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Imposta unica scommesse per operatori non autorizzati

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24042/2024, ha rigettato il ricorso di una società di scommesse estera, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse relativa all’anno 2014. La Corte ha stabilito che l’imposta è dovuta anche da operatori privi di concessione italiana e che sussiste una responsabilità solidale tra il bookmaker estero e il gestore della ricevitoria locale che raccoglie le scommesse. È stata esclusa qualsiasi violazione del diritto dell’Unione Europea, ritenendo la normativa nazionale non discriminatoria.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione conferma gli obblighi per i bookmaker esteri

L’ordinanza n. 24042 del 6 settembre 2024 della Corte di Cassazione torna a fare luce su un tema cruciale del diritto tributario: l’applicazione dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia senza una concessione statale. La decisione ribadisce principi ormai consolidati, chiarendo la portata degli obblighi fiscali e il vincolo di solidarietà che lega il bookmaker estero e le ricevitorie locali.

I Fatti del Caso

Una nota società di scommesse con sede a Malta ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’imposta unica per l’anno 2014. La Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria aveva respinto l’appello della società, confermando la pretesa dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’operatore ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando otto motivi di impugnazione, tra cui questioni pregiudiziali e preliminari, e contestando la violazione di norme nazionali e del diritto dell’Unione Europea, in particolare riguardo alla parità di trattamento e alla non discriminazione.

La questione dell’Imposta unica scommesse e la normativa UE

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava la presunta incompatibilità della normativa italiana con i principi del diritto dell’Unione Europea, in particolare con la libertà di prestazione di servizi (art. 56 TFUE). La società ricorrente sosteneva che l’applicazione dell’imposta a operatori privi di concessione, ma legittimati a operare in base alla giurisprudenza europea, costituisse una discriminazione.

La Cassazione, tuttavia, ha disatteso tale istanza, richiamando la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare la causa C-788/18, relativa proprio alla stessa società). I giudici hanno ribadito che, in assenza di un’armonizzazione fiscale a livello europeo nel settore dei giochi, ogni Stato membro è libero di definire il proprio sistema impositivo. La normativa italiana sull’imposta unica scommesse non è stata ritenuta discriminatoria, in quanto si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, indipendentemente dal luogo in cui sono stabiliti.

La Responsabilità Solidale tra Bookmaker e Ricevitoria

Altro tema fondamentale affrontato è quello della soggettività passiva del tributo. La legge (in particolare la L. 220/2010, che ha interpretato autenticamente il D.Lgs. 504/1998) stabilisce che l’imposta è dovuta da chiunque gestisca l’attività di raccolta, anche per conto di terzi e senza concessione. Questo crea un vincolo di solidarietà passiva tra il bookmaker estero (il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata) e il titolare della ricevitoria locale (il “gestore per conto terzi”).

La Corte ha spiegato che entrambi i soggetti partecipano, sebbene su piani diversi, all’organizzazione ed esercizio delle scommesse. Il titolare della ricevitoria svolge un’attività di gestione essenziale: mette a disposizione i locali, riceve le proposte, le trasmette al bookmaker, incassa le somme e paga le vincite. Questa attività costituisce il presupposto impositivo. Pertanto, l’equiparazione, ai fini fiscali, tra il gestore per conto proprio (bookmaker) e quello per conto terzi (ricevitoria) non è irragionevole e risponde all’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basandosi su un’analisi approfondita e su precedenti giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, ha escluso la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, poiché le questioni erano già state ampiamente trattate e risolte dalla stessa giurisprudenza unionale.

In merito al presupposto soggettivo dell’imposta, i giudici hanno confermato che la legge del 2010 ha chiarito in modo definitivo che anche gli operatori senza concessione sono soggetti passivi. Per gli anni d’imposta successivi al 2011 (come il 2014, oggetto del caso), la possibilità per la ricevitoria di rinegoziare le commissioni con il bookmaker per trasferire su quest’ultimo il carico fiscale sana ogni potenziale profilo di incostituzionalità, garantendo il rispetto del principio di capacità contributiva.

Per quanto riguarda il presupposto territoriale, è stato ribadito che l’imposizione si fonda sull’attività di raccolta delle scommesse, che avviene interamente in Italia, rendendo irrilevante la localizzazione della conclusione del contratto.

Infine, è stato respinto anche il motivo relativo all’inapplicabilità delle sanzioni per presunta incertezza normativa. La Corte ha osservato che, per l’annualità 2014, ogni incertezza era stata superata dalla legge interpretativa del 2010, la cui legittimità costituzionale pro futuro era stata confermata dalla Corte Costituzionale.

Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e rigoroso: l’imposta unica scommesse è dovuta da chiunque raccolga gioco in Italia, a prescindere dal possesso di una concessione statale e dal luogo di stabilimento dell’operatore. La decisione sottolinea la legittimità del modello italiano, che mira a tutelare interessi generali come la protezione dei consumatori e la lotta al gioco illegale, e stabilisce un principio di responsabilità solidale tra il bookmaker estero e la rete di raccolta sul territorio nazionale. Gli operatori del settore devono quindi essere consapevoli che la raccolta di scommesse in Italia, anche tramite intermediari, comporta l’assoggettamento pieno alla normativa fiscale nazionale, senza che possano essere invocate violazioni del diritto europeo.

Un operatore di scommesse estero e privo di concessione italiana deve pagare l’imposta unica sulle scommesse raccolte in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta è dovuta da chiunque gestisca, anche in assenza di concessione, la raccolta di scommesse sul territorio italiano, inclusi gli operatori esteri.

Anche il titolare della ricevitoria locale è responsabile per il pagamento dell’imposta?
Sì. La legge stabilisce una responsabilità solidale tra il bookmaker (soggetto per conto del quale si opera) e il titolare della ricevitoria (soggetto che gestisce la raccolta per conto terzi). L’Amministrazione finanziaria può richiedere il pagamento dell’intero importo a uno dei due soggetti.

La normativa italiana sull’imposta unica scommesse è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea?
No. Secondo la Corte, che si allinea alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la normativa non è discriminatoria perché si applica a tutti gli operatori che raccolgono gioco in Italia, a prescindere da dove siano stabiliti. Inoltre, le restrizioni alla libera prestazione di servizi sono giustificate da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dei consumatori e dell’ordine pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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