 11 novembre 2016).
-Il motivo è manifestamente destituito di fondamento.
C ome anticipato, la gravata sentenza ha escluso l’efficacia ultrattiva del giudicato -e, dunque, la sua applicabilità ad un diverso periodo di imposta -sul rilievo della natura meramente processuale della pronuncia passata in giudicato che, per l’appunto, aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione di un atto (un avviso di pagamento) non espressamente contemplato dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19.
Posto, poi, che lo stesso motivo di ricorso non pone in discussione i contenuti (così ricostruiti) della sentenza passata in giudicato, quanto rilevato dal giudice del gravame è conforme al principio di diritto espresso dalla Corte, a partire dalla pronuncia delle sezioni unite 16 giugno 2006, n. 13916 – secondo il quale l’efficacia ultrattiva del giudicato non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, ma ciò non di meno è prospettabile soltanto in relazione ad una pronuncia sul merito del rapporto di imposta, ed in relazione ai (soli) elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta «assumono carattere tendenzialmente permanente», non anche con riferimento ai fatti «non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo» (v., altresì, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512).
3. -Il secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, deducendo il ricorrente che -così come statuito dalla stessa giurisprudenza di legittimità in tema di avvisi di pagamento TARSU -l’atto impugnato non poteva ascriversi ad alcuno degli atti tipici contemplati dall’art. 19, cit., così che ne anda va rilevata l’inammissibilità dell’impugnazione avuto riguardo (anche) all’insensibilità della sfera giuridica del destinatario dell’avviso di pagamento rispetto agli effetti dell’omessa impugnazione (insuscettibile di radicare, dunque, un qualche pregiudizio).
4. -Anche questo motivo è destituito di fondamento.
Premesso che (anche qui) la parte non mette in discussione l’accertamento in fatto condotto dal giudice del gravame sul contenuto dell’atto impugnato che recava l’esposizione della pretesa impositiva e non si risolveva in una mera «richiesta di chiarimenti», – la Corte ha ripetutamente rilevato -secondo un risalente, e consolidato, orientamento interpretativo, cui va data continuità, – che la tassatività dell’elencazione degli atti impugnabili, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, deve intendersi riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma alle categorie a cui sono riconducibili, in cui vanno, pertanto, ricompresi anche gli atti atipici o con diversi nomen iuris da quelli indicati, che producano, però, gli stessi effetti giuridici.
4.1 – Si è, in particolare, rimarcato che sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19, cit., «tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto» (Cass.
Sez. U., 24 luglio 2007, n. 16293); e che, a tal fine, deve aversi riguardo agli effetti giuridici che l’atto concretamente produce nella sfera giuridica del contribuente, quali effetti astrattamente suscettibili a fondare l’interesse del contribuente all’impugnazione ex art. 100 cod. proc. civ., trovando giustificazione l’applicazione dei criteri di interpretazione estensiva ed analogica delle categorie di atti contenute nell’elenco di cui al citato art. 19 tanto nell’esigenza di certezza dei rapporti tributari (che richiede un’immediata definizione delle potenziali controversie) quanto nei principi costituzionali di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.) e di effettività del diritto di difesa del cittadino (art. 24 Cost.; v., ex plurimis , Cass., 17 gennaio 2023, n. 1213; Cass., 8 aprile 2022, n. 11481; Cass., 23 marzo 2016, n. 5723; Cass., 1 luglio 2015, n. 13548; Cass., 11 febbraio 2015, n. 2616; Cass., 6 novembre 2013, n. 24916; Cass., 5 ottobre 2012, n. 17010; Cass., 15 giugno 2010, n. 14373; Cass., 25 febbraio 2009, n. 4513; Cass., 15 maggio 2008, n. 12194; v., altresì, Corte Cost., 6 dicembre 1985, n. 313).
E, con riferimento alla TARSU, si è, pertanto, affermato che il contribuente ha la facoltà e non l’onere d’impugnare atti diversi da quelli espressamente nominati dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ossia di proporre ricorso avverso un altro atto non riconducibile al citato art. 19 ma facoltativamente impugnabile in quanto manifestante il rapporto impositivo -atto la cui omessa impugnazione non preclude, pertanto, il ricorso avverso il successivo atto impositivo (Cass., 19 agosto 2015, n. 16952; Cass., 18 maggio 2011, n. 10987; v. altresì, in tema di fattura TIA, Cass., 18 luglio 2016, n. 14675).
5. -Le spese del giudizio di legittimità non vanno regolate tra le parti, in difetto di attività difensiva della parte rimasta intimata, mentre sussistono, nei confronti di parte ricorrente, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025.