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Imposta Unica Scommesse: obblighi per bookmaker esteri

La Cassazione, con l’ordinanza 2775/2024, ha stabilito che l’Imposta Unica Scommesse si applica anche ai bookmaker esteri privi di concessione che raccolgono gioco in Italia tramite centri di trasmissione dati. La Corte ha rigettato il ricorso di una società estera, confermando la piena legittimità dell’imposizione fiscale e la natura paritetica della solidarietà con i gestori locali, escludendo qualsiasi violazione del diritto dell’Unione Europea.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: la Cassazione conferma gli obblighi per i bookmaker esteri

Con la recente ordinanza n. 2775/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per il settore del gioco: l’applicazione dell’Imposta Unica Scommesse agli operatori esteri che raccolgono scommesse sul territorio italiano senza essere in possesso di una concessione statale. La decisione chiarisce in modo definitivo che la mancanza di una licenza nazionale non esonera dal pagamento del tributo, delineando i contorni della responsabilità fiscale e la sua compatibilità con il diritto europeo.

I fatti del caso: un bookmaker estero nel mirino del fisco

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione finanziaria a una società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’Imposta Unica Scommesse per l’anno 2008, ritenendo la società estera (il “bookmaker”) obbligata in solido con il titolare di un centro di raccolta scommesse (CTD) che operava in Italia per suo conto.

La società estera e la sua controllante hanno impugnato l’atto, sostenendo che l’imposizione fosse illegittima e in contrasto con i principi dell’Unione Europea. Dopo un iter giudiziario complesso, che ha visto una parziale vittoria in primo grado e una successiva riforma in appello, la questione è approdata in Cassazione.

L’Imposta Unica Scommesse secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso del bookmaker estero, ritenendo infondate tutte le censure sollevate. La decisione si basa su un’analisi approfondita del quadro normativo nazionale ed europeo, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai granitico.

La responsabilità solidale tra bookmaker e centro scommesse

Uno dei punti centrali della controversia riguardava la natura della responsabilità solidale tra il bookmaker estero e il gestore del centro di raccolta locale. La Corte ha chiarito che si tratta di una solidarietà paritetica e non dipendente. Questo significa che entrambi i soggetti realizzano, sebbene con modalità diverse, il presupposto impositivo: l’organizzazione e la raccolta di scommesse.

Il bookmaker gestisce il rischio e la piattaforma, mentre il centro locale mette a disposizione i locali, riceve le giocate e paga le vincite. Entrambi, quindi, sono autonomamente e direttamente obbligati verso l’Erario per il pagamento dell’imposta. Questa impostazione, sottolinea la Corte, è coerente con la giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Compatibilità con il Diritto dell’Unione Europea

Il ricorrente sosteneva che la normativa italiana sull’Imposta Unica Scommesse fosse discriminatoria e violasse la libertà di prestazione dei servizi garantita dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). La Cassazione, richiamando una specifica pronuncia della Corte di Giustizia Europea (causa C-788/18), ha respinto categoricamente questa tesi.

L’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, senza distinzioni basate sul luogo di stabilimento. Non vi è, quindi, alcuna discriminazione. Anzi, esentare gli operatori esteri creerebbe una disparità di trattamento a loro vantaggio, alterando la concorrenza. La normativa fiscale persegue obiettivi legittimi di interesse generale, come la tutela dei consumatori e la prevenzione di attività criminali nel settore del gioco.

Irrilevanza dell’assenza del contraddittorio preventivo

Un’altra doglianza riguardava la mancata instaurazione di un contraddittorio prima dell’emissione dell’avviso di accertamento. La Corte ha ribadito che, per i tributi non armonizzati a livello europeo come l’imposta sulle scommesse, non sussiste un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale. L’Amministrazione finanziaria può legittimamente notificare l’avviso di accertamento come primo atto, senza che ciò invalidi la pretesa fiscale.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di un’articolata ricostruzione del sistema normativo e giurisprudenziale. Il fulcro del ragionamento risiede nel principio secondo cui chiunque realizzi il presupposto impositivo sul territorio dello Stato è tenuto a concorrere alle spese pubbliche. La liceità penale dell’attività, riconosciuta in passato a causa delle discriminazioni subite dalla società estera nell’accesso alle concessioni, non implica l’esenzione fiscale. L’attività, sebbene non penalmente illecita, rimane un fatto economico che genera ricchezza e, come tale, è soggetto a tassazione.

La Corte ha inoltre precisato che la pronuncia della Corte Costituzionale (n. 27/2018), che aveva limitato la retroattività della legge per i soli centri di raccolta scommesse (CTD) per gli anni precedenti al 2011, non si estende ai bookmaker. La responsabilità fiscale di questi ultimi era già chiara e consolidata nel sistema, anche prima dell’intervento normativo del 2010. Pertanto, la pretesa fiscale per l’anno 2008 nei confronti del bookmaker è pienamente legittima.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un punto fermo nella disciplina fiscale del gioco in Italia. Le conclusioni che se ne possono trarre sono chiare:
1. L’Imposta Unica Scommesse è dovuta da chiunque organizzi e raccolga gioco in Italia, a prescindere dal possesso di una concessione o dal luogo di stabilimento.
2. La responsabilità tra bookmaker estero e centro di raccolta locale è solidale e paritetica: entrambi sono debitori principali nei confronti del Fisco.
3. La normativa italiana è pienamente compatibile con i principi di non discriminazione e di libera prestazione dei servizi dell’Unione Europea.
4. Per questo tipo di tributo, non è necessario un contraddittorio preventivo per la validità dell’accertamento.

Questa pronuncia rafforza la posizione dell’Amministrazione finanziaria nel contrasto all’evasione nel settore delle scommesse e garantisce parità di condizioni competitive tra operatori concessionari e non.

Un bookmaker estero senza concessione italiana è tenuto a pagare l’Imposta Unica sulle Scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta è dovuta da chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano, anche se opera dall’estero e senza una concessione nazionale. Il presupposto per l’imposizione è lo svolgimento dell’attività in Italia.

Che tipo di responsabilità esiste tra il bookmaker estero e il centro di raccolta scommesse locale?
La responsabilità è di tipo “solidale paritetica”. Ciò significa che sia il bookmaker sia il gestore del centro locale sono considerati entrambi debitori principali nei confronti del Fisco, in quanto entrambi partecipano alla realizzazione del fatto imponibile (l’organizzazione e la raccolta del gioco).

La tassazione dei bookmaker esteri viola il principio di non discriminazione dell’Unione Europea?
No. Secondo la Corte di Cassazione, che richiama la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la normativa italiana non è discriminatoria. L’imposta si applica a tutti gli operatori, nazionali o esteri, che raccolgono scommesse in Italia, garantendo così parità di trattamento e leale concorrenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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