Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6172 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6172 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 07/03/2025
Registro Invim Agevolazioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6714/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE società semplice (01798310387), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME ( CODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (NUMERO_TELEFONO), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (80224030587; EMAIL);
-resistente – avverso la sentenza n. 927/2018, depositata il 13 settembre 2018, della Commissione tributaria regionale del Veneto;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 25 ottobre 2024, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
-con sentenza n. 927/2018, depositata il 13 settembre 2018, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha accolto l’appello dell’ Agenzia delle Entrate, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che aveva accolto le impugnazioni di due avvisi di liquidazione, e della conseguente cartella di pagamento emessa a fini di riscossione, con i quali era stata recuperata a tassazione ordinaria di registro, ed ipotecaria, una compravendita di terreni agricoli con sovrastanti fabbricati rurali (atto registrato in data 30 novembre 2011);
1.1 – per quel che qui ancora rileva, il giudice del gravame ha considerato che:
-al fine di usufruire delle agevolazioni previste per l’imprenditore agricolo professionale (IAP), all’atto del rogito notarile la contribuente aveva indicato, quale socio qualificante l’impresa, tale NOME COGNOME per l’appunto in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale;
in sede di accertamento, però, era emerso che detta socia (e amministratore) rivestiva le medesime posizioni (di socio e amministratore) in altra società agricola (RAGIONE_SOCIALE);
veniva, allora in rilievo la disposizione di cui al d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, comma 3bis , il cui contenuto precettivo -secondo il quale «La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola società» -diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, andava interpretato («sulla base della stretta interpretazione della normativa speciale e del codice civile») nel senso che il limite preclusivo (così) posto involgeva (indistintamente) «tutte le forme societarie, comprese quelle tra persone»;
-la RAGIONE_SOCIALE società semplice, ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, ed ha depositato memoria;
-l’ Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di poter partecipare alla discussione del ricorso.
Considerato che:
-col primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, assumendo, in sintesi, che la decisione del giudice del gravame esponeva una motivazione apparente che, in buona sostanza, non dava specifico conto delle ragioni fondative della soluzione interpretativa cui era pervenuta;
-il motivo è destituito di fondamento;
2.1 — come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
si è, quindi, ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599);
nella fattispecie la gravata sentenza chiaramente espone la sua ratio decidendi e, con questa, il percorso interpretativo posto a fondamento della ricostruzione del contenuto precettivo della disposizione interpretata, né l’ error iuris , oggetto di censura col secondo motivo, può ridondare nel denunciato vizio di nullità;
il secondo motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, commi 3 e 3bis , in relazione all’art. 12 disp. prel. cod. civ., assumendo la ricorrente che -così come riconosciuto in atti di prassi di Enti regionali e della stessa Agenzia delle Entrate -il limite posto dalla disposizione di cui all’art. 1, comma 3 -bis , cit., con riferimento all’apporto della qualifica di imprenditore agricolo professionale da parte di un amministratore di società, deve essere letto -in combinazione con le stesse specificazioni prescrittive di cui al comma 3 -nel senso che detto limite involge (solo) le società cui l’apporto in questione è riconducibile alla figura di un amministratore (imprenditore agricolo professionale) e (così) le sole società di capitali;
3.1 -questo motivo è fondato, e va accolto;
3.2 -occorre premettere che -nel contesto di una disciplina che, sotto diversi profili, costituisce la risultante di sovrapposizioni regolative e di rinvii (non sempre specificamente delineati) in tema di agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina (l. 6 agosto 1954, n. 604 ) e per l’imprenditore agricolo a titolo principale (l. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12) -la Corte ha già avuto modo di esaminare la portata delle disposizioni che, nella fattispecie, vengono in specifica considerazione con riferimento alla qualificazione (di imprenditore agricolo professionale) del socio (ed anche dell’amministratore) di società cui detta qualifica (per effetto della partecipazione societaria ovvero della gestione amministrativa affidata) si propaga;
e, così, si è rimarcato che, in tema di agevolazioni tributarie relative all’imposizione indiretta, i benefici fiscali previsti per l’imprenditore agricolo professionale (IAP), ove risulti iscritto alla gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura, sono concessi anche alle società agricole ex art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 99 del 2004, purchè detto requisito sussista in capo al socio che comunichi alla società la qualifica di imprenditore agricolo professionale (nella società in accomandita semplice il socio accomandatario), atteso che solo in tal modo si attua l’equiparazione tra IAP-persona fisica e IAPsocietà richiesta dalla legge come presupposto del riconoscimento ad entrambi i soggetti delle medesime agevolazioni fiscali (Cass., 28 aprile 2017, n. 10542);
3.3 -il d.lgs. n. 99 del 2004, art. 1, comma 3 dispone, difatti, nei seguenti termini:
«Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora
lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti:
nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari;
….
nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative, sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.»;
e, al contempo, il d.lgs. n. 101 del 2005, cit., art. 1, comma 2, lett. c ), ha introdotto il comma 3bis che, come anticipato, dispone che «La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola società»;
3.4 -il contenuto precettivo di quest’ultima disposizione che, come si dirà, va inserita nel più complessivo contesto di riregolazione degli istituti operata dal decreto correttivo n. 101 del 2005, cit., – ha portato a contrastanti esiti interpretativi nella giurisprudenza della Corte, essendosi all’un tempo escluso ( Cass., 15 maggio 2023, n. 13300; Cass., 30 aprile 2020, n. 8430), e inversamente affermato (Cass., 5 febbraio 2020, n. 2642), che il limite (di una società) previsto in relazione all’apporto della qualifica (di IAF) da parte dell’amministratore potesse riferirsi (anche) alle società di persone;
la prima soluzione esegetica è stata, così, sostenuta individuando la ratio legis della disposizione nel perseguito intento «di evitare che un soggetto in possesso della qualifica di IAP assumesse il ruolo di amministratore in più società di capitali con conseguente sfruttamento di tale tipologia societaria, dando così luogo al fenomeno “abusivo” del cd. IAP itinerante»; finalità antielusiva, questa, non altrettanto «agevolmente perseguibile» nelle società di persone, «costituendo il
rischio di una sua responsabilità solidale ed illimitata per le obbligazioni sociali, una circostanza idonea ad arginare il fenomeno degli IAP itineranti nelle società di persone» (così Cass., 30 aprile 2020, n. 8430);
– ad una siffatta lettura si è, però, opposto che -riferendosi la disposizione di cui all’art. 1, comma 3 -bis , cit., «alle società tout court , senza alcuna ulteriore specificazione limitativa» – «Laddove la qualifica di IAP sia conferita da un amministratore, sia esso di una società di persona che di una società di capitali, la legge pone un espresso divieto di cumulo al fine di accentuare quel collegamento diretto tra la persona fisica-amministratore e l’oggetto sociale, e garantire effettività ai vincoli di tempo-lavoro e di reddito, di cui allo cit. art., comma 1, che costituiscono i presupposti dell’agevolazione, e per i quali non rilevano gli aspetti attinenti alla responsabilità patrimoniale del socioamministratore»; nonchè che « se è vero che nelle società di persone gli amministratori ai sensi degli artt. 2257 e 2258 c.c., debbono essere anche soci, è tuttavia possibile che vi siano anche soci che non siano amministratori; se indubbiamente nelle società di capitali vi è il rischio che la qualifica di amministratore venga attribuita ad un soggetto terzo quale “mero prestanome”, nelle società di persone spesso la compagine societaria effettiva si riduce al solo amministratore-socio, mentre gli altri soci partecipano solo fittiziamente all’attività societaria» (Cass., 5 febbraio 2020, n. 2642);
3.5 -ritiene il Collegio che debba condividersi la prima soluzione interpretativa il cui fondamento, per vero, più agevolmente può trarsi dal complessivo contesto regolatorio che è conseguito al d.lgs. n. 101 del 2005, cit., che, per l’appunto, è intervenuto in via correttiva, per quel che qui interessa, sulla stessa nozione di imprenditore agricolo professionale;
3.5.1 -per effetto delle modifiche introdotte dal cennato decreto correttivo , dall’art. 1 del d.lgs. n. 99 del 2004 può (ora) ricavarsi che:
«è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.»;
la disposizione ha, dunque, mantenuto un incipit che delimita la qualificazione dell’imprenditore agricolo professionale astringendola allo svolgimento delle attività agricole in proprio («direttamente») o quale socio di società;
