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Imposta unica scommesse: la responsabilità del bookmaker

Una società estera di scommesse ha impugnato un avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse, sostenendo di non essere soggetto passivo del tributo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la responsabilità solidale tra il bookmaker estero e il centro di trasmissione dati locale. La decisione si basa sulla normativa del 2010, che ha chiarito l’obbligo di pagamento anche per gli operatori privi di concessione per l’anno d’imposta 2011, escludendo l’applicabilità dell’esimente per incertezza normativa e la violazione del diritto UE.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta unica scommesse: anche il bookmaker estero è responsabile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20769 del 2024, ha stabilito un punto fermo sulla responsabilità dei bookmaker esteri nel pagamento dell’imposta unica scommesse. La Suprema Corte ha confermato che anche le società straniere, operanti in Italia tramite Centri Trasmissione Dati (CTD) e prive di concessione statale, sono tenute al versamento del tributo in solido con i gestori locali. Questa decisione chiarisce definitivamente il quadro normativo per gli anni d’imposta successivi al 2010.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a una nota società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava l’evasione dell’imposta unica sulle scommesse sportive raccolte in Italia per l’anno 2011, tramite un Centro Trasmissione Dati (CTD) gestito da un soggetto terzo.
La società estera veniva ritenuta coobbligata in solido con il gestore del CTD.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto i ricorsi della società, confermando la legittimità della pretesa fiscale. Di conseguenza, la società ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su diverse argomentazioni.

I motivi del ricorso e l’imposta unica scommesse

La società ricorrente ha articolato la sua difesa su più fronti, sostenendo principalmente:
1. Carenza del presupposto soggettivo: Il bookmaker estero non doveva essere considerato soggetto passivo dell’imposta unica scommesse.
2. Violazione del diritto dell’Unione Europea: L’imposta sarebbe contraria ai principi di parità di trattamento e non discriminazione, oltre a configurarsi come una tassa sul volume d’affari vietata dalla direttiva IVA (2006/112/CE).
3. Inapplicabilità delle sanzioni: A causa di una presunta “incertezza normativa oggettiva” sulla disciplina applicabile.
4. Vizi procedurali: Tra cui la mancata traduzione dell’avviso di accertamento in lingua inglese.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti decisivi su ogni punto sollevato.

La responsabilità solidale del bookmaker

Il cuore della decisione riguarda la soggettività passiva del tributo. La Corte, richiamando la propria giurisprudenza consolidata e una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/2018), ha affermato che la legge interpretativa del 2010 (art. 1, comma 66, L. n. 220/2010) ha chiarito in modo inequivocabile che l’imposta unica scommesse è dovuta da chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano, inclusi i soggetti privi di concessione.

Sia il CTD, che raccoglie materialmente le giocate, sia il bookmaker, che organizza l’attività e ne assume il rischio, partecipano all'”organizzazione ed esercizio” delle scommesse. Pertanto, entrambi sono coobbligati in solido al pagamento dell’imposta. Questa solidarietà, definita “paritetica”, deriva dal fatto che entrambi i soggetti realizzano un presupposto d’imposta autonomo.

La conformità al diritto europeo

La Corte ha respinto anche la censura relativa alla presunta violazione del diritto UE. Citando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare la causa C-440/2012), i giudici hanno ribadito che l’imposta unica scommesse non ha la natura di un’imposta generale sul volume d’affari, come l’IVA. L’articolo 401 della Direttiva IVA permette espressamente agli Stati membri di mantenere o introdurre imposte specifiche su giochi e scommesse, purché non abbiano le caratteristiche dell’IVA. L’imposta unica, applicandosi solo a un settore specifico e senza un meccanismo di detrazione, rientra pienamente in questa categoria.

L’esclusione dell’incertezza normativa

Infine, la Cassazione ha ritenuto infondata la richiesta di disapplicazione delle sanzioni per “incertezza normativa oggettiva”. Sebbene la Corte Costituzionale avesse riconosciuto una certa ambiguità interpretativa per il periodo precedente al 2010, la legge n. 220/2010 ha risolto ogni dubbio. Poiché il caso in esame riguardava l’anno d’imposta 2011, la normativa era ormai chiara e l’incertezza non poteva più essere invocata come esimente.

Le conclusioni

L’ordinanza consolida un principio fondamentale in materia fiscale e di giochi: i bookmaker esteri che raccolgono scommesse in Italia, anche se attraverso intermediari e senza una concessione governativa, sono pienamente soggetti alla legislazione tributaria italiana. La decisione rafforza la posizione dell’erario, garantendo la tassazione di tutte le attività di gioco che si svolgono sul territorio nazionale e confermando la responsabilità solidale di tutti gli attori della filiera.

Un bookmaker estero senza concessione in Italia deve pagare l’imposta unica scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche i bookmaker esteri che operano in Italia tramite centri di trasmissione dati (CTD), pur essendo privi di concessione statale, sono soggetti passivi dell’imposta unica e rispondono in solido con il gestore del CTD per gli anni d’imposta dal 2011 in poi.

L’imposta unica sulle scommesse è contraria al diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte ha stabilito, in linea con la giurisprudenza europea, che l’imposta unica non è un’imposta sul volume d’affari come l’IVA. La direttiva IVA consente esplicitamente agli Stati membri di mantenere o introdurre imposte specifiche sui giochi e sulle scommesse.

È possibile evitare le sanzioni per mancato pagamento dell’imposta invocando l’incertezza della legge?
No, non per i periodi d’imposta successivi all’entrata in vigore della legge n. 220 del 2010. La Corte ha chiarito che, sebbene potesse esistere un’incertezza normativa prima di tale legge, la nuova norma ha risolto ogni dubbio. Per l’anno d’imposta 2011, oggetto della causa, la disciplina era chiara e non era più possibile invocare l’incertezza per evitare le sanzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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