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Imposta unica scommesse per bookmaker esteri

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22279/2024, ha rigettato il ricorso di una società di scommesse estera, confermando la sua soggezione all’imposta unica scommesse per l’attività di raccolta gioco svolta in Italia tramite centri di trasmissione dati. La Corte ha stabilito che la normativa non è discriminatoria né contraria al diritto UE, in quanto il presupposto impositivo è legato all’organizzazione del servizio sul territorio nazionale, rendendo il bookmaker estero soggetto passivo d’imposta, in solido con il gestore locale, anche per l’annualità 2010.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Legittima la Tassazione per i Bookmaker Esteri

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità dell’imposta unica scommesse applicata a un operatore estero privo di concessione statale che raccoglieva gioco in Italia. La decisione conferma un orientamento consolidato, ribadendo che la tassazione non viola i principi del diritto dell’Unione Europea e che il bookmaker estero è un soggetto passivo d’imposta a tutti gli effetti, anche per le annualità antecedenti alle modifiche legislative del 2011. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società di scommesse con sede a Malta ha impugnato un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le contestava il mancato pagamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2010. La società operava in Italia tramite un Centro Trasmissione Dati (CTD), fungendo da intermediario per la raccolta delle giocate. La ricorrente sosteneva che l’imposizione fosse illegittima e discriminatoria, in violazione del principio di libera prestazione di servizi sancito dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Agenzia, spingendo la società a presentare ricorso per cassazione.

L’imposta unica scommesse e la sua compatibilità con il diritto UE

Il nodo centrale della questione era stabilire se la normativa italiana potesse legittimamente assoggettare a tassazione un operatore stabilito in un altro Stato membro dell’UE e privo di concessione italiana. La Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare la causa C-788/18), ha escluso qualsiasi discriminazione.

Il principio chiave è che l’imposta si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza alcuna distinzione basata sul luogo di stabilimento. Il presupposto del tributo non è la vincita o la scommessa in sé, ma la prestazione del servizio di gioco sul territorio nazionale. Pertanto, chiunque organizzi e gestisca tale servizio in Italia è tenuto a pagare l’imposta.

La Corte ha inoltre ribadito che gli Stati membri possono imporre restrizioni alla libera prestazione di servizi nel settore dei giochi d’azzardo per motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dei consumatori, la prevenzione delle frodi e la lotta alla criminalità.

La Responsabilità del Bookmaker e del Centro Trasmissione Dati

La legislazione italiana (in particolare l’art. 1, comma 66, della L. 220/2010) ha chiarito che soggetto passivo d’imposta è ‘chiunque’ gestisca scommesse, anche per conto di terzi e senza concessione. Se l’attività è svolta per conto terzi (come nel caso del CTD che opera per il bookmaker estero), il soggetto per cui l’attività è esercitata (il bookmaker) è obbligato in solido al pagamento dell’imposta e delle sanzioni.

In questo contesto, la Corte ha affrontato anche la questione sollevata dalla sentenza n. 27/2018 della Corte Costituzionale. Quest’ultima aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui rendeva i CTD responsabili per le annualità precedenti al 2011, poiché questi non avevano avuto la possibilità di rinegoziare le loro commissioni con i bookmaker per trasferire su di essi il nuovo carico fiscale.

Tuttavia, come precisato dalla Cassazione, tale declaratoria di incostituzionalità ha riguardato esclusivamente la posizione del CTD (la ricevitoria), ma non ha mai messo in discussione la soggettività passiva del bookmaker estero. La responsabilità del bookmaker, anche se privo di concessione, è sempre sussistita.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basandosi su un’articolata motivazione. In primo luogo, ha escluso la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, ritenendo la materia già ampiamente chiarita dalla giurisprudenza unionale. L’imposta sui giochi d’azzardo non è armonizzata a livello europeo, e ogni Stato membro ha il potere di definire il proprio sistema fiscale, purché non sia discriminatorio. L’applicazione dell’imposta a chiunque raccolga scommesse in Italia, indipendentemente dalla sede, garantisce parità di trattamento. In secondo luogo, il fatto imponibile è stato identificato nella prestazione del servizio di organizzazione e raccolta del gioco sul territorio italiano, un’attività che si svolge interamente in Italia. Pertanto, il criterio della territorialità è pienamente rispettato. Infine, la Corte ha respinto la tesi secondo cui la legge del 2010 avrebbe introdotto ‘sorprendentemente’ la responsabilità del bookmaker estero, violando il principio del legittimo affidamento. La soggettività passiva del bookmaker era già insita nel sistema, e la norma del 2010 ha avuto una funzione principalmente interpretativa e di rafforzamento del principio.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio: gli operatori di scommesse esteri che raccolgono gioco in Italia, anche se sprovvisti di concessione, sono tenuti al pagamento dell’imposta unica. La decisione chiarisce che la responsabilità del bookmaker non è venuta meno neanche a seguito della parziale declaratoria di incostituzionalità della Corte Costituzionale, che ha interessato solo la posizione dei centri di trasmissione dati per il periodo ante 2011. Di conseguenza, il ricorso della società è stato rigettato, con condanna al pagamento delle spese processuali.

Un bookmaker estero senza concessione italiana deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo dell’imposta, indipendentemente dal fatto che sia stabilito all’estero o che sia privo di una concessione statale.

La normativa italiana sull’imposta unica sulle scommesse è discriminatoria secondo il diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che la normativa non è discriminatoria perché si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, senza distinzioni basate sulla nazionalità o sul luogo di stabilimento. Tale imposizione è giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

Perché la Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittima la norma per gli anni prima del 2011, ma questo non ha aiutato il bookmaker in questo caso?
La dichiarazione di incostituzionalità (sentenza n. 27/2018) ha riguardato solo la responsabilità del gestore del Centro Trasmissione Dati (CTD) per le annualità antecedenti al 2011, a causa dell’impossibilità per quest’ultimo di trasferire il carico fiscale sul bookmaker. Tuttavia, quella sentenza non ha mai messo in discussione la responsabilità principale del bookmaker, che è sempre stato considerato soggetto passivo dell’imposta anche prima del 2011.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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