Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11877 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11877 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24463/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. ROMA n. 333/2019 depositata il 29/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio di accoglimento del l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso sentenza della Commissione
Tributaria Provinciale (CTP) di Roma, che aveva rigettato il suo ricorso contro avviso di accertamento per l’anno 2010 in materia di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse.
La RAGIONE_SOCIALE ha accolto l’appello proposto dalla società ritenendo che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 14 febbraio 2018, n. 27, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto legislativo n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lett. b), della legge n. 220 del 2010, nella parte in cui prevedevano che, anche nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, i soggetti passivi dell’imposta unica sulle scommesse fossero le ricevitorie (o RAGIONE_SOCIALE– CTD) operanti per conto di bookmakers privi di concessione, era venuto meno il presupposto impositivo nei confronti dei CTD gestiti per conto terzi dalla ricevitoria e che, vertendosi in tema di imposta per l’anno 2010, accertata l’insussistenza dell’obbligazione principale, non si poteva configurare l’obbligazione solidale per il pagamento dell’imposta nei confronti dei soggetti per conto dei quali l’attività di raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse era esercitata.
Il ricorso si fonda su un motivo.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Nelle more, in data 11.1.2024, la RAGIONE_SOCIALE ha depositato telematicamente proposta di « conciliazione ai sensi dell’art. 48 bis d.lgs. n. 546/1992 e ss.mm. », con richiesta di rinvio d’udienza.
1.1. L’istanza deve essere rigettata.
1.2. L’art. 1, comma 1, lett. u) del d.lgs. n. 220/2023 , emesso in attuazione della legge delega per la riforma fiscale n. 111 del 2023, entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ovvero il 4 gennaio 2024, prevede l’inserimento nell’art. 48 (Conciliazione fuori udienza) del d.lgs. n. 546/92 del seguente comma 4-bis : «Le disposizioni del presente
articolo si applicano, in quanto compatibili, anche alle controversie pendenti davanti alla Corte di Cassazione »; l’art. 1, comma 1, lett. z), prevede, inoltre, che nell’art. 48-ter (Definizione e pagamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute), al comma 1 sono aggiunte le seguenti parole: « e nella misura del sessanta per cento del minimo previsto dalla legge in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del giudizio di Cassazione ».
1.3. Va osservato, in primo luogo, che, a differenza di quanto stabilito per la conciliazione fuori udienza dall’art. 48 cit. come modificato dal d.lgs. n. 220/23, per la conciliazione in udienza di cui all’art. 48 bis cit. , che contempla il differimento di udienza per il tentativo di conciliazione, non è prevista l’applicazione ai giudizi di legittimità, per i quali permane quindi il divieto di mero rinvio di udienza.
1.4. Va, inoltre, rilevato che, ai sensi dell’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 220 del 2023, « le disposizioni del presente decreto si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 1, comma 1, lettere d), e), f), i), n), o), p), q), s), t), u), v), z), aa), bb), cc) e dd) che si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto ». L’interpretazione letterale della norma, pertanto, è nel senso che le modifiche intervenute in tema di conciliazione si applicano ai giudizi instaurati a partire dal 4 gennaio 2024 e non anche, dunque, al presente giudizio.
Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 3 d.lgs. n. 504/1998 come interpretato dall’art. 1 comma 66 della l. n. 220/2010 e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 27/2018. Questa sentenza, pur dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della citata normativa nella parte in cui prevedeva che,
anche nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, fossero assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di bookmakers privi di concessione, non escludeva, però, l’assoggettamento di questi ultimi per gli anni di imposta precedenti al 2011.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. Il quadro normativo pertinente è stato sottoposto all’esame non solo della Corte costituzionale ma anche della Corte di giustizia (Corte giust., 19.12.2018, C-375/17, Corte giust., 26.2.2020, C-788/18), che ne hanno compiutamente esaminato le relazioni e la compatibilità rispettivamente con la Costituzione e con il diritto unionale.
2.3. La Corte di giustizia ha preso diretta e specifica cognizione della citata normativa e ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (Corte di giustizia, 26 febbraio 2020, causa C-788/18, punto 21), di modo che la normativa italiana « non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la RAGIONE_SOCIALE, nello Stato membro interessato ».
2.3.1. Più in particolare, secondo costante giurisprudenza unionale, nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale, costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi; di conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione
implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte di giustizia, 24 ottobre 2013, causa C440/12, 7 punto 47; Corte di giustizia, 8 settembre 2009, causa C42/07); il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nel comma 64 dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010, i propri obiettivi, tra i quali si colloca «…l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore»; la prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte di giustizia, causa C-788/18, citata, punto 23; Corte di giustizia, 1 dicembre 2011, causa C-253/09, punto 83).
