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Improcedibilità ricorso cassazione: le conseguenze

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’improcedibilità di un ricorso per il mancato deposito dell’atto nei termini di legge, nonostante la controparte si fosse costituita con controricorso. La sentenza sottolinea la natura perentoria del termine di 20 giorni stabilito dall’art. 369 c.p.c., la cui violazione non può essere sanata. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese legali e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, confermando la severità delle conseguenze legate a tale vizio procedurale.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Improcedibilità del Ricorso per Cassazione: un Errore Procedurale che Costa Caro

L’improcedibilità del ricorso per cassazione rappresenta una delle insidie più temibili nel percorso processuale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’Ordinanza n. 7631/2024, ci offre un’occasione preziosa per analizzare le gravi conseguenze derivanti dal mancato deposito del ricorso nei termini di legge. Questo caso dimostra come una dimenticanza procedurale possa vanificare le ragioni di merito e comportare significative sanzioni economiche.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un cittadino di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato. La sua istanza veniva rigettata in quanto non aveva allegato copia del proprio documento di identità. Il cittadino decideva quindi di impugnare tale decisione, notificando il proprio ricorso per cassazione all’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, commetteva un errore fatale: pur avendo correttamente notificato l’atto alla controparte, ometteva di depositarlo presso la cancelleria della Corte di Cassazione entro il termine perentorio di venti giorni previsto dalla legge. L’Agenzia delle Entrate, dal canto suo, ricevuta la notifica, si costituiva in giudizio depositando il proprio controricorso, determinando così l’iscrizione a ruolo della causa.

La Questione Giuridica: Il Mancato Deposito del Ricorso

Il cuore della questione non risiede nel merito della richiesta di patrocinio, ma in un vizio puramente procedurale. L’articolo 369, primo comma, del Codice di Procedura Civile, stabilisce che il ricorso, insieme ai documenti a supporto, deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena di improcedibilità, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto.

La domanda a cui la Corte è chiamata a rispondere è se la costituzione della controparte (il controricorrente) possa in qualche modo ‘sanare’ l’omissione del ricorrente. In altre parole, il fatto che la causa sia stata comunque iscritta a ruolo è sufficiente a superare il mancato deposito dell’atto principale?

L’Analisi della Corte e l’Improcedibilità del Ricorso per Cassazione

La Suprema Corte ha fornito una risposta netta e inequivocabile: no. Il deposito del ricorso nel termine di venti giorni è un presupposto di procedibilità la cui mancanza deve essere rilevata d’ufficio dal giudice, a prescindere dal comportamento della controparte.

La Corte chiarisce che il principio del ‘raggiungimento dello scopo’, sancito dall’art. 156 c.p.c. (secondo cui la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato), si applica solo ai vizi di forma e non alla violazione di termini perentori. I termini perentori, come quello per il deposito, sono posti a presidio di interessi superiori di certezza e ordine processuale e la loro inosservanza determina conseguenze insanabili.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, i Giudici hanno ribadito con forza che l’obbligo di deposito del ricorso è un onere che grava esclusivamente sul ricorrente e serve a instaurare correttamente il rapporto processuale presso la Corte. La costituzione del controricorrente non può supplire a questa mancanza fondamentale. Citando una consolidata giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite (sent. n. 20621/2023), la Corte ha affermato che la norma sull’improcedibilità del ricorso per cassazione è chiara e non ammette deroghe. L’inosservanza del termine di venti giorni comporta, in automatico, la declaratoria di improcedibilità, impedendo alla Corte qualsiasi esame del merito dell’impugnazione.

Le Conclusioni

La decisione ha conseguenze pratiche molto pesanti per il ricorrente. In primo luogo, il ricorso è stato dichiarato improcedibile, chiudendo definitivamente la porta a una revisione della decisione impugnata. In secondo luogo, il ricorrente è stato condannato a rimborsare all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio, liquidate in oltre 4.500 euro. Infine, la Corte ha dato atto della sussistenza dei presupposti per il cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’, un’ulteriore sanzione pecuniaria a carico della parte la cui impugnazione viene respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile. Questa ordinanza funge da monito sull’importanza cruciale della diligenza e del rispetto rigoroso delle scadenze procedurali nel processo civile.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene notificato ma non depositato in cancelleria entro i termini?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile. Il termine di 20 giorni per il deposito, previsto dall’art. 369 c.p.c., è perentorio e la sua violazione determina l’impossibilità per la Corte di esaminare il merito della causa.

La presentazione di un controricorso da parte della controparte sana il mancato deposito del ricorso principale?
No. La costituzione in giudizio della parte controricorrente non può sanare il vizio procedurale derivante dal mancato deposito del ricorso principale. L’onere del deposito grava esclusivamente sul ricorrente e la sua omissione porta inevitabilmente all’improcedibilità.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata improcedibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese legali a favore della controparte. Inoltre, la Corte accerta la sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già dovuto per l’iscrizione a ruolo, a titolo sanzionatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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