Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20683 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20683 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 13429/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, anche in via disgiuntiva fra loro, da ll’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO, n. 3368/2020, depositata in data 9 novembre 2020, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
Con la sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE , avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente ad oggetto l’avviso di accertamento , relativo all’anno d’imposta 20 12, con cui era stata recuperata l’imposta unica sui concorsi e scommesse nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, quale coobbligato solidale, per un importo pari ad euro 20.872,38, oltre interessi e sanzioni.
I giudici di secondo grado hanno ritenuto infondata la questione preliminare con la quale si lamentava la mancata traduzione in inglese de ll’avviso di accertamento e le questioni inerenti la sussistenza dei presupposti, soggettivo ed oggettivo, dell’imposta unica sulle scommesse.
La Commissione tributaria regionale ha, poi, affermato che non sussisteva alcuna erroneità del giudice RAGIONE_SOCIALE leggi con specifico riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 2018 e nemmeno una incompatibilità della disciplina dell’imposta unica con il diritto dell’Unione europea; ha ritenuto che l’imposta unica sulle scommesse non costituiva un’ipotesi di imposta sul volume d’affari diversa dall’imposta sul valore aggiunto e che sussistevano i presupposti per l’applicazione della sanzio ne; infine, ha affermato che non sussistevano i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in quanto la pronuncia del giudice
comunitario del 26 febbraio 2020 risultava ampiamente motivata e non lasciava adito a dubbi interpretativi.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a sei motivi (uno preliminare e cinque di merito).
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE re siste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare, va disattesa l’istanza di trattazione della causa in pubblica udienza, in adesione all’indirizzo espresso dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui il collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass., Sez. U., 5 giugno 2018, n. 14437), e allorquando non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Cass., sez. un., 23 aprile 2020, n. 8093).
1.1 Ed invero, nel caso in questione, il tema oggetto del giudizio non è nuovo nella giurisprudenza di questa Corte (come di qui a poco si dirà) e non è nemmeno inedito, in quanto compiutamente affrontato in tutti i suoi risvolti da un lato dalla Corte costituzionale (con la sentenza 14 febbraio 2018, n. 27) e dall’altro da quella unionale (con la sentenza in causa C-788/18, relativa giustappunto alla RAGIONE_SOCIALE); è preferibile, dunque, la scelta del procedimento camerale, funzionale alla decisione di questioni di diritto di rapida trattazione non caratterizzate da peculiare complessità ( cfr.Cass. 20 novembre 2020, n. 26480).
Il primo motivo deduce, in via preliminare la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in merito all’illegittimità
dell’avviso di accertamento per mancata traduzione dell’atto impositivo in lingua inglese.
Il secondo motivo (indicato come primo motivo nel merito) deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del decreto legislativo n. 504 del 1998, come interpretato dall’art. 1, comma 66, lett. b), della legge n. 220 del 2010, in merito al presupposto soggettivo dell’imposta .
Il terzo motivo (indicato come secondo motivo nel merito) deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. b), della legge n. 288 del 1998, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., in merito al presupposto territoriale dell’imposta.
Il quarto motivo (indicato come terzo motivo nel merito) deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 49 e 56 TFUE e dei principi del diritto dell’unione di parità di trattamento e non discriminazione, con riferimento all’art. 1, comma 66, della legge di stabilità 2011 e dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n 3, cod. proc. civ..
Il quinto motivo (indicato come quarto motivo nel merito) deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 401 della Direttiva 2006/112/CE, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.
Il sesto motivo (indicato come quinto motivo nel merito) deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8 del decreto legislativo n. 546 del 1992, 5, commi 1 e 6, e 6, comma 2, della legge n. 472 del 1997 e 10, comma 4, della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Commissione tributaria regionale applicato l’esimente dell’obiettiva condizione d’incertezza relativamente allea irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Il primo motivo è infondato.
8.1 Sul punto va evidenziato come nessuna specifica previsione normativa dispone che l’atto impositivo debba essere redatto nella lingua del soggetto destinatario, dovendosi invero presumere che lo stesso, in quanto soggetto passivo nel territorio nazionale, sia in grado di comprendere il contenuto dell’atto; la questione, dunque, si sposta sul piano probatorio, essendo onere del contribuente provare di non essere stato nelle condizioni di avere potuto avere conoscenza del contenuto dell’atto, il che postula che lo stesso versi in condizioni tali, nonostante il comportamento dallo stesso esigibile, da non potere in alcun modo avere potuto ovviare alla circostanza che l’atto impositivo non era stato tradotto nella propria lingua di origine, profilo in alcun modo coltivato dalla ricorrente, che si è limitata ad una contestazione generica sul punto.
8.2 Va, altresì, precisato che identica questione è già stata esaminata da questa Corte che ha escluso che la mancata traduzione nella lingua del destinatario possa comportare una lesione del diritto di difesa della società ricorrente, in quanto la stessa, anche se soggetto non residente privo di stabile organizzazione in Italia, ha dimostrato, avendo in concreto fatto valere nei gradi del merito le proprie ed articolate difese contestando la pretesa tributaria azionata con l’atto impugnato, di avere avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto impositivo ad essa notificato (Cass., 19 gennaio 2021, n. 9144; Cass., 26 maggio 2022, n. 17082; Cass., 8 febbraio 2023, n. 1184; Cass., 7 marzo 2023, n. 6761).
