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Imposta Unica Scommesse: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un centro trasmissione dati e di un bookmaker estero, confermando la loro responsabilità solidale per il pagamento dell’Imposta Unica Scommesse per l’anno 2011. La Corte ha stabilito che la normativa italiana non è discriminatoria né contraria al diritto UE, in quanto applicabile a tutti gli operatori sul territorio nazionale. La decisione si fonda sulla distinzione temporale operata dalla Corte Costituzionale, che rende pienamente efficace la legge impositiva a partire dal 2011, anno in cui le parti avrebbero potuto rinegoziare i loro accordi commerciali per gestire il carico fiscale.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: CTD e Bookmaker Estero, Responsabilità Confermata dalla Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo sulla questione della responsabilità per l’Imposta Unica Scommesse nel caso di operatori esteri che raccolgono gioco in Italia tramite Centri Trasmissione Dati (CTD). La decisione, che riguarda specificamente l’annualità fiscale 2011, conferma la piena legittimità della normativa italiana e la responsabilità solidale tra il gestore del punto di raccolta e il bookmaker straniero privo di concessione. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: La Controversia Fiscale

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di un Centro Trasmissione Dati (CTD) e di una società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’Imposta Unica Sulle Scommesse per l’anno 2011, ritenendo il CTD obbligato principale e il bookmaker estero coobbligato in solido.

I contribuenti avevano impugnato l’atto, ottenendo una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Amministrazione Finanziaria. Contro questa sentenza, il CTD e il bookmaker hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la presunta violazione del diritto dell’Unione Europea e del principio di non discriminazione.

La Decisione della Cassazione sull’Imposta Unica Scommesse

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la sentenza d’appello e la legittimità della pretesa fiscale. I giudici hanno chiarito diversi aspetti cruciali, basandosi su un consolidato orientamento giurisprudenziale sia nazionale che europeo.

Il Principio di Non Discriminazione e il Diritto Europeo

I ricorrenti sostenevano che la normativa italiana fosse discriminatoria e costituisse un ostacolo alla libera prestazione di servizi garantita dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). La Cassazione ha respinto questa tesi, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE (in particolare la causa C-788/18). È stato ribadito che la normativa italiana non è discriminatoria perché l’imposta si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzioni basate sul luogo di stabilimento (nazionale o estero) o sulla presenza di una concessione. L’obiettivo della legge è tutelare interessi generali come l’ordine pubblico, la protezione dei consumatori e la lotta alla criminalità, giustificando eventuali restrizioni.

La Distinzione Temporale: Perché il 2011 è l’Anno Chiave

Un punto centrale dell’ordinanza è il riferimento alla sentenza n. 27/2018 della Corte Costituzionale. Con quella pronuncia, la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità della norma interpretativa (contenuta nella L. 220/2010) nella sua applicazione retroattiva ai periodi d’imposta precedenti al 2011. La ragione era che, per il passato, i CTD non avevano avuto la possibilità di rinegoziare con i bookmaker le loro provvigioni per trasferire su di essi il nuovo carico fiscale.

La Cassazione sottolinea però che questa incostituzionalità non vale per il periodo d’imposta 2011 e successivi. A partire da quella data, infatti, la norma era pienamente in vigore e conosciuta. Di conseguenza, le parti (CTD e bookmaker) operavano in un quadro normativo chiaro e avrebbero potuto – e dovuto – adeguare i loro rapporti contrattuali per tenere conto dell’obbligazione tributaria. Pertanto, per l’annualità 2011, la responsabilità del CTD e del bookmaker è pienamente configurabile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha dettagliatamente motivato il rigetto del ricorso. Il presupposto dell’imposta non è la singola giocata, ma la prestazione del servizio di gioco nel suo complesso, che si realizza sul territorio italiano. Entrambi i soggetti, il CTD che raccoglie materialmente le scommesse e il bookmaker che le organizza e ne assume il rischio, partecipano all’attività di ‘organizzazione ed esercizio’ del gioco, che costituisce il presupposto imponibile.

La Responsabilità Solidale tra CTD e Bookmaker

I giudici hanno chiarito che la relazione tra il CTD e il bookmaker non è di dipendenza, ma di partecipazione congiunta, sebbene con ruoli diversi, alla medesima attività imponibile. La legge stessa (art. 1, comma 66, L. 220/2010) stabilisce che ‘se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente’. Questa solidarietà paritetica consente all’Amministrazione Finanziaria di richiedere il pagamento dell’intera imposta a uno qualsiasi dei due soggetti, garantendo l’effettività della riscossione.

L’Inapplicabilità del Principio di Legittimo Affidamento

È stata respinta anche la censura relativa alla violazione del principio del legittimo affidamento. La Corte ha specificato che, per il bookmaker estero, l’obbligo di versare l’imposta unica sussisteva anche prima della norma interpretativa del 2010. Quest’ultima ha solo chiarito e rafforzato il quadro normativo, soprattutto riguardo alla posizione dei CTD. Per l’annualità 2011, non poteva esserci alcun affidamento in una presunta esenzione fiscale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale del diritto tributario nel settore dei giochi: chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano è soggetto alla fiscalità italiana, indipendentemente dalla propria sede legale o dal possesso di una concessione statale. La decisione chiarisce che, a partire dal 2011, la responsabilità solidale tra i centri di raccolta dati e i bookmaker esteri è un principio non più discutibile. Questo rafforza gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale nel settore e garantire condizioni di parità fiscale (‘lealtà fiscale’) tra tutti gli operatori del mercato.

Un bookmaker estero senza concessione italiana è tenuto a pagare l’Imposta Unica sulle Scommesse in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta è dovuta da chiunque gestisca concorsi pronostici o scommesse raccolte sul territorio italiano, indipendentemente dal luogo in cui è stabilito l’operatore e dal fatto che operi in assenza di concessione.

Il Centro Trasmissione Dati (CTD) che raccoglie le scommesse è responsabile per il pagamento dell’imposta?
Sì. Per l’annualità 2011 e quelle successive, il CTD è considerato soggetto passivo d’imposta ed è obbligato in solido con il bookmaker estero per conto del quale opera. Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate può richiedere il pagamento dell’intero importo a entrambi.

La normativa italiana sull’Imposta Unica Scommesse viola il diritto dell’Unione Europea?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e della Cassazione, la normativa italiana non è discriminatoria né costituisce un ostacolo ingiustificato alla libera prestazione di servizi, in quanto si applica indistintamente a tutti gli operatori e persegue obiettivi legittimi di interesse generale, come la tutela dell’ordine pubblico e dei consumatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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