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Imposta unica scommesse: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due società estere operanti nel settore delle scommesse, confermando la loro soggezione all’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2008. La Corte ha stabilito che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo d’imposta, indipendentemente dal possesso di una concessione statale o dalla sede legale all’estero. La decisione chiarisce che la responsabilità tra il “bookmaker” estero e il centro di trasmissione dati locale è di tipo paritetico e che la normativa italiana non viola i principi di non discriminazione del diritto dell’Unione Europea.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Anche gli Operatori Esteri Devono Pagare

Con la recente ordinanza n. 7460/2024, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione a lungo dibattuta: l’assoggettabilità degli operatori di scommesse esteri, privi di concessione italiana, all’imposta unica sulle scommesse. La Suprema Corte ha confermato che l’obbligazione tributaria sorge per il solo fatto di raccogliere gioco sul territorio italiano, indipendentemente dalla sede legale dell’operatore o dal suo status formale. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sulla portata della normativa fiscale nel settore del gioco e sui suoi rapporti con il diritto dell’Unione Europea.

I Fatti del Caso: una controversia fiscale transfrontaliera

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a una società di scommesse con sede a Malta e alla sua controllante. L’amministrazione finanziaria contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2008, ritenendo la società estera obbligata in solido con il titolare di un centro trasmissione dati (CTD) che operava in Italia per suo conto. Le società ricorrevano in giudizio, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale confermavano, in larga parte, la legittimità della pretesa fiscale. La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con le società che lamentavano, tra i vari motivi, la violazione di norme nazionali e del diritto dell’Unione Europea.

La Decisione della Corte sulla Tassazione dell’Imposta Unica Scommesse

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso delle società, confermando la piena legittimità dell’imposizione. I giudici hanno chiarito che l’attività di gestione e raccolta di scommesse in Italia costituisce il presupposto impositivo, a prescindere dal fatto che l’operatore sia un concessionario statale o un soggetto che opera al di fuori del sistema concessorio.

La Responsabilità del Bookmaker Estero

Il punto centrale della decisione è che il “bookmaker” estero è un soggetto passivo d’imposta a tutti gli effetti. La sua attività, consistente nell’organizzazione del gioco e nell’accettazione delle scommesse raccolte tramite i centri affiliati in Italia, realizza direttamente il presupposto del tributo. La Corte ha sottolineato che l’obbligo di versamento grava su chiunque gestisca l’attività, anche se dall’estero.

Il Principio di Solidarietà Paritetica

Un altro aspetto cruciale riguarda la natura del vincolo di solidarietà tra il bookmaker estero e il CTD locale. La Cassazione ha specificato che non si tratta di una solidarietà dipendente (in cui un soggetto risponde per un debito altrui), ma di una solidarietà paritetica. Ciò significa che entrambi i soggetti, bookmaker e CTD, sono obbligati in via principale perché entrambi partecipano, sebbene con ruoli diversi, all’unica attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione.

Le Motivazioni della Sentenza sull’Imposta Unica Scommesse

La Corte ha fondato la propria decisione su un’analisi approfondita della normativa nazionale e della sua compatibilità con i principi europei.

Interpretazione della Normativa e Irrilevanza dello Status di “Non Concessionario”

I giudici hanno richiamato la normativa di interpretazione autentica del 2010 (L. 220/2010), la quale ha chiarito che l’imposta è dovuta anche in assenza di concessione. Tuttavia, la Corte ha precisato che tale norma non ha introdotto un nuovo obbligo per il bookmaker, ma ha semplicemente confermato un principio già insito nel sistema: la tassazione è legata all’attività economica svolta sul territorio e non allo status giuridico dell’operatore. Il fatto che l’attività delle ricorrenti fosse stata considerata non illecita in sede penale (a causa della discriminazione subita nell’accesso alle gare per le concessioni) non la sottrae agli obblighi fiscali.

Conformità al Diritto dell’Unione Europea

Le società ricorrenti avevano sostenuto che la normativa italiana fosse discriminatoria. La Cassazione ha respinto questa tesi, richiamando una specifica sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-788/18). La CGUE ha già stabilito che l’imposta unica sulle scommesse si applica a tutti gli operatori che raccolgono gioco in Italia, senza distinzioni basate sul luogo di stabilimento. Pertanto, la normativa non crea ostacoli alla libera prestazione di servizi e non è discriminatoria. Anzi, esentare gli operatori esteri creerebbe una “discriminazione al contrario”, favorendoli ingiustamente rispetto a quelli nazionali.

L’Assenza dell’Obbligo di Contraddittorio Preventivo

Infine, la Corte ha respinto la censura relativa alla violazione del contraddittorio endoprocedimentale. Poiché l’imposta sulle scommesse non è un tributo armonizzato a livello europeo, non si applica l’obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo. Per questo tipo di accertamento, definito “a tavolino”, la legge nazionale non prevede un confronto con il contribuente prima dell’emissione dell’avviso, che rappresenta il primo atto con cui la pretesa viene formalizzata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza della Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e rigoroso: chiunque tragga profitto dalla raccolta di scommesse sul territorio italiano deve contribuire al gettito fiscale, secondo il principio di territorialità dell’imposta. La decisione ribadisce che l’ordinamento fiscale è separato da quello penale e concessorio: la non punibilità di una condotta non implica automaticamente l’esenzione fiscale. Per gli operatori del settore, questa pronuncia è un monito a valutare attentamente gli obblighi fiscali derivanti dall’operare in Italia, anche attraverso reti di intermediari, confermando che il Fisco italiano ha gli strumenti per raggiungere chiunque gestisca attività economiche nel Paese, indipendentemente dalla sua sede legale.

Un “bookmaker” estero senza concessione italiana è tenuto a pagare l’imposta unica sulle scommesse in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è considerato soggetto passivo d’imposta, anche se opera dall’estero e non possiede una concessione statale. Il presupposto del tributo è l’effettivo svolgimento dell’attività in Italia.

Che tipo di responsabilità esiste tra il bookmaker estero e il centro di trasmissione dati (CTD) locale?
Esiste una responsabilità solidale di tipo “paritetico”. Questo significa che sia il bookmaker estero che il CTD locale sono considerati obbligati principali al pagamento dell’imposta, poiché entrambi partecipano, con ruoli diversi, all’attività di organizzazione ed esercizio delle scommesse che genera il debito tributario.

La normativa italiana sull’imposta unica sulle scommesse è discriminatoria nei confronti degli operatori esteri secondo il diritto UE?
No. La Corte di Cassazione, richiamando una precedente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha stabilito che la normativa non è discriminatoria. L’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, senza distinzioni basate sul luogo in cui sono stabiliti, garantendo parità di trattamento tra operatori nazionali ed esteri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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