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Imposta unica scommesse: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19284/2024, ha rigettato il ricorso di un Centro Trasmissione Dati (CTD) confermando la sua responsabilità solidale con il bookmaker estero per il pagamento dell’imposta unica scommesse. La Corte ha stabilito che l’imposta è dovuta per le scommesse raccolte in Italia, anche in assenza di concessione, e ha chiarito che una precedente sentenza della Corte Costituzionale non si applicava all’anno d’imposta 2011. L’appello del socio accomandatario è stato dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: CTD e Bookmaker Estero Responsabili in Solido

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in materia di imposta unica scommesse, consolidando un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza per gli operatori del settore. La decisione chiarisce in modo definitivo la responsabilità solidale tra i Centri Trasmissione Dati (CTD) che operano in Italia e i bookmaker esteri per cui raccolgono il gioco. Questa pronuncia conferma che l’assenza di una concessione statale non esonera dal pagamento del tributo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione Finanziaria nei confronti di una società in accomandita semplice. La società svolgeva l’attività di Centro Trasmissione Dati (CTD) per la raccolta di scommesse per conto di un bookmaker con sede in Austria. L’accertamento contestava il mancato pagamento dell’imposta unica scommesse per l’anno d’imposta 2011.

La società contribuente aveva impugnato l’atto, ma il suo ricorso era stato rigettato sia in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale, sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di merito avevano stabilito che l’imposta era dovuta indipendentemente dall’esistenza di una concessione, equiparando di fatto le due modalità di raccolta del gioco sotto il profilo tributario. Inoltre, avevano affermato la responsabilità paritetica del CTD e del bookmaker nel pagamento dell’imposta.

Contro la sentenza d’appello, la società e il suo socio accomandatario hanno proposto ricorso per Cassazione.

La questione sull’imposta unica scommesse e la responsabilità del CTD

I ricorrenti basavano le proprie difese su due argomenti principali. In primo luogo, sostenevano che una sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/2018), che aveva dichiarato l’illegittimità di una parte della normativa, dovesse applicarsi anche all’anno d’imposta 2011, rendendo così illegittima la pretesa fiscale. In secondo luogo, contestavano la loro stessa qualifica di soggetti passivi, affermando di non essere tenuti al pagamento dell’imposta unica scommesse in quanto meri intermediari.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, ritenendo infondati entrambi i motivi. Anzitutto, in via pregiudiziale, ha dichiarato inammissibile il ricorso del socio accomandatario, poiché egli non era mai stato parte nei precedenti gradi di giudizio, difettando quindi di legittimazione attiva.

Nel merito, gli Ermellini hanno richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale, fondato anche su interventi della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La Corte ha ribadito i seguenti principi:

1. Sussistenza dei presupposti soggettivi: Sia il titolare del CTD che il bookmaker estero privo di concessione sono soggetti passivi dell’imposta. Tra di loro esiste un rapporto di solidarietà paritetica, il che significa che l’Amministrazione Finanziaria può richiedere l’intero importo a uno qualsiasi dei due.
2. Sussistenza dei presupposti territoriali: L’imposta si applica a tutte le scommesse raccolte sul territorio italiano, a prescindere da dove sia stabilito l’operatore. Questo principio non costituisce una restrizione discriminatoria né una violazione della libertà di prestazione dei servizi.
3. Natura non sanzionatoria: L’imposta non ha carattere di sanzione, ma è un tributo dovuto per l’esercizio dell’attività di raccolta scommesse.
4. Applicabilità temporale: La decisione della Corte Costituzionale n. 27/2018, invocata dai ricorrenti, ha escluso l’assoggettamento ad imposta solo per le annualità antecedenti al 2011. Di conseguenza, per l’anno 2011, l’imposta era pienamente dovuta e non sussistevano condizioni di incertezza normativa oggettiva.

Sulla base di questi principi, la Corte ha concluso che la Commissione Tributaria Regionale aveva correttamente applicato la legge, rigettando l’appello della società.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale nel settore del gioco: chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano è tenuto al versamento dell’imposta unica scommesse. La figura del CTD non è quella di un mero intermediario esente da obblighi fiscali, ma di un coobbligato in solido con il bookmaker, anche se quest’ultimo ha sede all’estero ed è privo di concessione. Questa decisione rafforza la posizione dell’erario, garantendo che l’attività di raccolta del gioco, comunque esercitata, contribuisca al gettito fiscale e non sfugga all’imposizione a causa di architetture societarie transfrontaliere.

Un Centro Trasmissione Dati (CTD) che opera per un bookmaker estero è tenuto a pagare l’imposta unica sulle scommesse in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il CTD è un soggetto passivo dell’imposta e risponde del pagamento in solido con il bookmaker estero, in quanto l’imposta si applica a tutte le scommesse raccolte sul territorio italiano.

La responsabilità per il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse ricade solo sul bookmaker o anche sul CTD?
Ricade su entrambi. La Corte ha stabilito che tra il CTD e il bookmaker estero esiste un rapporto di solidarietà paritetica. Ciò significa che l’Amministrazione Finanziaria può richiedere l’intero pagamento dell’imposta a uno qualsiasi dei due soggetti.

Una pronuncia di illegittimità costituzionale su una norma fiscale (Corte Cost. n. 27/2018 nel caso di specie) ha effetto per tutti gli anni d’imposta passati?
No, non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha chiarito che la sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2018 aveva escluso dall’imposizione solo le annualità antecedenti al 2011, confermando quindi la piena legittimità della pretesa fiscale per l’anno d’imposta 2011.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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