Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19222 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19222 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 22239/2022 R.G. proposti da:
COGNOME NOME, in proprio e quale ex legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE estinta, rappresentata e difesa come da procura allegata al presente ricorso, congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME entrambe del Foro di Bolzano
– ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore e RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentate e difese ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
–
Controricorrenti
–
avverso la sentenza n. 7/1/2022 della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, depositata in data 18.3.2022;
udita la relazione svolta all’udienza camerale dell’8.5.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto:
*intimazione di pagamento – definizione liti pendenti ex art. 5 l. 130/2022 – valore della lite Ud.08/05/2025 CC
Vigl NOME impugnava l’intimazione di pagamento notificatale in data 3.3.2020, deducendo la prescrizione dei crediti portati dalle due cartelle di pagamento ivi indicate, rispettivamente notificate in data 14.4.2006 e 29.8.2006, per essere decorso il quinquennio dalla data dell’ultimo atto interruttivo, costituito dalla notifica di un atto di pignoramento negativo intervenuta nell’anno 2010. Nel corso del giudizio, con memoria illustrativa dell’11.12.2020, la contribuente deduceva l’intervenuta estinzion e del credito per effetto della mancata risposta all’istanza presentata in data 9.6.2020, ai sensi della legge n. 228/2012, da parte dell’agente della riscossione. La C.T.P. di Bolzano accoglieva il ricorso, ritenendo che sanzioni ed interessi erano prescritti, mentre i tributi non erano dovuti a causa della mancata risposta dell’agente della riscossione all’istanza presentata ai sensi della legge n. 228/2012, entro il termine perentorio previsto.
La C.T.R. di Bolzano, adita dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, rimasta contumace in primo grado, dava atto del passaggio in giudicato della statuizione del giudice di primo grado relativa alla declaratoria di prescrizione di sanzioni ed interessi ed accoglieva nel resto il gravame dell’Ufficio , ritenendo che il termine di 220 giorni non era mai decorso, atteso che l’istanza non era stata mai ricevuta dall’agente della riscossione, in quanto inviata ad un indirizzo errato e che le imposte iscritte a ruolo non erano prescritte, applicandosi il termine decennale.
Avverso la precitata sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione resistono con controricorso.
Con istanza depositata in data 7.3.2023 le parti
contro
ricorrenti depositavano istanza di trattazione, a seguito dei dinieghi di definizione agevolata ex art. 5 della legge n. 130/2022.
La ricorrente depositava in data 9.3.2023 ricorso avverso i dinieghi.
E’ stata fissata l’udienza camerale dell’8.5.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, commi da 537 al 540 della legge 24.12.2012, n. 228; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 121, 131 e 156, comma 3, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c..
2.Con il secondo motivo, lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, per non avere la commissione tributaria di secondo grado attribuito alcuna rilevanza all’intervenuto deposito dell’istanza di sospensione legale della riscossione ex l. 228/2012 in corso di giudizio, con conseguente conoscenza legale da parte dell’ente che era rimasto volontariamente contumace.
3.Con il terzo ed ultimo motivo, deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 57, comma 3, del d.lgs. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., per avere la commissione di secondo grado ritenuto ammissibile l’eccezione, formulata per la prima volta in appello dalla ADER, di nullità/inesistenza dell’istanza di sospensione legale della riscossione ex L. 228/2012.
Va esaminato in via prioritaria il ricorso avverso i dinieghi della definizione delle liti pendenti in cassazione ex art. 5 della legge n. 130/2022.
Esso è infondato e va respinto.