Il secondo, terzo e quarto motivo, che vanno trattati unitariamente perchè connessi, sono infondati.
9.1 Come questa Corte ha già precisato il quadro normativo di riferimento (art. 1, comma 2, della legge n. 288 del 1998; art. 3 del decreto legislativo n. 504/88; art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010; art. 16 del D.M. 1 marzo 2006 n. 111; art. 1, comma 644, lett. g), della legge n. 19 0 del 2014), è stato sottoposto all’esame e della
Corte costituzionale e della Corte di giustizia, che ne hanno compiutamente esaminato le relazioni rispettivamente con la Costituzione e col diritto unionale (cfr. Cass., 31 marzo 2021, nn. 89078911; Cass., 1 aprile 2021, nn. 9079-9081; Cass., 2 aprile 2021, nn. 9144-9153; Cass., 2 aprile 2021, n. 9160; Cass., 2 aprile 2021, n. 9176; Cass., 2 aprile 2021, n. 9184, Cass., 12 aprile 2021, nn. 9528 e 9537 e, più di recente, Cass., 26 maggio 2022, n. 17082; Cass., 8 febbraio 2023, n. 1184; Cass., 7 marzo 2023, n. NUMERO_DOCUMENTO).
9.2 In particolare, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 27 del 2018, ha dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione dell’art. 3 del decreto legislativo n. 504 del 1998 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa del 2010 (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio) ed ha riconosciuto che il legislatore con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010, da un c anto, ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e, d’altro canto, ha esplicitato l’obbligo RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di RAGIONE_SOCIALEs privi di concessione al versamento del tributo e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni. A questo riguardo ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del «gestore per conto terzi» (ossia del titolare di ricevitoria) al «gestore per conto proprio» (ossia al RAGIONE_SOCIALE) sia irragionevole. Entrambi i soggetti, difatti, ha sottolineato la Corte Costituzionale, partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di «organizzazione ed esercizio» RAGIONE_SOCIALE scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha rimarcato che il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, per ché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al RAGIONE_SOCIALE dell’accettazione della scommessa,
dell’incasso e del trasferimento RAGIONE_SOCIALE somme giocate, nonché del pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal RAGIONE_SOCIALE. Sicché, ha specificato, quanto al ricevitore, l’attività gestoria che costituisce il presupposto dell’impos izione va riferita alla raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, il volume RAGIONE_SOCIALE quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Né, ha aggiunto la Corte costituzionale, la scelta di assoggettare all’imposta i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione viola il principio di capacità contributiva, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il RAGIONE_SOCIALE sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato: ciò perché attraverso la regolazione RAGIONE_SOCIALE commissioni il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul RAGIONE_SOCIALE per conto del quale opera. La rivalsa svolge, quindi, funzione applicativa del principio di capacità contributiva, poiché redistribuisce tra i coobbligati, RAGIONE_SOCIALE e ricevitoria, che hanno comunque concorso, sia pure in vario modo, alla realizzazione del presupposto impositivo, il carico fiscale in relazione alla partecipazione di ognuno a tale realizzazione.
9.3 Sulla base RAGIONE_SOCIALE suddette considerazioni, la Corte Costituzionale, nella richiamata pronuncia, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto legislativo n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può difatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni già pattuite fra ricevitorie e RAGIONE_SOCIALE si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla legge n. 220 del 2010. I giudici RAGIONE_SOCIALE leggi hanno anche
chiarito (punto 4.5) che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che per le annualità d’imposta antecedenti al 2011 (nel caso in esame rileva l’anno 2012), non rispondono le ricevitorie, ma rispondono i RAGIONE_SOCIALE, con o senza concessione in base alla combinazio ne dell’art. 3 decreto legislativo n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lett. a), della legge n. 220 del 2010, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale.
