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Imposta unica scommesse: paga anche chi è senza licenza

Una società di scommesse estera ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’imposta unica scommesse per l’anno 2015. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che l’imposta è dovuta anche dagli operatori privi di concessione statale che raccolgono scommesse sul territorio italiano. La Corte ha ribadito la legittimità della normativa nazionale rispetto ai principi costituzionali e al diritto dell’Unione Europea, affermando la responsabilità solidale tra il bookmaker estero e il gestore della ricevitoria locale.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: la Cassazione conferma l’obbligo di pagamento anche per gli operatori senza concessione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema cruciale dell’imposta unica scommesse, stabilendo principi chiari per gli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia senza una concessione statale. La decisione chiarisce chi è tenuto a pagare il tributo e in che misura, confermando la piena compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Unione Europea. Si tratta di una pronuncia di grande rilevanza per l’intero settore del gioco, che consolida l’orientamento della giurisprudenza in materia.

I Fatti del Caso

Una società di scommesse con sede a Malta, operante in Italia attraverso una rete di centri di trasmissione dati (CTD), ha impugnato un avviso di accertamento fiscale relativo all’imposta unica sulle scommesse per l’anno d’imposta 2015. La società sosteneva di non essere soggetta al tributo, poiché priva della concessione rilasciata dall’Amministrazione finanziaria italiana. Dopo essere risultata soccombente sia in primo che in secondo grado, la società ha presentato ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la presunta violazione del diritto europeo sulla libera prestazione di servizi e dei principi costituzionali di capacità contributiva e legittimo affidamento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento. I giudici hanno stabilito che l’imposta è dovuta da chiunque, anche in assenza di concessione, gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano. La Corte ha inoltre disatteso le richieste di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e di rinvio alla Corte Costituzionale, ritenendo la normativa vigente chiara e già vagliata positivamente in passato.

Le Motivazioni: Analisi dell’Imposta Unica Scommesse

La Corte ha basato la sua decisione su un’analisi approfondita della normativa e della giurisprudenza consolidata.

La Soggettività Passiva del Tributo

Il punto centrale della controversia era stabilire chi fosse il soggetto passivo dell’imposta. La Corte ha ribadito che, a seguito della legge interpretativa n. 220/2010, soggetto passivo è “chiunque (…) gestisce con qualunque mezzo (…) concorsi pronostici o scommesse”. Questo include non solo gli operatori concessionari, ma anche quelli che operano al di fuori del sistema concessorio. L’attività di raccolta delle scommesse sul territorio italiano è il presupposto impositivo, a prescindere dal titolo giuridico in base al quale tale attività viene svolta.

La Responsabilità Solidale tra Bookmaker e Ricevitoria

La Corte ha confermato il meccanismo della responsabilità solidale. Sia il bookmaker estero (l’organizzatore) sia il titolare della ricevitoria locale (il gestore) sono co-obbligati al pagamento dell’imposta. Il titolare della ricevitoria, infatti, non è un mero intermediario, ma svolge un’attività di gestione essenziale: mette a disposizione i locali, riceve le proposte, trasmette i dati, incassa le giocate e paga le vincite. Questo rapporto di solidarietà paritetica è bilanciato dalla possibilità, per la ricevitoria che ha pagato l’imposta, di esercitare il diritto di rivalsa nei confronti del bookmaker, trasferendo così il carico fiscale sull’organizzatore principale.

Imposta Unica Scommesse e Conformità al Diritto Europeo

Uno dei motivi di ricorso più importanti riguardava la presunta incompatibilità con il diritto UE. La società lamentava una discriminazione e una restrizione alla libera prestazione di servizi.
La Cassazione, richiamando una precedente sentenza della Corte di Giustizia Europea (causa C-788/18, relativa proprio a un caso simile), ha escluso qualsiasi discriminazione. La normativa italiana, infatti, si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, senza distinzioni basate sul luogo di stabilimento. L’imposta non vieta, né ostacola o rende meno attraenti le attività degli operatori esteri, ma li equipara, ai fini fiscali, a quelli nazionali.

Inapplicabilità delle Sanzioni e Legittimo Affidamento

Infine, la Corte ha respinto la tesi secondo cui, data una presunta incertezza normativa, le sanzioni non dovessero essere applicate. I giudici hanno chiarito che, per l’annualità 2015, non sussisteva alcuna incertezza oggettiva. La legge interpretativa del 2010 aveva già risolto i dubbi, e la Corte Costituzionale (sentenza n. 27/2018) ne aveva confermato la legittimità per i periodi d’imposta successivi al 2011. Di conseguenza, il principio del legittimo affidamento non poteva essere invocato e l’applicazione delle sanzioni era pienamente giustificata.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un principio fondamentale: l’imposta unica scommesse colpisce l’attività di raccolta del gioco sul territorio nazionale, indipendentemente dal fatto che l’operatore sia munito o meno di concessione. La decisione riafferma la legittimità del sistema fiscale italiano nel settore dei giochi, ritenendolo non discriminatorio e conforme ai principi europei. Per gli operatori, la sentenza sottolinea l’importanza della responsabilità solidale tra bookmaker e rete di raccolta, chiarendo che il carico fiscale deve, in ultima analisi, gravare su chi organizza e trae profitto dal gioco.

Un operatore di scommesse estero senza concessione italiana è tenuto a pagare l’imposta unica scommesse in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo dell’imposta, anche se privo di una concessione rilasciata dallo Stato italiano.

Chi è responsabile per il pagamento dell’imposta: il bookmaker estero o il titolare della ricevitoria in Italia?
Sono entrambi responsabili in solido. La legge stabilisce una responsabilità solidale tra il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata (il bookmaker) e chi la gestisce materialmente (la ricevitoria). Quest’ultima, se paga il tributo, ha il diritto di rivalersi sul bookmaker.

La normativa italiana sull’imposta unica scommesse è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che la normativa non è discriminatoria né costituisce una restrizione ingiustificata alla libera prestazione di servizi, in quanto si applica indistintamente a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, indipendentemente dal loro paese di stabilimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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