Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 717 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 717 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28736/2017 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa DALL’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché contro
PICCOLE ABBADIE SOCIETA’ AGRICOLA RAGIONE_SOCIALE e STENDARDI COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 7446/2016 depositata il 25/11/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
Con la sentenza indicata in epigrafe la CTR ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate con conferma della decisione di primo grado, che aveva annullato l’avviso di liquidazione per recupero imposte concernente un atto soggetto al regime del d.lgs. n. 99/2004;
ricorre in cassazione l’Agenzia delle entrate con un unico motivo di ricorso;
NOME COGNOME ha depositato controricorso, integrato anche da successiva memoria, con l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso in quanto proposto dopo i sei mesi dal deposito della sentenza, in violazione dell’art. 327, primo comma, cod. proc. civ.; ha prospettato, inoltre, l’inammissibilità del ricorso in quanto mancante di autosufficienza e nel merito ha chiesto il rigetto del motivo di ricorso in quanto infondato;
gli altri contribuenti sono rimasti intimati.
…
Ragioni della decisione
La prima eccezione del controricorrente è infondata; il ricorso in cassazione risulta proposto il 21 novembre 2017 e la sentenza impugnata è stata depositata il 25 novembre 2016.
La ricorrente ha specificato che il ricorso è stato proposto ‘usufruendo del termine di sospensione semestrale previsto dall’art. 11, comma 9, del d.l. n. 50/2017, convertito nella legge n. 96/2017’.
Sulla questione, anche nella memoria la controricorrente nulla specifica.
Conseguentemente il ricorso deve ritenersi proposto nei termini, in considerazione della disposizione dell’art. 11, comma 9, del d.l. n. 50/2017 (sospensione di mesi 6: ‘Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo fino al 30 settembre 2017’ ; il d.l., in oggetto, è entrato in vigore il 24 aprile 2017).
Infondata anche l’ulteriore questione dell’assenza di autosufficienza del ricorso in cassazione.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (Sez. 1 – , Sentenza n. 12481 del 19/04/2022, Rv. 664738 01).
Nel caso in giudizio la questione sottoposta alla Corte di Cassazione risulta oltremodo lineare e chiara nel ricorso introduttivo,
che rappresenta le questioni di fatto e di diritto per la decisione, indicando gli atti processuali.
Del resto, «Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito» (Sez. U – , Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022, Rv. 664409 – 01).
Infondato nel merito il ricorso dell’Agenzia , che deve rigettarsi con la condanna alle spese.
Infatti, questa Corte di Cassazione ha ritenuto non necessario, nelle ipotesi in esame, il certificato rilasciato dall’ispettorato provinciale agrario: «In tema di imposte sulla registrazione dell’acquisto di terreni agricoli, l’art. 1, comma 4, n. 99 del 2004, ha esteso anche all’imprenditore agricolo professionale (IAP) i benefici fiscali di cui all’art. 1 della l. 604 del 1954, già previsti per la piccola proprietà contadina, senza richiedere altresì la sussistenza in capo a detto imprenditore delle condizioni di cui all’art. 2, n. 1, della l. n. 604 cit., trattandosi di requisiti dettati per il solo coltivatore diretto e incompatibili con la nuova figura professionale che il legislatore intende incentivare; ne consegue che, per il beneficio menzionato, non è necessario il certificato rilasciato dall’Ispettorato provinciale agrario e da produrre a pena di decadenza all’Amministrazione finanziaria entro il termine triennale dalla registrazione dell’atto» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 3100 del 09/02/2021, Rv. 660643 – 01).
Risulta evidente come la normativa del 2004 esenta dalla produzione della certificazione le società (imprenditore agricolo professionale, IAP) in quanto le società hanno oneri diversi e più formali dei piccoli imprenditori agricoli.
Nel nostro caso l’atto è stato stipulato il 5 aprile 2007 ed è pacifico che non risulta presentato entro i tre anni il certificato previsto dagli art. 3 e 4, l. n. 604 del 1954.
Non sono contestati gli altri presupposti per il beneficio.
…
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida, in relazione al controricorrente, in euro 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 25/10/2024.