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Imposta unica scommesse: la Cassazione decide

Una società di scommesse estera ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’imposta unica scommesse per l’anno 2010, sostenendo di non essere soggetto passivo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 4967/2024, ha rigettato il ricorso. Ha stabilito che l’imposta è dovuta da chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano, anche se privo di concessione e con sede all’estero. La Corte ha confermato che la normativa non viola i principi UE di non discriminazione e libera prestazione di servizi, richiamando precedenti sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia UE.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione Conferma l’Obbligo anche per gli Operatori Esteri

Con la recente ordinanza n. 4967/2024, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione di grande rilevanza nel settore del gioco: l’applicazione dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia senza una concessione statale. La decisione rigetta il ricorso di una nota società di scommesse con sede a Malta, confermando che l’obbligo tributario sussiste per chiunque operi sul territorio nazionale, consolidando un orientamento giuridico in linea con i principi del diritto nazionale ed europeo.

Il Contesto del Caso: La Controversia sull’Imposta Unica

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a una società di scommesse estera. L’Agenzia contestava l’omesso versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno d’imposta 2010, relative al gioco raccolto in Italia attraverso una rete di centri di trasmissione dati (CTD).

La società ricorrente aveva basato la propria difesa su diversi motivi, tra cui la presunta carenza di soggettività passiva, la violazione dei principi europei di libera prestazione di servizi e di non discriminazione, e l’illegittimità dell’atto impositivo perché non tradotto in lingua inglese. Secondo la tesi della società, operando senza concessione a causa di un’esclusione ritenuta illegittima dalle gare pubbliche, non poteva essere considerata soggetto passivo del tributo.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Imposta Unica Scommesse

La Suprema Corte ha disatteso tutte le doglianze della ricorrente, rigettando integralmente il ricorso. La decisione si fonda su un’analisi approfondita del quadro normativo e giurisprudenziale, che include le sentenze fondamentali della Corte Costituzionale (n. 27/2018) e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-788/18).

La Questione della Soggettività Passiva

Il punto centrale della sentenza è la conferma del principio secondo cui il presupposto per l’applicazione dell’imposta è la gestione e la raccolta di scommesse sul territorio italiano. Chiunque svolga tale attività, indipendentemente dal fatto che sia titolare di una concessione o che abbia la propria sede legale all’estero, è tenuto al pagamento del tributo. La Corte ha chiarito che l’assenza di concessione non costituisce una causa di esonero fiscale; al contrario, la legge mira a colpire l’attività di gioco ovunque e da chiunque essa sia esercitata in Italia, per evitare fenomeni di evasione.

La Compatibilità con il Diritto Europeo

Un altro aspetto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la presunta discriminazione a danno degli operatori esteri. Richiamando la sentenza della Corte di Giustizia UE, i giudici di legittimità hanno ribadito che la normativa italiana sull’imposta unica scommesse non è discriminatoria. Essa si applica indistintamente a tutti gli operatori, nazionali ed esteri, che gestiscono scommesse raccolte in Italia. La Corte europea aveva già stabilito che tale imposizione non costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi, in quanto giustificata da motivi imperativi di interesse generale come la tutela dei consumatori e la lotta alle infiltrazioni criminali nel settore del gioco.

Le Motivazioni: Analisi dei Principi Giuridici

Le motivazioni dell’ordinanza si articolano su diversi pilastri giuridici. In primo luogo, la Corte ha sottolineato come l’interpretazione della legge n. 220/2010 abbia chiarito che l’imposta è dovuta anche per il gioco raccolto al di fuori del sistema concessorio. L’eventuale illegittima esclusione di un operatore dalle gare per l’assegnazione delle concessioni, pur potendo avere conseguenze su altri piani (come quello penale), non fa venir meno il presupposto impositivo legato all’effettivo svolgimento dell’attività di raccolta.

In secondo luogo, è stato rigettato il motivo relativo alla mancata traduzione dell’avviso di accertamento. La Corte ha osservato che non esiste una norma che imponga la traduzione degli atti impositivi e, nel caso di specie, la società ricorrente aveva ampiamente dimostrato di aver compreso il contenuto dell’atto, avendo articolato difese dettagliate in ogni grado di giudizio.

Infine, la Corte ha escluso che l’imposta unica possa essere considerata un duplicato dell’IVA. Si tratta, infatti, di un tributo speciale sui giochi d’azzardo, che sono operazioni esenti da IVA. Il diritto unionale consente agli Stati membri di mantenere o introdurre imposte specifiche su tali attività, a condizione che non abbiano il carattere di un’imposta generale sul volume d’affari, e l’imposta unica rientra pienamente in questa categoria.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza sull’Imposta Unica Scommesse

La pronuncia della Cassazione consolida definitivamente il quadro normativo e fiscale per il settore delle scommesse in Italia. L’implicazione pratica più rilevante è la certezza che tutti gli operatori che raccolgono gioco sul territorio nazionale, anche attraverso reti di intermediari e senza essere in possesso di una concessione, sono tenuti a versare l’imposta unica scommesse. Questa decisione rafforza gli strumenti a disposizione dell’amministrazione finanziaria per contrastare l’evasione fiscale nel settore e garantisce parità di trattamento tra tutti gli attori del mercato, siano essi nazionali o esteri, concessionari o meno.

Un bookmaker estero che raccoglie scommesse in Italia senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo dell’imposta, a prescindere dalla sede legale o dal possesso di una concessione statale.

La normativa italiana sull’imposta unica sulle scommesse discrimina gli operatori esteri rispetto a quelli nazionali?
No. La Corte ha ribadito, sulla base di una precedente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che la normativa si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia senza distinzioni, pertanto non è discriminatoria.

L’essere stati illegittimamente esclusi dalle gare per le concessioni esonera dal pagamento delle imposte?
No. La sentenza chiarisce che il riconoscimento della natura non illecita dell’attività svolta (a causa dell’esclusione dalle gare) non sottrae l’operatore e la sua rete di raccolta dall’ambito di applicazione della disciplina fiscale sull’imposta unica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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