9.4 A diversa conclusione, si perviene per le annualità dal 2011 e con riferimento alla posizione del ricevitore, dovendosi osservare che la incostituzionalità della norma in esame è stata riscontrata dalla Corte « in ragione dell’impossibilità per le ricevitorie di traslare l’imposta per gli esercizi anteriori al 2011 » con conseguente violazione dell’art. 53, Cost., « giacchè l’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni pattuite fra ricevitore e RAGIONE_SOCIALE si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla legge n. 220 del 2010». A fondamento, dunque, della pronuncia di incostituzionalità è stata la considerazione della già avvenuta definizione negoziale tra le parti dei reciproci rapporti in data antecedente alla introduzione della soggettività passiva della ricevitoria del RAGIONE_SOCIALE privo di concessione, ed è stato dato rilievo al fatto che le stesse non erano state nelle condizioni di regolare diversamente la misura RAGIONE_SOCIALE commissioni al fine di procedere all’event uale trasferimento del carico tributario, gravante anche sulla ricevitoria in forza della legge sopravvenuta, sui RAGIONE_SOCIALE. La suddetta ragione di incostituzionalità, tuttavia, non è stata ravvisata per i «rapporti successivi al 2011», quindi non solo per gli eventuali rapporti negoziali perfezionati dopo l’entrata in vigore della norma interpretativa, ma anche per i rapporti che, seppure sorti in data antecedente, si sono
protratti oltre l’entrata in vigore della medesima norma. In entrambi i casi, invero, la disposizione interpretativa del 2010 costituisce parametro normativo di riferimento per definire negozialmente l’assetto di interessi RAGIONE_SOCIALE parti, sia in caso di rappo rti sorti successivamente che per quelli già sorti e destinati a protrarsi, potendo le parti, alla luce e tenendo conto proprio della scelta normativa di assoggettare al tributo anche i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, rimodulare la regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni al fine di trasferire il carico tributario sul RAGIONE_SOCIALE per conto del quale opera la ricevitoria. In questo ambito, invero, la solidarietà dell’obbligazione e la correlata possibilità di tras lazione dell’imposta sono, infatti, destinate ad influire sulla stessa portata della regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni tra le parti, che, anche quando i rapporti economici siano rimasti invariati, ossia non siano stati oggetto di modifiche o di nuovi accordi in conseguenza della legge n. 220 del 2010, assume, necessariamente, un valore di conformità e adeguatezza rispetto alla nuova configurazione legale del rapporto (cfr. Cass., 8 febbraio 2023, n. 1184, in motivazione). Inoltre, i giudici RAGIONE_SOCIALE leggi, nell’affermare che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e che le ricevitorie operanti per conto di RAGIONE_SOCIALE privi di concessione hanno l’obbligo di versare il tributo e le relative sanzioni, hanno equiparato, ai fini tributari, il «gestore per conto terzi», ovvero il titolare di ricevitoria, al «gestore per conto proprio», ossia al RAGIONE_SOCIALE, ed hanno precisato che entrambi i soggetti partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di «organizzazione ed esercizio» RAGIONE_SOCIALE scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il titolare della ricevitoria svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al RAGIONE_SOCIALE dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del
trasferimento RAGIONE_SOCIALE somme giocate, nonché del pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal RAGIONE_SOCIALE, con l’ulteriore specificazione che l’attività gestoria del ricevitore va riferita alla raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, il volume RAGIONE_SOCIALE quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale, mentre il RAGIONE_SOCIALE è quello che effettivamente gestisce il servizio RAGIONE_SOCIALE scommesse, anche attraverso il contratto stipulato con il ricevitore, e sul quale il titolare della ricevitoria, attraverso la regolazione RAGIONE_SOCIALE commissioni ha la possibilità di trasferire il carico tributario. I giudici RAGIONE_SOCIALE leggi, dunque, concludono affermando che i coobbligati, RAGIONE_SOCIALE e ricevitoria, comunque concorrono, sia pure in vario modo, alla realizzazione del presupposto impositivo.
9.5 Con specifico riferimento, poi, al presupposto territoriale del tributo si è già precisato da questa Corte, con le pronunce citate, che non rileva la conclusione del contratto di scommessa poiché il fatto imponibile è la prestazione di servizi consistente nell’organizzazione del gioco da parte del ricevitore e nella raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, che consiste, in relazione a ciascun scommettitore, nella valida registrazione della scommessa, documentata dalla consegna allo scommettitore della relativa ricevuta, attività, queste, tutte svolte in Italia (cfr. tra le tante Cass., 7 marzo 2023, n. 6761, in motivazione).
9.6 Alla luce RAGIONE_SOCIALE esposte argomentazioni, la prospettazione della società ricorrente non merita accoglimento, sia sotto il profilo della nullità del l’avviso di accertamento perché relativo all’anno d’imposta 2012, in quanto rileva in questa sede la posizione del RAGIONE_SOCIALE e, come già precisato, i giudici RAGIONE_SOCIALE leggi hanno posto fondamento della pronuncia di incostituzionalità la considerazione della già avvenuta definizione negoziale tra le parti dei reciproci rapporti in data antecedente alla introduzione della soggettività passiva della ricevitoria del RAGIONE_SOCIALE privo di concessione ed hanno dato rilievo al fatto che le stesse non erano state nelle condizioni di regolare diversamente la
misura RAGIONE_SOCIALE commissioni al fine di procedere all’eventuale trasferimento del carico tributario, gravante anche sulla ricevitoria in forza della legge sopravvenuta, sui RAGIONE_SOCIALE. La suddetta ragione di incostituzionalità, tuttavia, non è stata ravvisata per i «rapporti successivi al 2011», quindi non solo per gli eventuali rapporti negoziali perfezionati dopo l’entrata in vigore della norma interpretativa, ma anche per i rapporti che, seppure sorti in data antecedente, si sono protratti oltre l’entrata in vigore della medesima norma. In entrambi i casi, invero, la disposizione interpretativa del 2010 costituisce parametro normativo di riferimento per definire negozialmente l’assetto di interessi RAGIONE_SOCIALE parti, sia in caso di rapporti sorti successivamente che per quelli già sorti e destinati a protrarsi, potendo le parti, tenendo conto proprio della scelta normativa di assoggettare al tributo anche i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, rimodulare la regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni al fine di trasferire il carico tributario sul RAGIONE_SOCIALE per conto del quale opera la ricevitoria (cfr. Cass., 8 febbraio 2023, n. 1184, in motivazione).
