Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13153 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13153 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27894/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. ROMA n. 1044/2018 depositata il 20/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME propone ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio, indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello erariale avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma che aveva respinto il suo ricorso contro l’avviso di accertamento
per il 2007 recante la determinazione di reddito di impresa ed IRPEF conseguente.
L’avviso di accertamento si fondava sull’imputazione al COGNOME del reddito accertato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, poiché il ricorrente, già socio di questa, era stato riconosciuto reale dominus della società, la quale aveva presentato una serie di irregolarità sul piano fiscale (mancanza di corrispondenza tra sede legale e domicilio fiscale, irregolare e sostanzialmente omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per il 2007, assenza di scritture contabili obbligatorie).
La CTR ha confermato l’accertamento, osservando che, sulla base degli elementi raccolti e, in particolare, RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dai numerosi amministratori dei condominii che si erano avvalsi dei servizi della società (per installazioni e manutenzioni termoidrauliche), era emerso che il COGNOME era l’ unico gestore, mentre l’amministratore legale della società era irreperibile e l’altro socio, NOME COGNOME, era deceduto.
Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi, illustrati con memoria.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 12 l. n. 212/2000 (Statuto del contribuente) in quanto erroneamente la CTR aveva disatteso il motivo d’appello relativo al difetto di contraddittorio con riguardo al PVC redatto in data 31.5.2011 nei confronti della società, all’epoca in cui il COGNOME non era più socio e senza la sua partecipazione, che era stato utilizzato per motivare l’avviso di accertamento spiccato successivamente nei suoi confronti e notificato unitamente ad esso.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Va premesso che la norma invocata riguarda ‘ diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali ‘ e , al comma 7, vigente ratione temporis , prevede che, prima dell ‘emissione dell’avviso di accertamento, sia rispettato il termine dilatorio di giorni sessanta dalla consegna al contribuente del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni, entro il quale il contribuente può comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori; tale previsione si applica soltanto nei casi di verifica, accesso o ispezioni presso i luoghi di pertinenza dell’imprenditore (Cass. n. 24793 del 2020; Cass. n. 1497 del 2020; Cass. n. 701 del 2019) e occorre che le operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dall’Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell’accertamento (cfr. Cass. n. 35918 del 2021); nel caso di specie, il PVC in questione, redatto a seguito di verifica riguardante un terzo soggetto, costituisce, quindi, un atto istruttorio ‘esterno’ rispetto al procedimento accertativo che ha attinto il COGNOME (cfr. Cass. n. 4726 del 2023). Lo stesso Statuto , all’art. 7, consente che l’atto impositivo sia motivato con riferimento ad un altro atto che, se non è già stato portato a conoscenza dell’interessato, deve essere allegato all’atto che lo richiama, come avvenuto in questo caso, per ammissione dello stesso ricorrente.
1.3. In definitiva, il diritto del COGNOME al contraddittorio con riguardo agli accertamenti svolti nei confronti della società è stato pienamente rispettato, consistendo nel diritto alla conoscenza d ell’atto che li contiene e nella possibilità di contestarli nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo che lo riguarda . Non pare superfluo osservare che questa normativa non è in contrasto con i principi fissati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (si veda, in particolare, l’art. 47) , che non ostano alla utilizzazione da parte dell’Amministrazione di « constatazioni di fatto e (..) qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate
nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi » relativi a terzi soggetti, a condizione che si portino a conoscenza del soggetto passivo tali elementi, che il soggetto passivo non sia « privato del diritto di contestare utilmente, nel corso del procedimento di cui è oggetto, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche » e che « il giudice adito con un ricorso avverso la decisione di cui trattasi possa verificare la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo di tali elementi» (Corte giust., 16 ottobre 2019, C-189/18, Glencore ).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 37 comma 3 d.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 2727 e 2729 c.c. per aver la CTR erroneamente affermato, in capo al ricorrente, la qualità di imprenditore occulto ovvero di dominus della società in difetto dei presupposti richiesti.
2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto attraverso il paradigma della violazione di legge si tenta, in realtà, di rimettere in discussione l’accertamento in fatto reso dal giudice del merito che è incensurabile nel giudizio di legittimità se congruamente motivato, riproponendosi questioni meritali che non inficiano l’accertamento svolto.
2.2. Del tutto irrilevanti sono le critiche rivolte alle indagini svolte dall’Amministrazione , per essersi concRAGIONE_SOCIALE sul COGNOME trascurando altre ‘piste’ investigative, mentre la censura contro la sentenza si incentra sulla asserita assenza di prova del fatto che il COGNOME fosse il dominus della società e percettore dei redditi di questa, aggiungendosi che l’accertato coinvolgimento nell’attività della società era giustificato dalla circostanza che il ricorrente era l’unico, nell’ambito della compagine sociale, a disporre della licenza di installatore. Peraltro, la deduzione contrasta con l’accertamento in sentenza, secondo cui il COGNOME, che era risultato socio della RAGIONE_SOCIALE sino al 12.3.2008 insieme al suocero NOME COGNOME
poi deceduto (v. controricorso pag. 10), non svolgeva solo mansioni tecniche ma « intratteneva rapporti commerciali con i clienti in posizione esclusiva, acquisendone di fatto la rappresentanza », come riferito dai « numerosi amministratori » dei condominii committenti; e l’esclusività della gestione trova conferma nella sostanziale assenza d ell’ amministratore legale, tal NOME COGNOMECOGNOME sconosciuto all’Anagrafe tributaria e presso il Comune di residenza; il quadro era completato dagli ulteriori accertamenti della Guardia di finanza da cui era risultato che, cessata di fatto nell’aprile 2008 l’operatività della RAGIONE_SOCIALE, il 4.4. 2008 era stata costituita altra società, denominata RAGIONE_SOCIALE, con il medesimo oggetto sociale della precedente, di cui era socia la moglie del COGNOME e amministratore lo stesso ricorrente (v. sempre controricorso pagg. 10 e 11).
2.3. La doglianza è, in ogni caso, infondata perché la decisione della CTR ha fatto buon governo dei principi che regolano la fattispecie di cui art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, riguardante il soggetto che abbia gestito uti dominus una società di capitali, sul quale si determina la traslazione del reddito d’impresa, e RAGIONE_SOCIALE relative imposte, quale effettivo possessore del reddito della società interposta; secondo la giurisprudenza di questa Corte, grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, il totale asservimento della società interposta all’interponente, ed al contribuente quello di fornire la prova contraria dell’assenza di interposizione, ovvero della mancata percezione dei redditi del soggetto interposto (Cass. n. 23231 del 2022; Cass. n. 5276 del 2022); va altresì sottolineato che, ai fini del soddisfacimento dell’onere probatorio dell’Ufficio, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità, con
riferimento a una connessione probabile di accadimenti in base a regole di esperienza (Cass. n. 13807 del 2019; Cass. n. 4168 del 2018; Cass. n. 17833 del 2017). In questo caso, le dichiarazioni dei terzi, le violazioni fiscali accertate e l’assenza di un amministratore di diritto rappresentano una gestione esclusiva della società come schermo in dispregio RAGIONE_SOCIALE regole contabili e fiscali, facendo presumere l’utilizzo della società uti dominus da parte del soggetto al fine di trarre esclusivo beneficio dei proventi di quella attività (cfr. Cass. n. 23231 del 2022 in motivazione).
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.200,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito: a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024.