Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9106 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9106 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9782/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, CERVINO CIVITA e COGNOME, i primi due quali soci e il terzo quale ultimo liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, con domicilio digitale pec , che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOMECODICE_FISCALE
(EMAIL)
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA n. 7459/2021 depositata il 20/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
I sig.ri COGNOME e COGNOME quali soci e l’ultima quale ultimo liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, hanno proposto ricorso in cassazione, con tre motivi, contro la sentenza n. 7459/11/2021 della Commissione Tributaria Regionale della Campania ( hinc: CTR).
Con provvedimento del 26/07/2024 è stata avanzata la seguente proposta di definizione accelerata ex art. 380 bis c.p.c.: « Il ricorso è improcedibile. L’art. 369, comma 2, c.p.c. espressamente prevede che ‘Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità’ copia autentica della sentenza o della decisione impugnata, unitamente alla relazione di notificazione.
Nel caso di specie, non risulta depositata la sentenza n. 7459/2021 oggetto di impugnazione: il file denominato ‘sentenza CTR 7459.11.2021.pdf.p7m’, presente in atti, in realtà è un’altra copia del ricorso per Cassazione, mentre tra gli altri files non vi è traccia della predetta sentenza.»
La proposta di definizione accelerata è stata notificata, in data 30/07/2024, alla parte ricorrente. In data 09/09/2024, è stata presentata opposizione, unitamente al deposito della copia della sentenza impugnata, evidenziando che, grazie a quest’ultimo, il
giudizio non era più improcedibile e che, in ogni caso, veniva chiesta la rimessione in termini per errore materiale in ordine al deposito stesso.
4. La controricorrente non si è costituita.
…
Considerato che:
Deve essere confermata la proposta di definizione accelerata ex art. 380 bis c.p.c., dichiarando il ricorso improcedibile.
L’art. 369, comma 2, c.p.c. prevede, infatti, che: « Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità:
il decreto di concessione del gratuito patrocinio; 2. copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai nn. 1 e 2 dell’articolo 362; 3. la procura speciale, se questa è conferita con atto separato. »
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che: « La mancata produzione, nei termini, della sentenza impugnata o la mancata prova (mediante la relata di notifica) della tempestività del ricorso per cassazione costituiscono negligenze difensive che, per quanto frequenti, in linea di principio non sono giustificabili. Si tratta di adempimenti agevoli, normativamente prescritti da sempre, di intuitiva utilità per attivare il compito del giudice in modo non “trasandato” e conseguente con il fine di pervenire sollecitamente alla formazione del giudicato.
Consentire il recupero della omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento di cui all’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento nel meccanismo processuale.
L’improcedibilità infatti, a differenza di quanto previsto in altre “situazioni procedurali” trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di
avvio di un determinato processo. E’ stato insegnato anche che essa è compatibile con il diritto di accesso al giudice se configurata nelle fasi di impugnazione, risolvendosi altrimenti in una non ragionevole compressione del diritto di difesa (cfr., per una applicazione di quest’ultimo principio SU n. 1238/05).
La selezione delle impugnazioni da scrutinare nel merito va perciò compiuta se i termini fissati dal legislatore per la sequenza procedimentale siano stati rispettati, salvo che i termini stessi (e gli adempimenti prescritti) risultino insignificanti. » (Cass., Sez. U, 02/05/2017, n. 10648).
Con riferimento agli adempimenti di cui all’art. 369, comma 2, c.p.c., anche recentemente è stato precisato da questa Corte che: « In tema di giudizio di cassazione, l’omessa produzione della relata di notifica della sentenza impugnata determina l’improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., la quale – in base a quanto affermato dalla Corte EDU nella sentenza del 23 maggio 2024, NOME e altri c. Italia – non si pone in contrasto con l’art. 6 CEDU, poiché integra una sanzione adeguata rispetto al fine di assicurare il rapido svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, che è preordinato alla verifica della corretta applicazione della legge ed interviene dopo la celebrazione di due gradi di giudizio deputati alla delibazione nel merito della pretesa, e non costituisce impedimento idoneo a compromettere il diritto di accesso a un tribunale. » (Cass., 16/09/2024, n. 24724).
