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Imposta unica scommesse: obblighi per operatori esteri

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di scommesse estera, confermando l’obbligo di versamento dell’imposta unica scommesse per l’attività di raccolta gioco effettuata in Italia tramite centri di trasmissione dati, anche in assenza di concessione statale. La Corte ha stabilito che tale imposizione non viola il diritto dell’Unione Europea e non costituisce una forma di discriminazione, basando la decisione sulla territorialità dell’attività e richiamando precedenti pronunce della Corte di Giustizia e della Corte Costituzionale. È stata inoltre confermata la natura di solidarietà paritetica tra il bookmaker estero e il gestore del centro raccolta scommesse.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Legittima anche per i Bookmaker Esteri

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione a lungo dibattuta: l’applicabilità dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia senza una concessione governativa. La decisione chiarisce che il presupposto per l’applicazione del tributo è lo svolgimento dell’attività sul territorio nazionale, indipendentemente dalla sede legale dell’operatore o dal possesso di una licenza italiana.

Il caso: Scommesse transfrontaliere e l’imposta unica

Il caso trae origine da avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a una nota società di scommesse con sede all’estero. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica per le annualità 2008-2009, relativamente alle scommesse raccolte in Italia tramite un centro di trasmissione dati (CTD) che operava per conto della società estera. La società, ritenendo l’imposizione illegittima, ha impugnato gli atti, dando il via a un contenzioso che è arrivato fino al terzo grado di giudizio. I ricorrenti sostenevano, tra le altre cose, che l’applicazione dell’imposta violasse i principi unionali di non discriminazione e libertà di stabilimento, e che la normativa interna fosse stata applicata erroneamente.

La decisione della Corte di Cassazione sull’imposta unica scommesse

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la piena legittimità della pretesa fiscale. I giudici hanno stabilito che l’imposta unica scommesse è un tributo legato alla territorialità dell’attività di raccolta del gioco. Di conseguenza, chiunque, persona fisica o giuridica, italiana o estera, gestisca scommesse sul territorio italiano è tenuto al pagamento dell’imposta, a prescindere dal fatto che operi all’interno o all’esterno del sistema concessorio.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su diversi pilastri giuridici, rafforzati da precedenti sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

1. Principio di Territorialità: Il presupposto impositivo non è la conclusione del contratto di scommessa, ma l’attività di organizzazione e raccolta del gioco sul suolo italiano. Poiché i centri di trasmissione dati operavano in Italia, l’attività tassabile si è concretizzata nel territorio dello Stato.

2. Natura della Responsabilità Fiscale: La Corte ha chiarito che l’obbligazione tributaria lega sia il bookmaker estero sia il gestore del centro di raccolta in un vincolo di “solidarietà paritetica”. Ciò significa che entrambi sono responsabili in egual misura per il pagamento del tributo, in quanto entrambi partecipano all’attività di gestione che costituisce il presupposto dell’imposta. Non si tratta quindi di una responsabilità sussidiaria del bookmaker, ma di una obbligazione autonoma e diretta.

3. Compatibilità con il Diritto Europeo: I giudici hanno escluso qualsiasi violazione dei principi di non discriminazione e di libera prestazione di servizi. Richiamando una specifica sentenza della Corte di Giustizia (causa C-788/18), la Cassazione ha ribadito che la normativa italiana non è discriminatoria perché si applica indistintamente a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, siano essi nazionali o esteri. La legge non ostacola né rende meno attraente l’attività per gli operatori di altri Stati membri, ma si limita a imporre un tributo sull’attività svolta localmente.

4. Natura non Sanzionatoria del Tributo: È stato inoltre precisato che l’imposta unica scommesse non ha una finalità punitiva per chi opera senza concessione. Si tratta di un’imposizione fiscale ordinaria, il cui scopo è tassare una fonte di ricchezza generata sul territorio, in linea con il principio di capacità contributiva e di lealtà fiscale nel settore del gioco.

Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e rigoroso. Gli operatori di scommesse, anche se stabiliti all’estero, non possono sottrarsi agli obblighi fiscali italiani se la loro attività si svolge, anche solo in parte, sul territorio nazionale attraverso reti fisiche come i centri di trasmissione dati. La decisione sottolinea la prevalenza del principio di territorialità nella fiscalità dei giochi e conferma che la normativa italiana, in questo specifico ambito, è pienamente allineata con i principi fondamentali dell’Unione Europea. Per le aziende del settore, diventa quindi cruciale una corretta pianificazione fiscale che tenga conto degli obblighi tributari vigenti in ogni paese in cui operano, per evitare di incorrere in pesanti contenziosi con le autorità fiscali.

Un operatore di scommesse estero, senza concessione italiana, deve pagare l’imposta unica sulle scommesse raccolte in Italia?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta è dovuta da chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano, inclusi gli operatori esteri privi di concessione, poiché il presupposto del tributo è lo svolgimento dell’attività in Italia.

La tassazione degli operatori esteri costituisce una discriminazione vietata dal diritto dell’Unione Europea?
No. Sia la Corte di Giustizia UE che la Cassazione hanno stabilito che l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che raccolgono gioco in Italia, senza distinzione basata sul luogo di stabilimento, pertanto la normativa non è considerata discriminatoria.

L’obbligo di pagare l’imposta unica scommesse è una sanzione per l’attività svolta senza concessione?
No, la Corte ha chiarito che si tratta di un’imposizione fiscale ordinaria, basata sul presupposto della raccolta di scommesse sul territorio nazionale, e non ha una natura sanzionatoria per l’esercizio dell’attività al di fuori del sistema concessorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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