la stessa disposizione, però, nel suo ulteriore svolgimento (art. 1, comma 1, terzo e quarto periodo) contempla la possibilità dell’acquisto (come dire in progress ) della qualifica in questione (di imprenditore agricolo professionale) in ragione dello svolgimento: a) – di attività (secondo i requisiti di qualificazione sopra esposti: conoscenze e competenze professionali, tempo di lavoro e ricavi) da parte del socio di «società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro»; b) -dell’attività di amministratore nelle società di capitali, purchè (anche qui) sussistenti i precitati requisiti di qualificazione (conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito);
-ov’è, dunque, evidente una prima operata differenziazione perché: – lo svolgimento delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, diretto o dietro partecipazione societaria (non meglio qualificata), costituisce il proprium cui si raccordano i più volti citati requisiti di qualificazione (che involgono anche il tempo di lavoro); – lo
svolgimento di quella stessa attività, in una società semplice o cooperativa, è (anch’esso) suscettibile di dar titolo al conseguimento della qualifica (nella ricorrenza di tutti i cennati requisiti di qualificazione); – costituisce, del pari, titolo per l ‘acquisizione della qualifica l’attività svolta (non dal socio, ma) dall’amministratore di società (questa volta) di capitali;
a differenza, dunque, di quando può avvenire per il socio, il legislatore presume che (anche) l’amministratore di una società di capitali (che non apporti alcuna prestazione di lavoro agricolo in senso proprio al di fuori dei suoi compiti di gestione) possa conseguire (sol per questo) la qualifica di imprenditore agricolo professionale (purchè sussistenti, anche qui, i requisiti di qualificazione legati a conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito);
-va, altresì, rimarcato che l’art. 1, secondo periodo, nel testo previgente prevedeva che rimanessero escluse «dal computo del reddito globale da lavoro» (anche) le somme «percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in società, associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo»;
la riformulazione di detta disposizione -dalla quale è stata espunta la parola «società» -risulta, pertanto, coerente con l’introduzione di un terzo e quarto periodo dell’art. 1, cit. alla cui stregua, come si è anticipato, deve considerarsi rilevante (ai fini del conseguimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale) il reddito di lavoro (o gli utili) conseguiti dal socio di società o dall’amministratore di società di capitali (v., altresì, l’art. 1, comma 5, cit., come sostituito dal d.lgs. n. 101 del 2005, art. 1, comma 4, secondo il quale «Le indennità e le somme percepite per l’attività svolta in società agricole di persone, cooperative, di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate
come redditi da lavoro derivanti da attività agricole ai fini del presente articolo, e consentono l’iscrizione del soggetto interessato nella gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura»);
3.5.2 – quanto sin qui rilevato da conto, allora, della portata della disposizione di cui all’art. 1, comma 3 -bis, alla cui stregua «La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola società»;
se la partecipazione societaria del socio di società di persone è suscettibile di dar titolo -per lo svolgimento di attività, connotata dai previsti requisiti di qualificazione, all’interno di una società agricola all’acquisizione (ed allo stesso mantenimento) della qualifica di imprenditore agricolo professionale sarebbe rimasta (del tutto) incoerente una previsione volta ad escludere la rilevanza di plurime partecipazioni societarie;
esigenza, questa, che si pone in diversi termini per il mero amministratore di società la cui attività rileva in ragione della gestione (di una società agricola), seppur utilmente riferibile a plurime società;