2.1. Proprio la sentenza della Corte EDU (23/05/2024, COGNOME e altri c. Italia, §§ 69-70) evidenzia che: « Dalla giurisprudenza della Corte si evince che il diritto di accesso ai tribunali non è assoluto bensì può essere sottoposto a limiti: essi sono implicitamente ammessi perché il diritto di accesso per sua stessa natura esige di essere disciplinato dallo Stato che sotto questo profilo gode di un certo
margine di discrezionalità. Benché la decisione finale in merito all’osservanza dei requisiti della Convenzione spetti alla Corte, non fa assolutamente parte delle sue funzioni sostituire alla valutazione delle autorità nazionali altre valutazioni in ordine a quale potrebbe essere la migliore politica in tale ambito. Le limitazioni applicate, però, non devono restringere l’accesso di cui dispone la persona in modo e misura tale da compromettere la sostanza stessa del diritto. Inoltre, una limitazione non è compatibile con l’articolo 6 § 1 qualora non persegua un fine legittimo e non vi sia un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e i fini che si intende perseguire (si vedano COGNOME, sopra citata, § 78; COGNOME e altri, sopra citata, §§ 109-10).
Per determinare la proporzionalità della restrizione dell’accesso alle giurisdizioni superiori, la Corte ha tenuto conto di tre fattori, ovvero (i) la prevedibilità della restrizione, (ii) da chi (ricorrente o Stato convenuto) avrebbero dovuto essere sopportate le conseguenze avverse degli errori compiuti durante il procedimento in esito al quale era stato negato al ricorrente l’accesso alla Corte suprema, e (iii) se si potesse affermare che le restrizioni in questione peccavano di ‘eccessivo formalismo’ (s i vedano COGNOME, sopra citata, § 85; COGNOME e altri, sopra citata, §§ 113-16; e NOME COGNOME, sopra citata, § 43). »
Gli adempimenti prescritti dall’art. 369, comma 2, c.p.c. sono da considerare – secondo quanto già evidenziato da Cass., Sez. U, n. 10648 del 2017, cit. -agevoli, normativamente prescritti da sempre, di intuitiva utilità per attivare il compito del giudice in modo non “trasandato” e conseguente con il fine di pervenire sollecitamente alla formazione del giudicato. Tali adempimenti sono, quindi, compatibili, così come recentemente precisato dalla Corte EDU in relazione alla previsione contenuta nel n. 2 del l’art. 369 c.p.c. con l’art. 6 CEDU. Difatti, se è ritenuta compatibile con la norma convenzionale la
previsione che sanziona con l’improcedibilità la mancata produzione della relata di notifica della sentenza impugnata (ipotesi esaminata dalla Corte EDU nel caso NOME e altri contro Italia), a maggior ragione deve ritenersi conforme all’art. 6 CEDU la previsione che sanziona con l’improcedibilità il mancato deposito della sentenza impugnata.
Occorre, infine, evidenziare come la richiesta di rimessione in termini della parte ricorrente non sia supportata da alcuna allegazione in ordine alla causa non imputabile che avrebbe impedito il deposito tempestivo della sentenza impugnata.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
3.1. In ragione della mancata costituzione della parte controricorrente non deve essere disposta alcuna statuizione inerente alla condanna alle spese e ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., mentre la parte ricorrente deve essere condannata, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento, in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 500,00. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, precisato che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) – che, per i casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, richiama l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c. – si applica ai giudizi di cassazione pendenti alla data del 28 febbraio 2023, poiché l’art. 35, comma 6, del citato d.lgs. fa riferimento ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data dell’1 gennaio 2023 per i quali non sia stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio e una diversa interpretazione, volta ad applicare la normativa in esame ai giudizi iniziati in data successiva al 28 febbraio 2023, depotenzierebbe lo scopo di agevolare la definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l’individuazione di strumenti
dissuasivi di condotte rivelatesi prive di giustificazione (Cass., Sez. U, 23/04/2024, n. 10955).
…
P.Q.M.
dichiara il ricorso improcedibile;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 500,00; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 28/02/2025.