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Imprenditore occulto: quando risponde il socio Srl

La Corte di Cassazione conferma la responsabilità fiscale personale del socio di una S.r.l., qualificato come imprenditore occulto. La sentenza stabilisce che la prova della gestione di fatto (uti dominus) può essere fornita anche tramite presunzioni e che il diritto al contraddittorio è salvo se gli atti di verifica, sebbene intestati alla società, vengono allegati all’avviso di accertamento notificato al socio.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imprenditore occulto: il socio che gestisce di fatto la Srl risponde delle imposte

Quando una società è solo uno schermo, chi paga le tasse? La figura dell’imprenditore occulto, ovvero colui che gestisce un’attività economica pur nascondendosi dietro una struttura societaria formale, è al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il provvedimento chiarisce i criteri con cui l’Amministrazione Finanziaria può imputare direttamente al socio i redditi della società, facendolo rispondere personalmente dei debiti tributari.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un socio di una S.r.l. a cui l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento per reddito d’impresa e IRPEF. Secondo il Fisco, il contribuente, sebbene formalmente solo socio e non amministratore, era in realtà il vero dominus della società. L’amministratore legale risultava irreperibile, mentre l’altro socio era deceduto. Le indagini avevano rivelato che il contribuente era l’unico a gestire i rapporti con i clienti e a svolgere l’attività operativa, essendo peraltro l’unico a possedere le licenze tecniche necessarie. L’accertamento si basava su queste evidenze, imputando a lui l’intero reddito della società interposta. Il contribuente aveva impugnato l’atto, lamentando, tra le altre cose, la violazione del suo diritto al contraddittorio.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’imprenditore occulto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando la validità dell’accertamento. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali: la corretta applicazione delle norme sul contraddittorio e la sufficienza delle prove presuntive per identificare l’imprenditore occulto.

Il Diritto al Contraddittorio e gli Atti di Terzi

Il ricorrente sosteneva che il suo diritto alla difesa fosse stato violato perché l’accertamento si basava su un processo verbale di constatazione (PVC) redatto nei confronti della società, un soggetto terzo, e non direttamente nei suoi confronti. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo un punto importante: il diritto al contraddittorio preventivo, previsto dallo Statuto del Contribuente, si applica principalmente alle verifiche fiscali svolte presso la sede del contribuente accertato.

Nel caso di specie, il PVC relativo alla società era un atto istruttorio ‘esterno’. Il diritto di difesa del socio è stato comunque pienamente garantito, poiché tale verbale è stato allegato all’avviso di accertamento a lui notificato. In questo modo, egli ha avuto piena conoscenza degli elementi a suo carico e la possibilità di contestarli in sede di giudizio.

La Prova dell’imprenditore occulto tramite presunzioni

Il secondo motivo di ricorso, ritenuto inammissibile perché mirava a una revisione dei fatti, ha dato modo alla Corte di ribadire i principi sulla prova dell’interposizione fittizia. Per qualificare un socio come imprenditore occulto, non è necessaria una prova diretta, ma è sufficiente un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti (presunzioni).

Nel caso analizzato, gli elementi raccolti erano schiaccianti:
* Le dichiarazioni dei numerosi clienti (amministratori di condominio) che indicavano il ricorrente come unico gestore e referente commerciale.
* L’irreperibilità dell’amministratore legale e il decesso dell’altro socio, che confermavano l’esclusività della sua gestione.
* La circostanza che, una volta cessata l’operatività della prima società, ne era stata costituita una nuova, con lo stesso oggetto sociale, amministrata dallo stesso ricorrente e partecipata dalla moglie.

Questo complesso di elementi dimostrava che la società era un mero schermo e che il socio agiva uti dominus, traendo per sé i benefici dell’attività.

Le Motivazioni

La decisione si fonda sull’articolo 37, comma 3, del D.P.R. 600/1973, che permette di imputare i redditi di un soggetto interposto (la società) al soggetto interponente (l’imprenditore occulto) che ne è l’effettivo possessore. La giurisprudenza costante della Corte afferma che spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare, anche in via indiziaria, il totale asservimento della società agli interessi dell’interponente.

Una volta che l’Ufficio fornisce un quadro probatorio ragionevole, basato su fatti noti da cui si può desumere il fatto ignoto (la gestione occulta), l’onere della prova si inverte: spetta al contribuente dimostrare la sua estraneità alla gestione o la mancata percezione dei redditi della società.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti implicazioni pratiche. Un socio di S.r.l. non può limitarsi a nascondersi dietro la schermatura formale della società se, di fatto, ne è l’unico e vero gestore. L’Agenzia delle Entrate ha il potere di superare l’apparenza giuridica e di attribuire la responsabilità fiscale a chi effettivamente controlla e beneficia dell’attività d’impresa. Per i soci, è un monito a garantire che i ruoli formali all’interno della società corrispondano alla realtà operativa, al fine di evitare di essere considerati un imprenditore occulto e di essere chiamati a rispondere personalmente dei debiti tributari della società.

Quando un socio risponde personalmente dei debiti fiscali di una S.r.l.?
Un socio risponde personalmente quando viene provato, anche tramite indizi gravi, precisi e concordanti, che egli era l’imprenditore occulto o ‘dominus’ della società. Ciò avviene quando, al di là delle cariche formali, gestiva l’impresa in modo esclusivo e come se ne fosse il vero proprietario (uti dominus), utilizzando la società come un mero schermo per la propria attività.

Il diritto al contraddittorio è violato se un avviso di accertamento si basa su un verbale di verifica (PVC) redatto nei confronti della società e non del socio?
No. Secondo la Corte, il diritto al contraddittorio del socio è rispettato se il verbale di constatazione redatto nei confronti della società viene allegato all’avviso di accertamento a lui notificato. Questo gli permette di conoscere tutti gli elementi a suo carico e di contestarli efficacemente in sede giudiziaria.

Quali prove può usare l’Agenzia delle Entrate per dimostrare che un socio è un imprenditore occulto?
L’Agenzia può basarsi su prove presuntive. Nel caso esaminato dalla Corte, sono state considerate decisive le dichiarazioni di terzi (i clienti), l’irreperibilità dell’amministratore di diritto, l’esclusività della gestione da parte del socio e la costituzione di una nuova società, con medesimo oggetto sociale, amministrata dallo stesso socio dopo la cessazione della precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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