al contempo, proprio l’esclusiva rilevanza di un’attività gestoria dà conto del limite preclusivo correlato all’apporto da parte dell’amministratore «ad una sola società»: per un verso non venendo in considerazione il diretto svolgimento di attività agricole in senso proprio e, per il restante, l’apporto risolvendosi in un’attività gestoria suscettibile di formar oggetto di finalità elusive (non altrettanto agevolmente perseguibili a fronte della specifica posizione rivestita dal socio, anche d’opera, all ‘interno di una società di persone);
-la disposizione di cui all’art. 1, comma 3 -bis , costituisce allora (in senso proprio) una deroga al principio generale che importa la rilevanza delle attività dell’amministratore (di società di capitali) ai fini del conseguimento (e della stessa conservazione) della qualifica di imprenditore agricolo professionale; e detta deroga -che sicuramente
non opera nei confronti del socio (imprenditore agricolo a titolo professionale) -non preclude all’amministratore di società di rivestire un siffatto incarico in più società agricole solo rimanendo escluso che la società di capitali possa qualificarsi alla stregua di un imprenditore agricolo professionale in ragione del conferimento di un incarico amministrativo a chi quella qualifica abbia già apportato ad altra società di capitali;
3.6 -tenuto, quindi, conto tanto del dato letterale -che riferisce la preclusione in discorso al cd. apporto della qualifica di imprenditore agricolo professionale -quanto del complessivo contesto regolatorio sopra ripercorso, deve ritenersi che laddove l’apporto consegua , così come nella fattispecie, dalla partecipazione del socio di società di persone, la disposizione di cui all’art. 1, comma 3 -bis , cit., rimanga in ogni caso inapplicabile -identificandosi l’apporto con la partecipazione societaria del socio imprenditore agricolo professionale -in quanto la cennata deroga è destinata ad operare solo laddove l’apporto consegua (nelle società di cap itali) dall’amministratore imprenditore agricolo professionale (che, però, può legittimamente utilizzare lo svolgimento dell’at tività gestoria ai fini del mantenimento della ridetta qualifica di IAF);
4. -va, pertanto, posto il seguente principio di diritto: «le agevolazioni tributarie previste dal d.lgs n. 99 del 2004 in favore dell’imprenditore agricolo professionale (IAP) si estendono alle società agricole a condizione che, oltre a qualificarsi come tali e ad avere ad oggetto esclusivo l’esercizio delle attività di cui all’art. 2135 c.c., almeno uno dei soci nel caso di società di persone, almeno un amministratore nel caso di società di capitali, e almeno un amministratore che sia anche socio nel caso di cooperative, possiedano detta qualifica di IAP. Conseguentemente, la limitazione dell’art. 1, comma 3bis del decreto cit., secondo cui la qualificazione di IAP può
essere apportata dall’amministratore ad una sola società, integrando una deroga al principio generale che importa la rilevanza delle attività dell’amministratore ai fini del conseguimento (e della stessa conservazione) della qualifica di imprenditore agricolo professionale, deroga volta a contrastare il fenomeno abusivo del cd. IAP “itinerante” (ove un soggetto IAP assume il ruolo di amministratore di più società), si applica solo alle società di capitali e non anche alle società di persone, rispetto alle quali la responsabilità solidale ed illimitata per le obbligazioni sociali gravante sul socio IAP è idonea ad arginare tale abuso»;
-l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento dei ricorsi originari della contribuente;
le spese del giudizio vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alla sopravvenienza, in corso di giudizio, della pertinente giurisprudenza di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie i ricorsi originari della contribuente; compensa, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 ottobre 2024.