2.3.2. La Corte di giustizia, dunque, ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, anzi, come ha pure sottolineato la Corte costituzionale (ancora con la sentenza n. 27 del 2018), a seguire la tesi prospettata dai bookmakers, si giungerebbe ad una discriminazione al contrario, in quanto la scelta legislativa « risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione …». In proposito, va evidenziato che la Corte di giustizia, al punto 17, in relazione al bookmaker, ha stabilito che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro e, al punto 24, ha specificato che «… la normativa
nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri » e ha concluso, col punto 24, che «… rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la RAGIONE_SOCIALE non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale ». Quanto al centro trasmissione dati, al punto 26, ha ribadito che il bookmaker estero esercita un’attività di gestione di scommesse « allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali » ed è per questo che il centro di trasmissione dati che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), della legge n. 220 del 2010, ma ciò non toglie (punto 28) che la situazione del centro trasmissione dati che trasmette i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali è diversa da quella del centro trasmissione che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro Stato membro; la diversità della situazione, pertanto, è in re ipsa per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un bookmaker estero; nel settore dei giochi d’azzardo, difatti, il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE concessioni costituisce «… un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti » (Corte di giustizia, 19 dicembre 2018, causa C375/17, RAGIONE_SOCIALE, punto 66, richiamata al punto 18 della sentenza della Corte di giustizia, causa C-788/18, citata).
2.4. Quanto alla giurisprudenza nazionale, la Corte costituzionale, con riferimento all’ambito soggettivo dell’imposta, ha dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione dell’art. 3 d.lgs. n. 504 del 1998 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa del 2010 (nel senso che era incerto se la pretesa
impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio); ma ha riconosciuto che il legislatore con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010 ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio: « Con la disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, il legislatore ha dunque esplicitato una possibile variante di senso della disposizione interpretata, ribadendo, da un lato, che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e stabilendo, altresì, che il generale concetto di ‘gestione’ include anche l’attività svolta ‘per conto di terzi’, compresi i bookmakers con sede all’estero e privi di concessione » (v., in particolare, par. 4.1.1.), esplicitando l’obbligo RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di bookmakers privi di concessione al versamento del tributo e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni, poiché svolgono anch’esse una attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione. A questo riguardo ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi” (ossia del titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (ossia al bookmaker) sia irragionevole. L’attività consiste, infatti, nella raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, il volume RAGIONE_SOCIALE quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Entrambi i soggetti partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” RAGIONE_SOCIALE scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento
RAGIONE_SOCIALE somme giocate, nonché del pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker. Né viola il principio della capacità contributiva la scelta di assoggettare all’imposta i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato. Ciò in quanto, attraverso la regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera, assolvendo la rivalsa funzione applicativa del principio di capacità contributiva.
2.5. La Corte costituzionale ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della l. n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, restando esclusa la possibilità, per la già cristallizzata determinazione in quel periodo dell’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni tra ricevitorie e bookmaker, di poter procedere alla traslazione dell’imposta.
2.6. I giudici RAGIONE_SOCIALE leggi hanno anche chiarito (punto 4.5) che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, la disposizione doveva essere applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che per le annualità d’imposta antecedenti al 2011, come nella specie (dove rileva l’anno d’imposta 2009), non rispondevano le ricevitorie, ma i bookmakers, con o senza concessione, in base alla combinazione dell’art. 3 decreto legislativo n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma
66, lett. a), della legge n. 220 del 2010, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale ( ex multis , Cass. n. 25450 del 2021; Cass. n. 4974 del 2024).
2.7. D’altronde, della sussistenza di autonomi rapporti obbligatori – che ai fini tributari sono avvinti dal nesso di solidarietà per conseguenza paritetica, e non già dipendente – non dubita la giurisprudenza civile di questa Corte (v. anche Cass. n. 15731 del 2015), neppure attagliandosi al rapporto tra il bookmaker e ricevitore lo schema della solidarietà dipendente, che ricorre, invece, quando uno dei coobbligati, pur non avendo realizzato un fatto indice di capacità contributiva, si trova in una posizione collegata con il fatto imponibile o con il contribuente, sulla base di un rapporto a cui il fisco resta estraneo (da ultimo Cass. n. 26489 del 2020).
Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice d’appello per nuovo esame e per provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
p.q.m.
accoglie il ricorso, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024.