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Imposta unica scommesse: sì al Fisco per bookmaker

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5693/2024, ha stabilito che l’imposta unica sulle scommesse è dovuta anche dai bookmaker esteri che operano in Italia senza la concessione statale, tramite una rete di centri di trasmissione dati (CTD). La Corte ha respinto il ricorso di una società di scommesse, confermando che la normativa fiscale italiana non viola i principi di non discriminazione e di libera prestazione dei servizi dell’Unione Europea. La decisione chiarisce che sia il bookmaker estero sia il gestore del CTD locale sono soggetti passivi d’imposta in solido, in quanto entrambi partecipano all’organizzazione e all’esercizio dell’attività di scommesse sul territorio nazionale. Viene così confermata la piena legittimità dell’imposizione fiscale anche per gli operatori privi di titolo concessorio.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Legittima per i Bookmaker Esteri senza Concessione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato nuovamente il tema dell’imposta unica sulle scommesse, confermando un orientamento ormai consolidato. La questione centrale riguarda l’obbligo per un bookmaker estero, operante in Italia attraverso una rete di Centri Trasmissione Dati (CTD) ma senza una concessione statale, di versare il tributo sulle giocate raccolte nel nostro Paese. La risposta dei giudici è stata netta: la tassa è dovuta, e tale imposizione non viola il diritto dell’Unione Europea.

I Fatti di Causa: La Controversia Fiscale

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di una società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica per l’anno 2010, ritenendo la società coobbligata in solido con un CTD italiano che raccoglieva le scommesse per suo conto. La società ha impugnato l’atto, sostenendo che l’applicazione dell’imposta a un operatore estero privo di concessione costituisse una violazione dei principi europei di libera prestazione dei servizi e di non discriminazione. Dopo un esito favorevole in primo grado, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, dando ragione all’Agenzia. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Imposta Unica Scommesse

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, dichiarando infondati tutti i motivi di doglianza. I giudici hanno ribadito che la normativa italiana, che assoggetta all’imposta unica chiunque gestisca scommesse sul territorio italiano, è pienamente compatibile con il diritto unionale. La decisione si allinea a precedenti pronunce sia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare, la causa C-788/18) sia della Corte Costituzionale italiana (sentenza n. 27/2018).

L’Analisi del Quadro Normativo e Giurisprudenziale

Per comprendere appieno la portata della decisione, è utile analizzare i punti chiave dell’argomentazione della Corte.

Il Ruolo del Bookmaker e del CTD

La normativa italiana individua come soggetto passivo dell’imposta “chiunque gestisce” scommesse, sia per conto proprio che per conto di terzi. In questo schema, entrambi i protagonisti della filiera sono coinvolti:

* Il bookmaker estero: è considerato il soggetto che “gestisce per conto proprio”, in quanto organizza il gioco e si assume il rischio d’impresa.
* Il Centro Trasmissione Dati (CTD): è il “gestore per conto terzi”, che materialmente raccoglie le giocate sul territorio italiano.

La legge li considera coobbligati in solido. Ciò significa che l’Amministrazione finanziaria può richiedere il pagamento dell’intera imposta indifferentemente all’uno o all’altro. Questa solidarietà, secondo la Corte, è ragionevole perché entrambi partecipano, seppure con ruoli diversi, all'”organizzazione ed esercizio” dell’attività imponibile.

La Compatibilità con il Diritto Europeo e l’Imposta Unica Scommesse

La difesa della società si basava sull’idea che tassare un operatore estero senza concessione fosse una misura restrittiva e discriminatoria. La Cassazione, citando la Corte di Giustizia, ha smontato questa tesi. L’imposta unica si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, senza distinzioni basate sulla nazionalità o sul possesso di una licenza. Anzi, esentare gli operatori “irregolari” creerebbe una discriminazione “al contrario”, favorendoli ingiustamente rispetto a quelli concessionari che rispettano le regole e pagano le tasse. L’obiettivo della norma è proprio quello di recuperare base imponibile e garantire la lealtà fiscale nel settore del gioco.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha chiarito un punto cruciale relativo a una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/2018). Quest’ultima aveva dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui rendeva i CTD responsabili per gli anni d’imposta antecedenti al 2011. La ragione era che, prima della legge del 2010, i CTD non avevano la possibilità contrattuale di trasferire il carico fiscale sul bookmaker. Tuttavia, la Cassazione ha precisato che questa dichiarazione di incostituzionalità riguardava solo la posizione del CTD e non quella del bookmaker. Il bookmaker estero era e rimane il soggetto passivo principale dell’imposta, anche per gli anni precedenti al 2011, poiché è lui il vero organizzatore del gioco. La sua responsabilità non è mai stata messa in discussione, né dalla Corte Costituzionale né da quella europea. Pertanto, l’argomento basato sul legittimo affidamento è stato respinto, in quanto la soggettività passiva del bookmaker era già chiara nel sistema normativo.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un principio fondamentale in materia di giochi e scommesse: chi raccoglie gioco sul territorio italiano è tenuto a pagare le imposte italiane, a prescindere dal fatto che sia un operatore nazionale o estero, con o senza concessione. La decisione riafferma la legittimità dell’imposta unica sulle scommesse come strumento non discriminatorio, volto a tutelare l’erario e a garantire parità di condizioni tra tutti gli attori del mercato. Per i bookmaker che operano dall’estero tramite reti di CTD, il messaggio è inequivocabile: l’assenza di una licenza italiana non comporta un’esenzione fiscale.

Un bookmaker estero che opera in Italia senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo d’imposta, indipendentemente dal luogo in cui ha sede legale e dal possesso di una concessione statale.

La tassazione dei bookmaker esteri viola i principi del diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte, in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che l’imposta unica non è discriminatoria né costituisce una restrizione ingiustificata alla libera prestazione di servizi, in quanto si applica a tutti gli operatori, nazionali ed esteri, che raccolgono gioco in Italia.

Perché una precedente sentenza della Corte Costituzionale non ha aiutato il bookmaker in questo caso?
La sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/2018) aveva dichiarato incostituzionale la norma solo per la responsabilità dei Centri Trasmissione Dati (CTD) per gli anni antecedenti al 2011, data l’impossibilità per questi di trasferire il carico fiscale. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che tale decisione non ha mai messo in discussione la responsabilità fiscale del bookmaker, che rimane soggetto passivo principale dell’imposta in quanto organizzatore dell’attività di gioco.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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