9.7 Correttamente, dunque, i giudici di secondo grado hanno affermato che il legislatore ha considerato un presupposto di imposta riferibile sia al RAGIONE_SOCIALE, che al CTD, con la conseguenza che entrambi i soggetti sono tenuti all’adempimento dell’obbligazione impositiva in via solid ale paritetica, avendo la Corte Costituzionale, diversamente da quanto affermato dalla società ricorrente, chiaramente riferito il presupposto oggettivo dell’imposta sia al RAGIONE_SOCIALE, che al CTD, con la conseguenza che entrambi i soggetti sono tenuti a rispondere solidalmente dell’obbligazione tributaria. Ciò che rende priva di rilievo, ai fini che qui interessano, la circostanza che la verifica fiscale, l’accertamento e le violazioni contestate abbiano avuto per oggetto le ri cevitorie, tenuto anche conto, peraltro, che l’avviso di accertamento è stato notificato sia al RAGIONE_SOCIALE, che al CTD.
Anche il quinto motivo è infondato.
10.1 Come già precisato da questa Corte, il tributo che qui rileva è differente da una imposta sulla cifra di affari perché riguarda unicamente operazioni relative all’esercizio RAGIONE_SOCIALE scommesse, irrilevanti a fini IVA; non tiene conto del valore aggiunto di ciascuna, difettando nel sistema il meccanismo della detrazione IVA e applicandosi il tributo all’importo scommesso; è calcolata senza alcun riconoscimento di deduzione degli acquisti di beni e servizi inerenti effettuati nel periodo in cui sono poste in essere le operazioni di scommessa. Non rilevano, quindi, i soli fatti consistenti nella proporzionalità, nell’esser riscossa a ogni fase e nella sua traslazione in capo al consumatore, evidenziati in ricorso, anche perché proprio la disciplina IVA di cui all’art. 10, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, proclama esenti dal tributo armonizzato le operazioni in parola con ciò evitando il concorrere di due imposte sul medesimo volume d’affari. 10.2 In ogni caso rileva, in modo risolutivo e dirimente, quanto affermato dalla Corte di Giustizia, secondo cui, in forza dell’articolo 401 della direttiva IVA, « le disposizioni di direttiva non vietano ad uno RAGIONE_SOCIALE membro di mantenere o introdurre imposte (…) sui giochi e sulle scommesse, (…) e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari (…) . La formulazione di tale articolo non osta, pertanto, a che gli Stati membri assoggettino un’operazione all’IVA, nonché, in modo cumulativo, a un tributo speciale non avente il carattere d’imposta sul volume d’affari (v., in tal senso, la sentenza dell’8 luglio 1986, Kerrutt, 73/85, Racc. pag. 2219, punto 22) » (Corte di Giustizia UE, sentenza 24 ottobre 2013, causa n. C-440/2012). Secondo la pronuncia richiamata, quindi, l’art. 401 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con l’art. 135, paragrafo 1, lettera i) della stessa, deve essere interpretato nel senso che l’imposta sul valore aggiunto e un tributo
speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che siffatto ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari; inoltre, sempre secondo tale sentenza, l’art. 1, paragrafo 2, prima frase, e l’art. 73 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una disposizione o a una prassi nazionale secondo cui, per la gestione di apparecchi per giochi d’azzardo con possibilità di vincita, l’importo dei proventi di cassa di tali apparecchi dopo che è trascorso un determinato periodo di tempo viene considerato come base imponibile.
11.
Il sesto motivo è infondato.
11.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte « l’incertezza normativa oggettiva tributaria è caratterizzata dall’impossibilità d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto (il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’amministrazione), come emerge dal d.lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti. Peraltro, il fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva può essere desunto dal giudice attraverso la rilevazione di una serie di “fatti indice”, quali ad esempio: 1) la difficoltà d’individuazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) la mancanza di una prassi amministrativa o l’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto
tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente». (Cass. 17 maggio 2017, n. 12301; Cass. 13 giugno 2018, n. 15452, Cass. 9 dicembre 2019, n. 32082).
11.2 Proprio con riferimento al caso di specie, questa Corte, in applicazione dei principi suesposti, ha affermato che « In tema di sanzioni amministrative, fino alla data di entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 66, l. n. 220 del 2010, la quale ha interpretato l’art. 3, d.lgs. n. 504 del 1998 prevedendo che soggetto passivo dell’imposta unica sulle scommesse è anche chi svolge l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE stesse pur se privo di concessione, esisteva una condizione di obiettiva incertezza normativa, rilevante ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, in ordine alla soggettività passiva del RAGIONE_SOCIALE estero operante in Italia, mediante propri intermediari, senza concessione (cfr. Cass., 12 aprile 2021, n. 9531).