5.1.L’art. 5 della legge n. 130/2022, rubricato «Definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione» prevede, per quel che qui interessa che: ‘ 2. Le controversie tributarie, diverse da quelle di cui al comma 6, pendenti alla data del 15 luglio 2022 innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 50.000 euro, sono definite, a domanda dei soggetti indicati al comma 3 del presente articolo, con decreto assunto ai sensi dell’articolo 391 del codice di procedura civile, previo pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della controversia determinato ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 3. Le controversie tributarie di cui ai commi 1 e 2 possono essere definite a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi e’ subentrato o ne ha la legittimazione. 4. Per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione e’ stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della presente legge, purche’, alla data della presentazione della domanda di cui al comma 8, non sia intervenuta una sentenza definitiva. 5. L’adesione alla definizione agevolata delle controversie tributarie di cui ai commi 1 e 2 comporta la contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89. In ogni caso le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate…………..7. La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al
comma 8 entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e con il pagamento degli importi dovuti. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda. 8. Entro il termine di cui al comma 7, per ciascuna controversia autonoma e’ presentata una distinta domanda di definizione esente dall’imposta di bollo ed è effettuato un distinto versamento. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato. 9. Ai fini della definizione delle controversie si tiene conto di eventuali versamenti gia’ effettuati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, fermo restando il rispetto delle percentuali stabilite nei commi 1 e 2. La definizione non da’ comunque luogo alla restituzione delle somme gia’ versate ancorche’ eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge. 10. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo e’ sospeso fino alla scadenza del termine di cui al comma 7. 11. L’eventuale diniego della definizione va notificato entro trenta giorni con le modalita’ previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi alla Corte di cassazione. 12. In mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata, entro due mesi decorrenti dalla scadenza del termine di cui al comma 7, il processo è dichiarato estinto, con decreto del presidente. L’impugnazione del diniego vale anche come
istanza di trattazione.’
5.2. Tanto premesso, va osservato che la ricorrente ha impugnato l’intimazione di pagamento, deducendone la nullità per intervenuta prescrizione dei crediti intimati, posto che, poiché le due sottese cartelle di pagamento erano state rispettivamente notificate in data 14.4.2006 e 29.8.2006, era decorso il quinquennio dalla data dell’ultimo atto interruttivo, costituito dalla notifica di un atto di pignoramento negativo intervenuta nell’anno 2010 e la data di notifica dell’intimazione di pagamento.
La ricorrente ha pertanto impugnato esclusivamente l’intimazione di pagamento, con la conseguenza che il valore della lite si determina in base alla somma complessiva portata dall’intimazione, depurata di sanzioni ed interessi. L’importo complessivo dei tributi iscritti a ruolo ammonta ad euro 50.734,00 euro, per come si ricava sommando gli importi delle due cartelle di pagamento (depurate come sopra) indicati nei due modelli F24 allegati alle due istanze, una per ciascuna cartella di pagamento. Le indicazi oni presenti nell’epigrafe della sentenza di secondo grado, dalle quali, diversamente da quanto indicato nell’epigrafe della sentenza di primo grado, si ricaverebbe che il ricorso aveva ad oggetto anche le due cartelle di pagamento, non assumono rilevanza alcuna, dovendosi l’oggetto del giudizio desumere dal contenuto del ricorso introduttivo.
5.3. Il valore della lite, superiore ad euro 50.000,00, non consente pertanto l’accesso alla definizione delle liti pendenti in cassazione, a norma dell’art. 5, comma 2, della legge n. 130/2022.
Passando all’esame del ricorso principale, esso va dichiarato improcedibile, ai sensi dell’art. 369, comma 2,
c.p.c., il quale statuisce che « Insieme con il ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità….omissis…2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione se questa è avvenuta ‘.
Ed invero la ricorrente non ha depositato copia autentica della sentenza impugnata in allegato al ricorso principale: alla voce ‘ doc. 1 sentenza impugnata.signed.pdf ‘ corrisponde una copia informale del processo verbale dell’udienza del 25.2.2022 ed alla voce ‘ doc.1. sentenza impugnata con attestazione di conformità ‘ corrisponde la stessa copia del processo verbale dell’udienza del 25.2.2022 con in calce l’attestazione di conformità firmata dal difensore. Dunque la sentenza impugnata non è stata depositata, neppure in copia non autentica, nel termine di cui all’art. 360 , comma 1, c.p.c. (nè peraltro risulta depositata dalle parti controricorrenti).
6.1. Non vale a sanare l’improcedibilità la tardiva produzione della sentenza in allegato al successivo ricorso avverso il diniego di definizione agevolata, peraltro mancante dell’attestazione di conformità.
Spese secondo soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso avverso i provvedimenti di diniego di definizione agevolata ex art. 5, L. 130/2022; dichiara improcedibile il ricorso principale; condanna la
ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle parti controricorrenti, che liquida in complessivi euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8.5.2025