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Imposta unica scommesse: la Cassazione e gli operatori

Un’azienda internazionale di scommesse, operante in Italia attraverso centri locali senza concessione statale, ha contestato l’applicazione dell’imposta unica scommesse per l’anno 2014, sostenendo una discriminazione secondo il diritto dell’Unione Europea. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la piena legittimità del tributo. La Corte ha stabilito che l’imposta unica scommesse si applica a tutte le giocate raccolte sul territorio italiano, a prescindere dalla sede legale dell’operatore, ed è giustificata da motivi di interesse pubblico. È stata inoltre confermata la validità della responsabilità solidale tra l’operatore estero e il centro di raccolta locale.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta unica scommesse: legittima anche per gli operatori esteri

Con l’ordinanza n. 7396 del 19 marzo 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale nel settore del gioco: l’applicazione dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia tramite Centri Trasmissione Dati (CTD) ma senza una concessione statale. La Corte ha rigettato il ricorso di una nota società di scommesse con sede a Malta, confermando la piena legittimità della pretesa fiscale italiana e la sua compatibilità con il diritto dell’Unione Europea.

I fatti del caso e le doglianze della società

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione Finanziaria italiana nei confronti di una società di scommesse estera e, in solido, del titolare di un CTD italiano. L’atto contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’annualità 2014. La società ha impugnato l’atto, sostenendo diverse tesi difensive, tra cui:

* La violazione del principio di libera prestazione dei servizi sancito dall’art. 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ritenendo la normativa italiana discriminatoria.
* L’illegittimità della pretesa per mancata traduzione dell’avviso di accertamento in lingua inglese.
* L’errata individuazione del presupposto territoriale e soggettivo dell’imposta.

Dopo la soccombenza sia in primo che in secondo grado, la società ha proposto ricorso per cassazione.

Imposta unica scommesse e compatibilità con il Diritto UE

Il cuore della controversia risiedeva nella presunta incompatibilità della normativa italiana con i principi europei. La Cassazione, tuttavia, ha smentito questa tesi in modo netto. Richiamando consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare, la causa C-788/18 relativa alla stessa società), i giudici hanno ribadito che il settore dei giochi d’azzardo non è armonizzato a livello europeo. Di conseguenza, ogni Stato membro ha la facoltà di stabilire le proprie regole per proteggere interessi generali imperativi, quali la tutela dei consumatori, la prevenzione delle frodi e la lotta alla criminalità.

La normativa italiana, che assoggetta all’imposta unica tutte le scommesse raccolte sul territorio nazionale, non è discriminatoria perché si applica a tutti gli operatori, italiani o esteri, con o senza concessione. L’imposta non ostacola l’accesso al mercato, ma regola l’esercizio dell’attività in conformità con l’ordinamento nazionale.

La responsabilità solidale tra Bookmaker e CTD

Un altro punto fondamentale chiarito dalla Corte riguarda la figura del CTD e la sua responsabilità. La legge prevede una responsabilità solidale tra il bookmaker (l’organizzatore) e il CTD (il raccoglitore) per il pagamento dell’imposta. Secondo la Cassazione, questa previsione è del tutto ragionevole. Il CTD non è un mero trasmettitore di dati, ma un soggetto che partecipa attivamente allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse. È il punto di contatto con il cliente finale, incassa le giocate e paga le vincite, svolgendo un’attività di gestione essenziale.

La Corte ha anche precisato la portata della sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2018. Tale pronuncia aveva dichiarato l’illegittimità della norma solo per le annualità precedenti al 2011, poiché prima della legge interpretativa del 2010, i CTD non potevano prevedere tale responsabilità e adeguare i loro contratti di commissione con i bookmaker. Per il 2014, anno oggetto della controversia, il quadro normativo era invece chiaro e consolidato, rendendo pienamente legittima la pretesa impositiva solidale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso con una motivazione articolata e approfondita. In sintesi, i punti salienti della decisione sono:

1. Territorialità dell’Imposta: Il presupposto dell’imposta è la raccolta della scommessa sul territorio italiano, dove il servizio viene offerto e consumato. La localizzazione fisica dei server del bookmaker all’estero è irrilevante.
2. Nessuna Discriminazione: La legge italiana non discrimina tra operatori nazionali ed esteri, poiché l’imposta si applica a chiunque raccolga scommesse in Italia. Anzi, esentare gli operatori esteri creerebbe una “discriminazione al contrario” a danno degli operatori concessionari.
3. Mancata Traduzione dell’Atto: Non esiste alcuna norma che imponga la traduzione degli atti impositivi. Inoltre, la società ricorrente ha dimostrato di aver compreso perfettamente il contenuto dell’atto, avendo articolato difese complesse in ogni grado di giudizio, escludendo così qualsiasi lesione del diritto di difesa.
4. Compatibilità con la Direttiva IVA: L’imposta unica non ha la natura di un’imposta sulla cifra d’affari ed è pienamente compatibile con il sistema IVA europeo, che consente agli Stati membri di mantenere o introdurre imposte specifiche sui giochi e sulle scommesse.
5. Responsabilità per il 2014: Per l’annualità 2014, la responsabilità solidale del bookmaker estero e del CTD è legittima, poiché successiva alla normativa che ha chiarito in modo inequivocabile gli obblighi fiscali per tutti gli operatori.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico: chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano è tenuto a pagare l’imposta unica, a prescindere dalla sede legale e dal possesso di una concessione. La decisione riafferma la sovranità dello Stato nel regolare il settore del gioco a tutela dell’ordine pubblico e fiscale, in un quadro di piena compatibilità con i principi dell’Unione Europea. Per gli operatori del settore, ciò significa che operare in Italia, anche tramite intermediari, comporta l’assunzione di tutti gli obblighi tributari previsti dalla legge nazionale, senza possibilità di elusione basata sulla localizzazione estera.

Un operatore di scommesse estero, senza concessione italiana, deve pagare l’imposta unica sulle scommesse in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo dell’imposta unica, indipendentemente dal luogo in cui ha sede legale e dal fatto che operi con o senza concessione statale. Il presupposto impositivo è legato all’attività svolta in Italia.

La responsabilità per il pagamento dell’imposta è solo del bookmaker estero o anche del centro scommesse locale (CTD)?
La responsabilità è solidale. La legge italiana prevede che sia il bookmaker estero sia il titolare del Centro Trasmissione Dati (CTD) che raccoglie materialmente le scommesse siano obbligati in solido al versamento dell’imposta. Per le annualità d’imposta dal 2011 in poi, questa previsione è stata ritenuta pienamente legittima.

Un avviso di accertamento fiscale è nullo se non viene tradotto nella lingua della società estera destinataria?
No. Secondo la Corte, non esiste alcun obbligo normativo di tradurre gli atti impositivi. La validità dell’atto non è compromessa dalla lingua, a meno che non si dimostri una concreta lesione del diritto di difesa, cosa che non è avvenuta nel caso di specie, dato che la società ha ampiamente articolato le proprie difese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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