11.3 Più in particolare, questa Corte, con motivazione che si condivide, ha affermato che « La sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 23 gennaio 2018, nel ricostruire l’ambito applicativo dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1988, come interpretato autenticamente dall’art. 1, comma 66, l. n. 220 del 2010, ha bensì affermato che, anche alla luce della disciplina previgente, soggetto passivo dell’imposta è anche chi svolge l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse anche se privo di concessione, con conseguente responsabilità del RAGIONE_SOCIALE estero che, mediante un proprio intermediario, svolga l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse pur se privo di concessione. La stessa sentenza ha tuttavia anche evidenziato che ‘il tenore letterale della disposizione consentiva anche una diversa interpretazione, nel senso che, attraverso il richiamo contenuto nell’art. 1 del d.lgs. n. 504 del 1998 al rispetto della concessione e della licenza di pubblica sicurezza, essa contemplasse i soli soggetti operanti nel sistema concessorio (ad esclusione perciò dei
RAGIONE_SOCIALE con sede all’estero, sforniti di titolo concessorio in Italia, e della rete RAGIONE_SOCIALE ricevitorie di cui essi si avvalgono nel territorio italiano)’ (punto 4.1.), dando poi atto del fatto che ‘con la disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lett. b), della l. n. 220 del 2010, il legislatore ha dunque esplicitato una possibile variante di senso della disposizione interpretata’ e che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva espressamente riconosciuto che la normativa in esame si prestava alla considerazione di incertezza applicativa (punto 4.1.). In sostanza, la Corte costituzionale ha riconosciuto che la previsione contenuta nell’art. 3, d.lgs. n. 504/1998, si prestava ad un duplice opzione interpretativa in ordine alla sussistenza o meno della individuazione della soggettività passiva del RAGIONE_SOCIALE estero che, mediante una ricevitoria operante nel territorio nazionale, avesse svolta l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse senza concessione e che la disposizione interpretativa del 2010 è intervenuta al fine di esplicitare il contenuto della incerta previsione, orientando la scelta interpretativa nel senso della sussistenza della soggettività passiva. La fattispecie, dunque, deve essere collocata nell’ambito della previsione di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, sussistendo, fino al momento della entrata in vigore della disciplina interpretativa del 2010, una condizione di obiettiva incertezza normativa in ordine alla soggettività passiva del RAGIONE_SOCIALE estero operante in Italia, mediante propri intermediari, senza concessione. Infine, non si ravvisa la necessità alcuna di promuovere un nuovo rinvio dinanzi alla Corte di giustizia, neppure ponendosi una questione di interpretazione della precedente statuizione della Corte, esaustiva e completa, risolvendosi le deduzioni in una mera critica della sentenza resa nella causa C788/18, che si rivela sterile per le ragioni esplicate, e, per altro verso, sembra postulare che la Corte di giustizia abbia riconosciuto nella propria giurisprudenza precedente la legittimità della gestione RAGIONE_SOCIALE attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per
il tramite dei centri di trasmissione dati, mentre la stessa Corte, ‘pur avendo constatato l’incompatibilità con il diritto dell’Unione di alcune disposizioni RAGIONE_SOCIALE gare avviate per l’attribuzione di contratti di concessione di servizi connessi ai giochi d’azzardo, non si è pronunciata sulla legittimità della gestione RAGIONE_SOCIALE attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei CTD in quanto tale’ (Corte giust., in causa C-375/17, cit., punto 67). Ed in questo senso deve poi ritenersi irrilevante la giurisprudenza penale di questa Corte (Cass. 25439/2020) che si riferisce alla diversa questione della rilevanza penale dell’attività d’intermediazione e di raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, esclusa, in base alla giurisprudenza unionale, qualora l’attività di raccolta sia compiuta in Italia da soggetti appartenenti alla rete commerciale di un RAGIONE_SOCIALE operante nell’ambito dell’Unione europea che sia stato illegittimamente escluso dai bandi di gara attributivi RAGIONE_SOCIALE concessioni. Il fatto che quel RAGIONE_SOCIALE non risponda del reato di esercizio abusivo di attività di giuoco o discommessa, previsto e punito dall’art. 4, commi 1 e 4-bis, della l. 13 dicembre 1989, n. 401 nessuna influenza produce sulla soggettività passiva della imposta unica sulle scommesse, che l’art. 3 del d.lgs. n. 504/98 riferisce a chiunque, con o senza concessione, gestisce i concorsi pronostici o le scommesse » (Cass., 21 settembre 2021, n. 25450, in motivazione).
