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Imposta unica scommesse: la Cassazione fa chiarezza

La Suprema Corte ha stabilito, in un caso relativo all’imposta unica scommesse, che l’operatore di un Centro Trasmissione Dati (CTD) è solidalmente responsabile per il pagamento del tributo, insieme al bookmaker estero per cui opera. La Corte ha annullato la decisione di secondo grado che aveva cancellato le sanzioni per presunta incertezza normativa, affermando che, per l’annualità 2012, il quadro legislativo era ormai chiaro e non giustificava alcuna esimente.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Responsabilità Chiarita per i CTD

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla controversa questione dell’imposta unica scommesse, definendo in modo netto le responsabilità degli operatori di Centri Trasmissione Dati (CTD) che raccolgono gioco per conto di bookmaker esteri privi di concessione italiana. La decisione chiarisce che, a seguito degli interventi normativi del 2010, non è più possibile invocare l’incertezza della legge per sfuggire al pagamento delle sanzioni.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti del titolare di un CTD per il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse relative all’annualità 2012. L’operatore aveva agito come intermediario per un bookmaker estero non autorizzato a operare in Italia.

Inizialmente, il ricorso del contribuente era stato respinto in primo grado. Successivamente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado aveva parzialmente accolto l’appello: pur confermando l’obbligo di pagare l’imposta, aveva annullato le sanzioni applicate, ritenendo sussistente una condizione di “obiettiva incertezza normativa”.

Contro questa decisione, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che, per l’anno d’imposta 2012, il quadro normativo fosse ormai consolidato e non potesse più giustificare l’annullamento delle sanzioni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza di secondo grado e, decidendo nel merito, ha rigettato integralmente il ricorso originario del contribuente. Questo significa che l’operatore del CTD è stato ritenuto responsabile non solo per il pagamento dell’imposta, ma anche delle relative sanzioni.

La Corte ha ribadito un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza: sia il bookmaker che l’intermediario (il CTD) che raccoglie le scommesse sul territorio sono soggetti passivi dell’imposta e obbligati in solido al suo versamento. Entrambi, infatti, partecipano all’attività di “organizzazione ed esercizio” del gioco, che costituisce il presupposto del tributo.

La Fine dell’Incertezza Normativa e l’Imposta Unica Scommesse

Il punto cruciale della decisione riguarda l’invocata “obiettiva incertezza normativa”. La Cassazione, richiamando anche una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/2018), ha spiegato che tale incertezza poteva essere considerata valida solo per i periodi d’imposta antecedenti all’entrata in vigore della Legge n. 220/2010.

Quella legge ha infatti interpretato autenticamente la normativa precedente, chiarendo esplicitamente che anche gli operatori privi di concessione e i loro intermediari sono tenuti al pagamento dell’imposta unica scommesse. Per gli anni successivi al 2010, come il 2012 in esame, la norma era chiara e inequivocabile. Di conseguenza, non vi era più alcun margine per ritenere che la disciplina fosse ambigua.

Il Principio della Traslazione dell’Imposta

Un altro aspetto fondamentale evidenziato dalla Corte è la possibilità per l’operatore del CTD di “traslare” l’onere fiscale sul bookmaker. Proprio perché la legge del 2010 ha reso chiara la solidarietà passiva, gli intermediari hanno avuto la possibilità (e il dovere) di rinegoziare i propri accordi commerciali e le commissioni con i bookmaker per i quali operavano, al fine di trasferire su di essi il carico tributario. L’esistenza di questa possibilità, a prescindere dal suo concreto esercizio, è sufficiente a rendere costituzionalmente legittima l’imposizione anche a carico del CTD.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale, sia nazionale che europeo. La Suprema Corte ha sottolineato che la Legge n. 220/2010 ha avuto l’effetto di dissipare ogni dubbio interpretativo sulla soggettività passiva dei CTD. Per le annualità successive alla sua entrata in vigore, come il 2012, la disciplina era chiara, rendendo infondata la tesi dell’obiettiva incertezza normativa. La Corte ha ritenuto contraddittorio che il giudice di secondo grado avesse confermato la debenza dell’imposta (riconoscendo quindi la chiarezza della norma sul presupposto impositivo) ma avesse al contempo annullato le sanzioni per incertezza. Se la norma è chiara ai fini del tributo, deve esserlo anche ai fini sanzionatori. La responsabilità solidale tra bookmaker e CTD è un principio cardine che garantisce l’efficacia della riscossione, e la possibilità di rivalsa (traslazione) salvaguarda la capacità contributiva del CTD, rendendo il sistema equo e legittimo.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida definitivamente un principio fondamentale in materia di giochi e scommesse: chiunque partecipi alla filiera della raccolta del gioco sul territorio italiano è responsabile per il pagamento dei relativi tributi, anche se agisce per conto di un operatore estero privo di concessione. La scusante dell’incertezza normativa è stata definitivamente accantonata per i periodi d’imposta successivi al 2010. Gli operatori di CTD devono quindi essere consapevoli della loro posizione di coobbligati solidali e strutturare i loro rapporti contrattuali con i bookmaker tenendo conto di questo inderogabile onere fiscale, che include non solo l’imposta ma anche le sanzioni in caso di inadempimento.

Chi è responsabile per il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse raccolte da un centro trasmissione dati (CTD)?
Sono responsabili in solido sia il bookmaker (anche se estero e senza concessione) per conto del quale vengono raccolte le scommesse, sia il titolare del CTD che svolge materialmente l’attività di raccolta sul territorio italiano. L’amministrazione fiscale può richiedere l’intero pagamento a entrambi.

È possibile evitare di pagare le sanzioni per il mancato versamento dell’imposta sostenendo che la legge non era chiara?
No, per i periodi d’imposta successivi all’entrata in vigore della Legge n. 220/2010 (come l’anno 2012 oggetto della sentenza), la Corte di Cassazione ha stabilito che il quadro normativo è chiaro e inequivocabile. Pertanto, non è più possibile invocare l'”obiettiva incertezza normativa” come causa per escludere l’applicazione delle sanzioni.

Perché il titolare del CTD è considerato responsabile anche se non gestisce direttamente il rischio della scommessa?
Perché, secondo la Corte, svolge un’attività di gestione che costituisce il presupposto dell’imposta. Questa attività include la messa a disposizione dei locali, la ricezione delle proposte di scommessa, la trasmissione dei dati al bookmaker, l’incasso delle giocate e il pagamento delle vincite, contribuendo così in modo essenziale all’organizzazione e all’esercizio del gioco.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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