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Improcedibilità del ricorso: Cassazione inflessibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso di una società contro l’Agenzia delle Entrate a causa del mancato deposito dell’atto. Si tratta di un vizio procedurale che non può essere sanato, anche se la Corte è venuta a conoscenza del ricorso solo tramite il controricorso della controparte. La società ricorrente è stata di conseguenza condannata al pagamento delle spese legali.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Improcedibilità del ricorso: il deposito è un passo che non si può saltare

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: la necessità del deposito del ricorso affinché esso possa essere esaminato. La vicenda, che vede contrapposte una società e l’Agenzia delle Entrate, si conclude con una declaratoria di improcedibilità del ricorso a causa di una grave omissione procedurale. Questa decisione sottolinea come la forma, nel processo, sia sostanza e come un errore formale possa precludere l’accesso alla giustizia, indipendentemente dalle ragioni di merito.

I fatti di causa

Una società a responsabilità limitata proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia. Tuttavia, la difesa della società ometteva un passaggio cruciale: il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte, come prescritto dall’articolo 369 del codice di procedura civile. L’Agenzia delle Entrate, venuta a conoscenza del ricorso, si costituiva in giudizio depositando un controricorso. Proprio attraverso questo atto difensivo, la Corte di Cassazione apprendeva l’esistenza dell’impugnazione mai formalmente depositata dalla ricorrente.

La decisione della Corte di Cassazione sulla procedibilità

La Corte, una volta investita della questione attraverso il controricorso, non ha potuto fare altro che constatare il vizio insanabile. L’ordinanza dichiara l’improcedibilità del ricorso in modo netto e inequivocabile. La decisione si fonda su un presupposto logico e giuridico: un ricorso, per essere esaminato, deve prima esistere processualmente, e tale esistenza si concretizza solo con il suo deposito formale in cancelleria.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte sono chiare e si basano su principi consolidati. In primo luogo, viene richiamato l’art. 369 c.p.c., che elenca gli adempimenti a carico del ricorrente, tra cui, appunto, il deposito dell’atto. Questo adempimento non è una mera formalità, ma l’atto che instaura il rapporto processuale dinanzi al giudice di legittimità.

La Corte ribadisce, citando la propria giurisprudenza (Cass. n. 31693 del 2022), di avere il potere di dichiarare d’ufficio l’improcedibilità anche nell’ipotesi, come quella di specie, in cui venga a conoscenza dell’esistenza del ricorso solo tramite il controricorso della parte resistente. Il deposito del controricorso, infatti, non sana il vizio originario del mancato deposito del ricorso principale. Di conseguenza, la parte ricorrente, a causa della sua negligenza, viene condannata al pagamento delle spese processuali. La liquidazione avviene, come specificato dalla Corte citando le Sezioni Unite (Cass. n. 20621 del 2023), nella misura minima, in favore dell’Avvocatura Generale dello Stato.

Infine, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, una sanzione processuale prevista per chi introduce un’impugnazione che viene poi respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile.

Le conclusioni

Questa pronuncia serve da monito per tutti gli operatori del diritto sull’importanza cruciale del rispetto delle norme procedurali. L’improcedibilità del ricorso per mancato deposito è un epilogo amaro che vanifica ogni sforzo difensivo e ogni possibile ragione di merito. La decisione evidenzia che un errore formale può avere conseguenze definitive e costose, determinando non solo la fine del processo, ma anche l’addebito delle spese legali e di ulteriori sanzioni. La diligenza nell’adempimento degli oneri processuali non è un optional, ma la condizione prima per poter tutelare efficacemente i diritti dei propri assistiti.

Un ricorso per cassazione può essere dichiarato improcedibile se non è mai stato depositato in cancelleria?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il mancato deposito del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c. ne determina l’improcedibilità. Anche se la Corte viene a conoscenza del ricorso tramite il controricorso della controparte, il vizio non è sanabile.

Chi deve pagare le spese legali se un ricorso viene dichiarato improcedibile per mancato deposito?
Le spese legali seguono il principio della soccombenza. Pertanto, la parte ricorrente, il cui ricorso è stato dichiarato improcedibile, è condannata al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente.

La Corte di Cassazione può dichiarare l’improcedibilità di sua iniziativa (d’ufficio)?
Sì, il potere della Corte di Cassazione di dichiarare d’ufficio l’improcedibilità del ricorso sussiste anche in caso di mancato deposito, qualora la parte resistente ne abbia portato a conoscenza l’esistenza tramite il proprio controricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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