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Imposta unica scommesse: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di scommesse estera, confermando la sua responsabilità solidale con un centro trasmissione dati (CTD) italiano per il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse. La Corte ha stabilito che la normativa, che impone il tributo anche a operatori privi di concessione, non viola il diritto dell’Unione Europea né i principi di non discriminazione o legittimo affidamento. La sentenza chiarisce che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo d’imposta, indipendentemente dalla sede o dalla presenza di una concessione statale.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Responsabilità Solidale tra Bookmaker Estero e CTD

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per il settore del gioco: la responsabilità per il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse. La decisione chiarisce in modo definitivo la posizione degli operatori esteri che raccolgono scommesse in Italia tramite intermediari, noti come Centri Trasmissione Dati (CTD). La Corte ha confermato che sia il bookmaker straniero sia il CTD locale sono solidalmente responsabili per il versamento del tributo, anche se operano senza una concessione statale.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di una nota società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica per l’anno 2011, relativa alle scommesse raccolte in Italia attraverso un CTD, gestito da un imprenditore locale in qualità di coobbligato solidale. La società estera, priva di concessione in Italia, aveva impugnato l’atto impositivo, ma le sue ragioni erano state respinte sia in primo che in secondo grado dalla Commissione Tributaria.

I Motivi del Ricorso e la questione dell’imposta unica scommesse

La società ricorrente ha basato la sua difesa in Cassazione su diversi motivi, sostenendo l’illegittimità dell’accertamento sotto molteplici profili:

* Mancata traduzione dell’atto: In via preliminare, si lamentava che l’avviso di accertamento non fosse stato tradotto in lingua inglese.
* Violazione della normativa tributaria: Si contestava l’identificazione del CTD e, di conseguenza, del bookmaker estero come soggetti passivi dell’imposta.
* Contrasto con il diritto dell’Unione Europea: Secondo la ricorrente, la normativa italiana sull’imposta unica scommesse violava i principi di parità di trattamento, non discriminazione e legittimo affidamento, specialmente considerando che la società era stata esclusa in passato dalle gare per l’assegnazione delle concessioni.
* Violazione della direttiva IVA: Si argomentava che l’imposta unica costituisse un’imposta sul volume d’affari vietata dalla normativa europea sull’IVA.
* Incertezza normativa: Infine, si richiedeva l’annullamento delle sanzioni per l’obiettiva condizione di incertezza sulla portata e l’applicazione delle norme.

Le Motivazioni della Cassazione sull’imposta unica scommesse

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una disamina dettagliata di ogni punto e consolidando un orientamento ormai granitico.

1. Sulla Traduzione dell’Atto: La Corte ha ribadito che nessuna norma impone la traduzione dell’atto impositivo. È onere del contribuente dimostrare di non aver potuto comprendere il contenuto dell’atto, prova che in questo caso non è stata fornita. Anzi, la società ha dimostrato di averne piena conoscenza articolando una complessa difesa in ogni grado di giudizio.

2. Sulla Soggettività Passiva: Il punto centrale della decisione riguarda la responsabilità solidale. La Cassazione ha richiamato la normativa nazionale (in particolare la legge di stabilità per il 2011) che ha interpretato la disciplina dell’imposta unica scommesse. Tale legge stabilisce che è soggetto passivo “chiunque”, anche in assenza di concessione, gestisce scommesse per conto proprio o di terzi. Se l’attività è svolta per conto di terzi (il bookmaker estero), quest’ultimo è obbligato solidalmente al pagamento. La Corte ha sottolineato come la Corte Costituzionale (sentenza n. 27/2018) abbia già convalidato questo impianto, precisando che per le annualità dal 2011 in poi, la responsabilità solidale è pienamente operante, in quanto le parti (CTD e bookmaker) hanno avuto la possibilità di adeguare i loro accordi contrattuali per ripartire il carico fiscale.

3. Sulla Compatibilità con il Diritto UE: La Corte ha respinto le censure di discriminazione, facendo leva sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-788/18). L’imposta unica scommesse si applica a tutti gli operatori che raccolgono gioco sul territorio italiano, senza distinzione tra soggetti nazionali o esteri, concessionari o meno. Pertanto, non crea alcuna restrizione discriminatoria. Ogni Stato membro ha il potere di regolamentare e tassare il settore dei giochi d’azzardo per tutelare l’ordine pubblico e i consumatori.

4. Sulla Questione IVA: Anche su questo punto, la Cassazione ha seguito la linea della Corte di Giustizia (causa C-440/2012), la quale ha chiarito che la direttiva IVA non vieta agli Stati membri di introdurre imposte specifiche sui giochi, a condizione che non abbiano le caratteristiche di un’imposta sul volume d’affari. L’imposta unica non lo è, in quanto non prevede un meccanismo di detrazione e si applica sull’importo scommesso, non sul valore aggiunto.

5. Sull’Incertezza Normativa: La Corte ha concluso che, per l’anno d’imposta 2011, non sussisteva alcuna incertezza interpretativa, poiché la legge di stabilità del 2010 aveva già chiarito in modo definitivo l’ambito di applicazione del tributo, sciogliendo ogni dubbio precedente.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un ulteriore, importante tassello nella definizione degli obblighi fiscali degli operatori del gioco che operano in Italia dall’estero. La decisione consolida il principio secondo cui la raccolta di scommesse sul territorio nazionale genera un presupposto impositivo in Italia, a prescindere dalla sede legale del bookmaker o dalla mancanza di una concessione. Viene confermata la piena legittimità del modello della responsabilità solidale tra l’intermediario locale (CTD) e il bookmaker estero, ponendo fine a molte delle contestazioni sollevate negli ultimi anni. Per gli operatori del settore, ciò significa che la struttura della loro rete distributiva in Italia ha implicazioni fiscali dirette e ineludibili.

Un bookmaker estero che opera in Italia tramite un centro trasmissione dati (CTD) è tenuto a pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il bookmaker estero è obbligato solidalmente con il CTD al pagamento dell’imposta, in quanto la legge identifica come soggetto passivo chiunque gestisca, anche per conto di terzi, la raccolta di scommesse in Italia, a prescindere dalla presenza di una concessione.

L’imposta unica sulle scommesse applicata a operatori esteri è discriminatoria secondo il diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che l’imposta non è discriminatoria perché si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, siano essi nazionali o esteri, con o senza concessione.

È obbligatorio tradurre un avviso di accertamento fiscale nella lingua del contribuente straniero?
No. Secondo la Corte non esiste una norma specifica che imponga la traduzione dell’atto impositivo. Spetta al contribuente dimostrare di non essere stato in grado di comprenderne il contenuto, ma il fatto stesso di essersi difeso in giudizio dimostra la piena conoscenza dell’atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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