11.4 La fattispecie in esame, venendo in rilevo l’anno d’imposta 201 2, fuoriesce dall’ambito della previsione di cui all’art. 6, comma 2, decreto legislativo n. 472 del 1997, sussistendo, come già detto, una condizione di obiettiva incertezza normativa in ordine alla soggettività passiva del RAGIONE_SOCIALE estero operante in Italia, mediante propri intermediari, senza concessione, solo fino al momento della entrata in vigore della disciplina interpretativa del 2010.
12. Ciò posto, la società ricorrente ha chiesto, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia del 26 febbraio 2020, il rinvio pregiudiziale ex
art.267, secondo comma, T.F.U.E. e/o rinvio interpretativo alla Grande Sezione, ex art. 104, secondo comma, del Reg. Proc. della Corte di Giustizia, in combinato disposto con l’art. 158 del predetto regolamento, e dell’art. 16 dello Statuto della Corte di giustizia, per l’interpretazione degli artt. 56, 57 e 52 del T.F.U.E. in ordine ai seguenti quesiti: 1) se la sentenza della Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (26.02.2020, Causa C-788/18) debba essere interpretata nel senso che il diritto dell’Unione di cui agli artt. 56, 57 e 52 del TFUE, come interpretato nelle sentenze COGNOME (causa C 243/01), COGNOME (Causa C 338/04), COGNOME (cause riunite C-72/10 e C 77/10) e COGNOME (causa C375/14), e i principi di diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, osta a una normativa nazionale, del tipo di quella contenuta negli artt. 1-3 del D.Lgs. 23.12.1998 n. 504, come modificati dall’art. l co. 66 lett. b), della Legge di Stabilità 2011, nel caso in cui tale normativa, sia pure formalmente indistintamente applicabile, abbia per effetto di vietare, ostacolare o rendere meno attraente soltanto l’attività dei CTD collegati a un RAGIONE_SOCIALE di un altro RAGIONE_SOCIALE membro, in particolare avente le caratteristiche, la storia e la giurisprudenza dell’Unione della società RAGIONE_SOCIALE; 2) se la sentenza della Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (26.02.2020, Causa C-788/18) debba essere interpretata nel senso che il diritto dell’Unione di cui agli artt. 56, 57 e 52 del TFUE, come interpretato nelle sentenze COGNOME (causa C 243/01), COGNOME (Causa C 338/04), COGNOME (cause riunite C-72/10 e C 77/10) e COGNOME (causa C375/14), e i principi di diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, osta a una normativa nazionale, del tipo di quella contenuta negli artt. 1-3 del D.Lgs. 23.12.1998 n. 504, come modificati dall’art. 1 co. 66 lett. b), della Legge di Stabilità 2011, nel caso in cui tale normativa, sia pure formalmente indistintamente applicabile, non riconosce che i CTD affiliati a un RAGIONE_SOCIALE di un altro RAGIONE_SOCIALE membro, come ad esempio RAGIONE_SOCIALE, esercitano l’attività allo stesso titolo RAGIONE_SOCIALE ricevitorie dei concessionari nazionali, oppure nel senso di non riconoscere che tali CTD si trovano in una situazione diversa da quella dei concessionari nazionali; 3) se la sentenza della Corte di Giustizia Stanlevoarma e Stanlevbet RAGIONE_SOCIALE (26.02.2020, Causa C-788/18) debba essere interpretata nel senso che il diritto dell’Unione di cui agli artt. 56, 57 e 52 del TFUE, come interpretato nelle sentenze COGNOME (causa C 243/01), COGNOME (Causa C 338/04), COGNOME (cause riunite C-72/10 e C 77/10) e COGNOME (causa C375/14), e i principi di diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, asta a una normativa nazionale, del tipo di quella contenuta
negli artt. 1-3 del D.Lgs. 23.12.1998 n. 504, come modificati dall’art. l co. 66 lett. b), della Legge di Stabilità 2011, nel caso in cui tale normativa, sia pure formalmente indistintamente applicabile, debba essere interpretata nel senso di ritenere legittima, e compatibile con il diritto dell’Unione, una normativa nazionale che vieta l’attività di prestazione di servizi di un RAGIONE_SOCIALE comunitario e dei suoi CTD, pur essendo stato reso loro impossibile acquisire i prescritti titoli abilitanti (concessioni e autorizzazioni), come riconosciuto dalle sentenze Gambe/li (06.11.2003, Causa C-243/01), COGNOME e altri (06.03.2007, Cause Riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04), COGNOME e COGNOME (16.02.2012, Cause Riunite C-72/10 e C-77/10), e COGNOME (28.01.2016, Causa C375/14), e che, al tempo stesso, richiede il pagamento da parte loro dell’Imposta Unica sulle scommesse di cui al D.Lgs. 504/1998 nelle circostanze della causa principale; 4) se la sentenza della Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALEoarma e RAGIONE_SOCIALE (26.02.2020, Causa C-788/18) debba essere interpretata nel senso che il diritto dell’Unione di cui agli artt. 56, 57 e 52 del TFUE, come interpretato nelle sentenze COGNOME (causa C 243/01), COGNOME (Causa C 338/04), COGNOME (cause riunite C-72/10 e C 77/10) e COGNOME (causa C375/14), e i principi di diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, osta a una normativa nazionale, del tipo di quella contenuta negli artt. 1-3 del D.Lgs. 23.12.1998 n. 504, come modificati dall’art. 1 co. 66 lett. b), della Legge di Stabilità 2011, nel caso in cui tale normativa, sia pure formalmente indistintamente applicabile, debba essere interpretata nel senso che i suoi effetti si producono solamente a partire dal momento della sua pubblicazione, sia perché la sua applicazione in via retroattiva produrrebbe gravi ripercussioni economiche su un numero elevato di CTD, sia perché il mancato pagamento dell’Imposta unica da parte di questi ultimi è da ascriversi ad una obiettiva e rilevante incertezza sulla portata del diritto dell’Unione.
