Improcedibilità del ricorso: il deposito è un passo che non si può saltare
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: la necessità del deposito del ricorso affinché esso possa essere esaminato. La vicenda, che vede contrapposte una società e l’Agenzia delle Entrate, si conclude con una declaratoria di improcedibilità del ricorso a causa di una grave omissione procedurale. Questa decisione sottolinea come la forma, nel processo, sia sostanza e come un errore formale possa precludere l’accesso alla giustizia, indipendentemente dalle ragioni di merito.
I fatti di causa
Una società a responsabilità limitata proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia. Tuttavia, la difesa della società ometteva un passaggio cruciale: il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte, come prescritto dall’articolo 369 del codice di procedura civile. L’Agenzia delle Entrate, venuta a conoscenza del ricorso, si costituiva in giudizio depositando un controricorso. Proprio attraverso questo atto difensivo, la Corte di Cassazione apprendeva l’esistenza dell’impugnazione mai formalmente depositata dalla ricorrente.
La decisione della Corte di Cassazione sulla procedibilità
La Corte, una volta investita della questione attraverso il controricorso, non ha potuto fare altro che constatare il vizio insanabile. L’ordinanza dichiara l’improcedibilità del ricorso in modo netto e inequivocabile. La decisione si fonda su un presupposto logico e giuridico: un ricorso, per essere esaminato, deve prima esistere processualmente, e tale esistenza si concretizza solo con il suo deposito formale in cancelleria.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte sono chiare e si basano su principi consolidati. In primo luogo, viene richiamato l’art. 369 c.p.c., che elenca gli adempimenti a carico del ricorrente, tra cui, appunto, il deposito dell’atto. Questo adempimento non è una mera formalità, ma l’atto che instaura il rapporto processuale dinanzi al giudice di legittimità.
La Corte ribadisce, citando la propria giurisprudenza (Cass. n. 31693 del 2022), di avere il potere di dichiarare d’ufficio l’improcedibilità anche nell’ipotesi, come quella di specie, in cui venga a conoscenza dell’esistenza del ricorso solo tramite il controricorso della parte resistente. Il deposito del controricorso, infatti, non sana il vizio originario del mancato deposito del ricorso principale. Di conseguenza, la parte ricorrente, a causa della sua negligenza, viene condannata al pagamento delle spese processuali. La liquidazione avviene, come specificato dalla Corte citando le Sezioni Unite (Cass. n. 20621 del 2023), nella misura minima, in favore dell’Avvocatura Generale dello Stato.
Infine, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, una sanzione processuale prevista per chi introduce un’impugnazione che viene poi respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile.
Le conclusioni
Questa pronuncia serve da monito per tutti gli operatori del diritto sull’importanza cruciale del rispetto delle norme procedurali. L’improcedibilità del ricorso per mancato deposito è un epilogo amaro che vanifica ogni sforzo difensivo e ogni possibile ragione di merito. La decisione evidenzia che un errore formale può avere conseguenze definitive e costose, determinando non solo la fine del processo, ma anche l’addebito delle spese legali e di ulteriori sanzioni. La diligenza nell’adempimento degli oneri processuali non è un optional, ma la condizione prima per poter tutelare efficacemente i diritti dei propri assistiti.
Un ricorso per cassazione può essere dichiarato improcedibile se non è mai stato depositato in cancelleria?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il mancato deposito del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c. ne determina l’improcedibilità. Anche se la Corte viene a conoscenza del ricorso tramite il controricorso della controparte, il vizio non è sanabile.
Chi deve pagare le spese legali se un ricorso viene dichiarato improcedibile per mancato deposito?
Le spese legali seguono il principio della soccombenza. Pertanto, la parte ricorrente, il cui ricorso è stato dichiarato improcedibile, è condannata al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente.
La Corte di Cassazione può dichiarare l’improcedibilità di sua iniziativa (d’ufficio)?
Sì, il potere della Corte di Cassazione di dichiarare d’ufficio l’improcedibilità del ricorso sussiste anche in caso di mancato deposito, qualora la parte resistente ne abbia portato a conoscenza l’esistenza tramite il proprio controricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23428 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23428 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
Oggetto: improcedibilità del ricorso
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 4650/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL);
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 5107/19/2022 depositata in data 03/06/2022; Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
28/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
-il ricorso per cassazione è improcedibile, non essendo stato depositato ai sensi dell’art. 369 c.p.c. ed essendo stato iscritto a ruolo il (solo) controricorso;
come è noto, il potere della Corte di cassazione di dichiarare di ufficio l’improcedibilità del ricorso sussiste anche in ipotesi di mancato deposito di esso ove la parte resistente ne abbia portato a conoscenza della Corte l’esistenza con il controricorso (Cass. n. 31693 del 2022);
le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura minima (Cass. Sez. Un. n. 20621 del 2023);
p.q.m.
dichiara improcedibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore del controricorrente, in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2024.