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Imposta unica scommesse: la responsabilità del bookmaker

Una società di scommesse estera era stata ritenuta non responsabile per l’imposta unica scommesse relativa all’anno 2010. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che per i periodi d’imposta antecedenti al 2011, il bookmaker è l’unico soggetto passivo, e non i centri di raccolta scommesse. Tuttavia, a causa dell’oggettiva incertezza normativa dell’epoca, la Corte ha annullato le sanzioni, confermando come dovuti solo l’imposta e gli interessi.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: la Cassazione fa Chiarezza

L’ordinanza n. 9101 del 2024 della Corte di Cassazione affronta una questione centrale nel settore del gioco: la definizione del soggetto responsabile per il pagamento dell’imposta unica scommesse, in particolare per le annualità precedenti al 2011. Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza, distinguendo nettamente la posizione del bookmaker estero da quella dei centri di raccolta dati operanti sul territorio nazionale e facendo luce sulla questione delle sanzioni in contesti di incertezza normativa.

I Fatti di Causa: Un Contenzioso sull’Imposta Unica

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione Finanziaria nei confronti di una società di scommesse con sede all’estero, per il mancato versamento dell’imposta unica relativa all’anno 2010. La Commissione Tributaria Regionale aveva inizialmente dato ragione alla società, annullando l’atto impositivo. L’Agenzia Fiscale, ritenendo errata tale decisione, ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che la società estera fosse il soggetto passivo del tributo, anche in assenza di una concessione statale per operare in Italia.

L’Evoluzione Normativa e l’Imposta Unica Scommesse

Per comprendere la decisione, è essenziale analizzare il quadro normativo. L’imposta unica scommesse è disciplinata dal D.Lgs. 504/1998, che individua come soggetti passivi coloro che “gestiscono” i concorsi pronostici e le scommesse. La Legge n. 220 del 2010 ha fornito un’interpretazione autentica di questa norma, specificando che è soggetto passivo “chiunque”, anche senza concessione e dall’estero, gestisca la raccolta di scommesse in Italia.

Il punto cruciale, tuttavia, è rappresentato dalla sentenza n. 27 del 2018 della Corte Costituzionale. Con tale pronuncia, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui rendeva i gestori dei punti di raccolta (le cosiddette “ricevitorie”) responsabili in solido con il bookmaker per i periodi d’imposta antecedenti al 2011. La ragione risiede nell’impossibilità per questi ultimi di rinegoziare i contratti con i bookmaker per trasferire su di essi il carico fiscale, cristallizzatosi prima dell’intervento chiarificatore del 2010.

La Decisione della Corte: Responsabilità e Sanzioni

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia Fiscale, ha riaffermato i principi consolidati. Il presupposto del tributo non è la singola scommessa, ma il servizio di organizzazione e gestione del gioco offerto al consumatore. Di conseguenza, chiunque gestisca tale servizio è tenuto al pagamento dell’imposta.

Sulla base della sentenza della Corte Costituzionale, per gli anni antecedenti al 2011, la responsabilità ricade unicamente sul bookmaker, essendo stata esclusa quella dei centri di raccolta. La Corte ha anche respinto le argomentazioni basate su presunte violazioni del diritto europeo, richiamando una pronuncia della Corte di Giustizia UE (causa C-788/18) che ha ritenuto la normativa italiana non discriminatoria.

Tuttavia, la Corte ha accolto una specifica doglianza della società contribuente: l’annullamento delle sanzioni. I giudici hanno riconosciuto che, prima della legge interpretativa del 2010, esisteva una condizione di “obiettiva incertezza normativa” sulla soggettività passiva dei bookmaker esteri privi di concessione. Questa incertezza giustifica la non applicazione delle sanzioni amministrative.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una ricostruzione storica e sistematica della normativa. L’imposta colpisce l’organizzazione dell’attività di gioco, e il soggetto che la gestisce è il bookmaker. L’intervento legislativo del 2010 non ha introdotto una nuova fattispecie, ma ha chiarito la portata di una norma preesistente, con efficacia retroattiva. La pronuncia della Corte Costituzionale ha creato una cesura temporale: prima del 2011, solo il bookmaker risponde del tributo; dopo, si applica il regime di solidarietà con i centri di raccolta. L’annullamento delle sanzioni è una diretta conseguenza del principio di tutela dell’affidamento del contribuente: in un quadro legislativo poco chiaro, non si può punire un comportamento che non era palesemente illegittimo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame offre due conclusioni operative di grande rilevanza. In primo luogo, consolida definitivamente il principio secondo cui i bookmaker esteri che raccolgono scommesse in Italia, anche tramite intermediari, sono i soggetti tenuti al versamento dell’imposta unica per le annualità fino al 2010. In secondo luogo, stabilisce che per tali periodi le sanzioni non sono dovute, data la riconosciuta incertezza normativa. Questa decisione non solo chiarisce gli obblighi fiscali per il passato, ma rafforza anche il principio di non sanzionabilità in presenza di leggi ambigue, a tutela del contribuente.

Chi è il soggetto tenuto a pagare l’imposta unica sulle scommesse per gli anni precedenti al 2011?
Per i periodi d’imposta antecedenti al 2011, il soggetto passivo obbligato al pagamento è esclusivamente il bookmaker, anche se opera dall’estero e senza una concessione italiana. La responsabilità dei centri di raccolta scommesse per quel periodo è stata esclusa da una pronuncia della Corte Costituzionale.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato le sanzioni applicate al bookmaker?
Le sanzioni sono state annullate a causa della sussistenza di una “obiettiva incertezza normativa” prima dell’entrata in vigore della legge di interpretazione autentica del 2010. La Corte ha ritenuto che il quadro legislativo non fosse sufficientemente chiaro per stabilire con certezza l’obbligo fiscale in capo al bookmaker estero, giustificando così la disapplicazione delle sanzioni.

La normativa italiana sull’imposta unica è compatibile con il diritto dell’Unione Europea?
Sì. Secondo quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, che richiama una precedente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la normativa italiana non è considerata discriminatoria né costituisce una restrizione ingiustificata alla libera prestazione di servizi, poiché si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, indipendentemente dal luogo in cui sono stabiliti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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