12.1 Deve premettersi che la Corte di Giustizia ha deciso, con sentenza 26 febbraio 2020, causa C-788/18, la questione avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Commissione tributaria provinciale di Parma (Italia), con ordinanza del 15 ottobre 2018, pervenuta in cancelleria il 14 dicembre 2018, nel procedimento RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE e ha stabilito che « L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa di uno RAGIONE_SOCIALE membro che assoggetti ad imposta sulle scommesse i Centri
di Trasmissione di Dati stabiliti in tale RAGIONE_SOCIALE membro e, in solido e in via eventuale, gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in un altro RAGIONE_SOCIALE membro, indipendentemente dall’ubicazione della sede di tali operatori e dall’assenza di concessione per l’organizzazione RAGIONE_SOCIALE scommesse».
12.2 I giudici unionali, in particolare, rispondendo al primo e al secondo quesito (« se l’articolo 56 TFUE osti ad una normativa di uno RAGIONE_SOCIALE membro che assoggetti ad imposta sulle scommesse i CTD stabiliti in tale RAGIONE_SOCIALE membro e, in solido e in via eventuale, gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in un altro RAGIONE_SOCIALE membro» ) hanno premesso che: 1) la libera prestazione dei servizi, di cui all’articolo 56 TFUE, esige va non soltanto l’eliminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro RAGIONE_SOCIALE membro di qualsiasi discriminazione fondata sulla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione quando era idonea a vietare, a ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro RAGIONE_SOCIALE membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi (sentenza del 22 ottobre 2014, COGNOME e COGNOME, C -344/13 e C -367/13, EU:C:2014:2311, punto 26); 2) la Corte aveva approvato nel settore dei giochi d’azzardo il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE concessioni, ritenendo che quest’ultimo po tesse costituire un meccanismo efficace che consentisse di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti (sentenza del 19 dicembre 2018, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, C -375/17, EU:C:2018:1026, punto 66); 3) per determinare se sussisteva una discriminazione, occorreva verificare che situazioni analoghe non fossero trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non fossero trattate in maniera uguale, a meno che una differenziazione non fosse oggettivamente giustificata (sentenza del 6 giugno 2019, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE., C -264/18, EU:C:2019:472, punto 28).
12.3 La Corte di Giustizia, poi, con riferimento alla vicenda in esame, ha affermato che:
-) come risultava dagli atti di causa, l’imposta unica era relativa all’attività di raccolta di scommesse in Italia. Ai sensi dell’articolo 1, comma 66, lettere a) e b), della legge di stabilità 2011, soggetti passivi di tale imposta erano tutti gli operatori che gestivano sistemi di scommesse, indipendentemente dal fatto che operassero per proprio conto o per conto di terzi, dalla circostanza che fossero o meno titolari di una concessione o dal luogo in cui si trovava la loro sede, anche all’estero ;
-) alla luce di tali elementi forniti dal giudice del rinvio, risultava che l’imposta unica si applica va a tutti gli operatori che gestivano scommesse raccolte sul territorio italiano, senza operare alcuna distinzione in funzione del luogo di stabilimento di tali operatori, cosicché l’applicazione di tale imposta alla RAGIONE_SOCIALE non p oteva essere considerata discriminatoria;
-) occorreva rilevare, infatti, che la normativa nazionale di cui si trattava nel procedimento principale non prevedeva un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi fosse effettuata in Italia o in altri Stati membri;
-) inoltre, per quanto riguardava l’argomento della RAGIONE_SOCIALE secondo cui, in base alla normativa italiana oggetto del procedimento principale, essa era soggetta a doppia imposizione, a RAGIONE_SOCIALE e in Italia, andava rilevato che, allo stato attuale dello sviluppo del diritto dell’Unione, gli Stati membri god evano, fatto salvo il rispetto di tale diritto, di una certa autonomia in materia e che, pertanto, essi non avevano l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine, in particolare, di eliminare la doppia imposizione che risultava dal parallelo esercizio da parte di detti Stati membri della loro competenza fiscale (v., per analogia,
sentenza del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria, C -253/09, EU:C:2011:795, punto 83);
-) ne conseguiva che, rispetto a un operatore nazionale che svolgeva le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la RAGIONE_SOCIALE non subiva alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattavasi nel procedimento principale. Inoltre, detta normativa non appariva atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la RAGIONE_SOCIALE, nello RAGIONE_SOCIALE membro interessato;
-) per quanto riguarda la RAGIONE_SOCIALE, essa esercitava, in qualità di intermediario della RAGIONE_SOCIALE e in cambio di una remunerazione, un’attività di offerta e di raccolta di scommesse. Tale società esercitava in particolare, allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali, un’attività di gestione di scommesse, la quale costitui va una condizione necessaria ai fini dell’assoggettamento all’imposta unica. Per tale ragione, in forza dell’articolo 1, comma 66, lettera b), della legge di stabilità 2011, la RAGIONE_SOCIALE era soggetta, in solido con la RAGIONE_SOCIALE, al pagamento di tale imposta;
