Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2797 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2797 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 24474/2019 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso la quale è domiciliata in
Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, pec , con domicilio eletto presso l’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 332/03/19, depositata il 29 gennaio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Oggetto: Imposta Unica Scommesse – Istanza di conciliazione in cassazione
RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche RAGIONE_SOCIALE) impugna per cassazione, con un motivo, la sentenza della CTR in epigrafe che, in riforma della decisione della CTP di Roma, aveva annullato l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio per il recupero dell’imposta unica erariale per l’anno 2010, non versata per l’attività di raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche RAGIONE_SOCIALE), bookmaker estero, ritenendo che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2018 che aveva escluso la soggettività passiva del RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE per il periodo anteriore al 2011, dovesse ritenersi venuta meno anche la responsabilità del bookmaker quale obbligato solidale.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, chiedendo la sospensione del giudizio in attesa della decisione della Corte di giustizia, cui la questione della compatibilità unionale della disciplina interna era stata oggetto di rinvio, nonché autonoma rimessione alla Corte di giustizia sulla compatibilità, per vari profili, della disciplina nazionale.
In prossimità dell’udienza la contribuente ha depositato memoria formulando istanza di conciliazione ex art. 48 bis d.lgs. n. 546 del 1992 e chiedendo rinvio per la comparizione RAGIONE_SOCIALE parti.
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente va esaminata l’istanza con cui è stata avanzata proposta di conciliazione da parte della contribuente.
L ‘istanza, pur non esplicitamente ancorata ad uno specifico dato normativo, si riferisce, in evidenza, al recente d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 220 , con cui sono state introdotte ‘ Disposizioni in materia di contenzioso tributario ‘ e, in particolare, alla lett. u) dell’art. 1, che ha previsto che « nell’art. 48 … 2) dopo il comma 4 è inserito il seguente: «4-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche alle controversie pendenti davanti alla Corte di Cassazione.» ».
1.1. La richiesta è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.
1.2. In primo luogo, la novella -in ordine alla citata disposizione -si applica esclusivamente per il futuro e con riguardo ai ricorsi iscritti successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 220 del 2023 come esplicitamente dispone l’art. 4, comma 2 , seconda parte, del medesimo d.lgs. (« 2. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 1, comma 1, lettere d), e), f), i), n), o), p), q), s), t), u), v), z), aa), bb), cc) e dd) che si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto »).
La locuzione impiegata dalla norma ‘ai giudizi instaurati … a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto’, infatti, non può che riferirsi ai nuovi ricorsi, che siano stati iscritti dopo il 4 gennaio 2024, in quanto:
il termine ‘instaurati’ sul piano strettamente letterale costituisce sinonimo di ‘avviati’, ‘intrapresi’ o ‘iniziati’ e non può essere assimilato ai ricorsi cd. pendenti alla data di entrata in vigore della norma, i quali, infatti, sono già stati promossi (ossia avviati o ‘instaurati’) in epoca anteriore all’entrata in vigore del decreto;
l’applicazione immediata a tutti i giudizi pendenti nei diversi gradi non richiedeva una formulazione come quella impiegata poiché era sufficiente specificare che le modifiche ‘si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore’ del decreto ;
depone in tal senso, infine, la Relazione illustrativa al decreto che, con riguardo alla decorrenza degli effetti del decreto delegato, afferma, con omogeneità di termini e senza soluzione di continuità, che le nuove disposizioni si applicano « ai giudizi instaurati … con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione » per
alcune modifiche -tra le quali « la conciliazione fuori udienza anche per i giudizi pendenti in Cassazione » – « che si applicano ai giudizi instaurati … a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto », sì da fondare una piena equipollenza tra le espressioni, distinte solo quanto all’individuazione della specifica data di decorrenza degli effetti.
1.3. In secondo luogo, la conciliazione estesa ai giudizi di cassazione è solo quella prevista dall’art. 48 d.lgs. n. 546 del 1992 (‘ Conciliazione fuori udienza ‘) e non quella di cui al successivo art. 48 bis (‘ Conciliazione in udienza ‘), qui invocata.
Sempre in via preliminare, va disattesa l’istanza di sospensione proposta dal controricorrente in relazione a rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia, avendo la Corte europea già deciso in data 26 febbraio 2020 (in causa C-788/18).
Ciò premesso, l’unico motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 3 d.lgs. n. 504 del 1998 e 1, comma 66, lett. b). l. n. 220 del 2010 per aver la CTR ritenuto insussistente la legittimazione del bookmaker per il periodo anteriore al 2011 sull’errata interpretazione della decisione della Corte costituzionale n. 27/2018, che aveva escluso tale indicazione rispetto al CTD, sull’assunto del la responsabilità solo solidale del primo, da cui la caducazione anche della relativa obbligazione.
3.1. Il motivo è fondato.
Sulla questione investita dalla suddetta censura la giurisprudenza di questa Corte è più volte intervenuta, anche in relazione alle annualità precedenti al 2011, specificamente attinte dalla sentenza della Corte cost. n. 27/2018, chiarendo che la decisione concerne solo la posizione del ricevitore, sicché il bookmaker è da considerare, per tali annualità, dotato di piena soggettività passiva (v., ex multis , di recente, Cass. n. 26384/2022, alla cui ampia motivazione si rinvia, anche per i
riferimenti , che ha specificato che «… per le annualità d’imposta antecedenti al 2011 non rispondono le ricevitorie, ma solamente i bookmakers, con o senza concessione, in base alla combinazione degli art. 3 del D.L.vo 23 dicembre 1998 n. 504 e 1, comma 66, lett. b, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale »).
3.2. La CTR, dunque, ha errato nel mandare esente la RAGIONE_SOCIALE in relazione all’annualità 2010 sul presupposto di una pretesa ‘solidarietà dipendente’ col ricevitore italiano, posto che l’odierna controricorrente è dotata di piena soggettività passiva al riguardo, ancorché esclusiva.
Quanto alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE, ex art. 267 TFUE, articolata in relazione alle questioni sollevate dalla RAGIONE_SOCIALE in controricorso, va escluso che ne sussistano i presupposti.
Si tratta di questioni già ampiamente vagliate e disattese da questa stessa Corte di legittimità (a partire dalla sentenza n. 8757 del 30 marzo 2021, seguita da numerose altre (tra le tante Cass. 89078911/2021, 9079-9081/2021, 9144-9153/2021, 9160/2021, 9162/2021, 9168/2021, 9176/2021, 9178/2021, 9182/2021, 9184/2021, 9160/2021, 9516/2021, 9528-9537/2021, 97289735/2021; v. da ultimo Cass. n. 26384/2022; Cass. n. 813/2023), con articolate argomentazioni che il Collegio condivide.
È allora sufficiente qui richiamare quanto già ripetutamente affermato, ossia, in particolare, quanto alle « prospettate frizioni col diritto unionale, l’infondatezza emerge dalla giurisprudenza unionale. Al riguardo, giova premettere che le imposte sui giochi d’azzardo non hanno natura armonizzata; sicché i giochi d’azzardo rilevano, ai fini del diritto unionale, in relazione alle norme concernenti la libera prestazione di servizi presidiata dall’art. 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in
causa C-788/18, punto 17). Inoltre, nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, secondo costante giurisprudenza unionale, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento ad una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale, costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: per conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte Giust., 8 settembre 2009, in causa C-42/07; Corte Giust., 24 ottobre 2013, in causa C-440/12, punto 47). Il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nell’art. 1, comma 64, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, i propri obiettivi, tra i quali si colloca «(…) l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore». La prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 23; per analogia: Corte Giust.,1 dicembre 2011, in causa C-253/09, punto 83). …
… In questo contesto la normativa italiana ha superato il vaglio della giurisprudenza unionale. La Corte di Giustizia ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che
gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C788/18, punto 21), di modo che la normativa italiana «non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la (omissis), nello Stato membro interessato». Anzi, come la Corte Costituzionale ha sottolineato (Corte Cost., 23 gennaio 2018, n. 27), a seguire la tesi prospettata in ricorso si giungerebbe ad una discriminazione al contrario: la scelta legislativa «risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione … ». …
… Neppure sussiste incongruenza tra i punti 17, 26 e 28 di quella sentenza. Col punto 17, in relazione al bookmaker, ci si limita a stabilire in via generale che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro; ma col punto 24 si specifica, in concreto, che « … la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri»; sicché, si conclude col punto 24, «(…) rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la (omissis) non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale». …
… Quanto al centro di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, il punto 26 si limita a ribadire che il bookmaker estero esercita un’attività di gestione di scommesse «allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali»
ed è per questo che il centro di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, 1, lett. b, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220. Ma ciò non toglie, si aggiunge col punto 28, che la situazione del centro RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE che trasmette i RAGIONE_SOCIALE di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali è diversa da quella del centro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro Stato membro. La statuizione non è affatto oscura, giacché la diversità della situazione è in re ipsa, per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un bookmaker estero: nel settore dei giochi d’azzardo, difatti, il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE concessioni costituisce «un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti» (Corte Giust., 19 dicembre 2018, in causa C375/17, punto 66, richiamata da Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 18); e ciò in conformità agli obiettivi perseguiti dal legislatore italiano, dinanzi indicati, come puntualmente rimarcato dalla Corte di giustizia. Di qui l’esclusione, anche con riguardo alla posizione del centro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di qualsiasi restrizione discriminatoria. Se ne è concluso, infatti, che «l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa di uno Stato membro che assoggetti ad imposta sulle scommesse i Centri di Trasmissione di Dati stabiliti in tale Stato membro e, in solido e in via eventuale, gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in un altro Stato membro, indipendentemente dall’ubicazione della sede di tali operatori e dall’assenza di concessione per l’organizzazione RAGIONE_SOCIALE scommesse». …
… Da ultimo, non si ravvisa necessità alcuna di promuovere dinanzi alla Corte di Giustizia le questioni sollecitate che, per un verso, si risolvono in una critica della sentenza resa nella causa C-788/18 (Corte
Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18), rivelandosi sterile per le ragioni esplicate, e, per altro verso, sembrano postulare che la Corte di Giustizia abbia riconosciuto nella propria giurisprudenza precedente la legittimità della gestione RAGIONE_SOCIALE attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei centri di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Laddove, come lo stesso giudice unionale ha sottolineato, essa, «pur avendo constatato l’incompatibilità con il diritto dell’Unione di alcune disposizioni RAGIONE_SOCIALE gare avviate per l’attribuzione di contratti di concessione di servizi connessi ai giochi d’azzardo, non si è pronunciata sulla legittimità della gestione RAGIONE_SOCIALE attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei CTD in quanto tale» (Corte Giust., 19 dicembre 2018, in causa C-375/17, punto 67). ».
5. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, che, in diversa composizione, provvederà all’ulteriore esame, anche per le domand e rimaste assorbite, alla luce dei principi sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione.
Deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 24 gennaio 2024