-) i noltre, dall’articolo 16 del decreto del Ministero dell’Economia e RAGIONE_SOCIALE Finanze del 10 marzo 2006, n. 111, emergeva che gli operatori titolari di una concessione per l’organizzazione RAGIONE_SOCIALE scommesse in Italia assolveva no anch’essi l’ Imposta unica. Secondo il giudice del rinvio, i loro CTD tuttavia, al contrario della RAGIONE_SOCIALE, non erano soggetti al pagamento in solido di tale imposta;
-) a tal proposito, occorreva nondimeno constatare che, a differenza dei CTD che trasmettevano i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali, la RAGIONE_SOCIALE raccoglieva scommesse per conto della RAGIONE_SOCIALE, che aveva sede in un altro RAGIONE_SOCIALE membro. Essa non si trovava, quindi, alla luce degli obiettivi della legge di
stabilità 2011, in una situazione analoga a quella degli operatori nazionali;
-) di conseguenza, la normativa nazionale di cui si trattava nel procedimento principale non comportava alcuna restrizione discriminatoria nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE e non pregiudicava, per quanto le riguardava, la libera prestazione dei servizi.
12.4 La Corte di Giustizia, dunque, con la sentenza del 26 febbraio 2020, ha escluso qualsivoglia discriminazione tra RAGIONE_SOCIALEs nazionali e RAGIONE_SOCIALEs esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti, di modo che la normativa italiana « non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la RAGIONE_SOCIALE, nello RAGIONE_SOCIALE membro interessato »; ha affermato che, secondo costante giurisprudenza unionale, nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale, costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi e che, di conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni RAGIONE_SOCIALE membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità; ha ritenuto che il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nel comma 64 dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010, i propri obiettivi, tra i quali si colloca «… l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base
imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore », in quanto la prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno RAGIONE_SOCIALE membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale; ha stabilito, in relazione al RAGIONE_SOCIALE, che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro RAGIONE_SOCIALE membro e ha specificato, in concreto, che «…la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri»; sicché, ha concluso che «… rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la RAGIONE_SOCIALE non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale »; in ultimo, quanto al centro trasmissione dati, ha ribadito che il RAGIONE_SOCIALE estero esercita un’attività di gestione di scommesse « allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali » ed è per questo che il centro di trasmissione dati che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), della legge n. 220 del 2010, ma ciò non toglie che la situazione del centro trasmissione dati che trasmette i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali sia diversa da quella del centro trasmissione che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro RAGIONE_SOCIALE membro; la diversità della situazione, pertanto, è in re ipsa per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un RAGIONE_SOCIALE estero; nel settore dei giochi d’azzardo, difatti, il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE concessioni costituisce «… un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori
attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti » (cfr. anche Cass., 7 marzo 2023, n. 6761, in motivazione).
12.5 Per quanto sopra esposto e in ragione del quadro sopra delineato, ricostruito in relazione alle intervenute pronunce della Corte di giustizia e della Corte costituzionale, che risulta definito nei suoi assetti di fondo, così come chiarito dai precedenti di questa Corte, sopra richiamati, in relazione a controversie aventi medesimo contenuto, non sussistono i presupposti per un ulteriore rinvio pregiudiziale ex art. 267, secondo comma, TFUE, alla Corte di Giustizia o per un rinvio interpretativo alla Grande Sezione ex art. 104, secondo comma, del Reg. Proc. della Corte di Giustizia, come invece sollecitato dalla società ricorrente nel ricorso per cassazione.
12.6 Peraltro, come già rilevato, sulle tematiche sottese alle prime tre questioni prospettate dalla società ricorrente si è già pronunciata la Corte di Giustizia (sentenza 26 febbraio 2020, in causa C-788/18), escludendo qualsivoglia discriminazione tra RAGIONE_SOCIALEs nazionali e RAGIONE_SOCIALEs esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti, di modo che la normativa italiana « non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società… nello RAGIONE_SOCIALE membro interessato », mentre con riferimento alla questione posta con il quarto quesito rileva la sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 2018, per quanto sopra ampiamente rilevato.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
il ricorso va rigettato
Così deciso in Roma, in data 13 marzo 2024.