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Imposta unica scommesse: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società estera di scommesse, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse relativa all’anno 2007. La Corte ha stabilito che l’imposta è dovuta anche da operatori esteri privi di concessione che raccolgono scommesse in Italia tramite centri di trasmissione dati (CTD). È stata ribadita la solidarietà paritetica nel pagamento del tributo tra il bookmaker e il CTD, e l’assenza di contrasto con i principi del diritto dell’Unione Europea in materia di libera prestazione di servizi e non discriminazione.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione Conferma la Tassazione dei Bookmaker Esteri

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza nel settore del gioco: l’applicazione dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia senza una concessione statale. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico, chiarendo in modo definitivo gli obblighi fiscali dei bookmaker internazionali e dei loro intermediari sul territorio nazionale, noti come Centri di Trasmissione Dati (CTD).

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione finanziaria a una società di scommesse con sede all’estero e, in solido, a un operatore italiano (CTD), per il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’annualità 2007. L’Amministrazione contestava un debito di oltre 57.000 euro. La società estera ha impugnato l’atto, sostenendo di non essere soggetto passivo del tributo in Italia. Dopo un percorso giudiziario nei gradi di merito, che ha visto respinte le sue tesi, la società ha proposto ricorso per cassazione, sollevando numerose questioni relative alla soggettività passiva, alla territorialità dell’imposta e alla compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione Europea.

La Decisione della Cassazione sull’imposta unica scommesse

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la piena legittimità della pretesa fiscale. La decisione si fonda su un’analisi approfondita della normativa e si allinea alle precedenti pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, offrendo un quadro giuridico chiaro e stabile.

Le motivazioni

La Corte ha smontato, punto per punto, gli otto motivi di ricorso presentati dalla società estera.

1. Soggettività Passiva e Solidarietà tra Bookmaker e CTD

Il punto centrale della controversia riguardava chi fosse il soggetto tenuto al pagamento dell’imposta. La Cassazione, richiamando la sentenza n. 27/2018 della Corte Costituzionale, ha ribadito che l’imposta è dovuta da chiunque, anche privo di concessione, gestisca la raccolta di scommesse in Italia. L’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse, che costituisce il presupposto del tributo, è svolta congiuntamente dal bookmaker estero e dal CTD italiano. Questo crea un vincolo di solidarietà paritetica: entrambi i soggetti sono considerati obbligati principali e sono responsabili in egual misura per il versamento dell’imposta. Non si tratta di una responsabilità dipendente (dove il CTD è un mero garante), ma di una responsabilità paritaria derivante dalla partecipazione comune al fatto imponibile.

2. Territorialità dell’Imposta

La società ricorrente sosteneva che il contratto di scommessa si concludesse all’estero, escludendo così la potestà impositiva dello Stato italiano. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che il fatto imponibile non è la conclusione del contratto, ma la gestione e la raccolta delle scommesse. Tali attività avvengono materialmente e indiscutibilmente sul territorio italiano per il tramite del CTD, che mette a disposizione i locali, riceve le giocate, incassa le somme e paga le vincite. È questa connessione territoriale a fondare legittimamente l’imposizione fiscale italiana.

3. Compatibilità con il Diritto dell’Unione Europea e l’imposta unica scommesse

Un altro argomento cruciale era la presunta violazione dei principi di libera prestazione di servizi e di non discriminazione sanciti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). La Cassazione, citando la giurisprudenza della Corte di Giustizia (in particolare la causa C-788/18), ha escluso qualsiasi contrasto. La normativa italiana sull’imposta unica scommesse si applica a tutti gli operatori che raccolgono gioco in Italia, indipendentemente dal luogo in cui hanno la loro sede legale. Non vi è quindi alcuna discriminazione tra operatori nazionali ed esteri. La Corte ha inoltre specificato che le differenze normative tra operatori con concessione e operatori senza concessione sono giustificate da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dei consumatori, la prevenzione delle frodi e la lotta al gioco illegale.

4. Assenza di Violazione del Contraddittorio Preventivo

La ricorrente lamentava la mancata notifica di un atto preventivo prima dell’avviso di accertamento, che avrebbe violato il suo diritto di difesa. La Corte ha chiarito che l’obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo si applica solo ai tributi armonizzati a livello europeo. L’imposta unica sulle scommesse non rientra in questa categoria, pertanto l’obbligo sussiste solo se espressamente previsto dalla legge nazionale, cosa che in questo caso non avviene. La censura è stata quindi ritenuta infondata.

Le conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione rappresenta un punto fermo nella disciplina fiscale del gioco online e delle scommesse raccolte da operatori esteri. La decisione conferma che il criterio determinante per l’applicazione dell’imposta unica scommesse è lo svolgimento dell’attività di raccolta sul territorio italiano, rendendo irrilevante la sede legale del bookmaker o l’assenza di una concessione. Viene consolidato il principio della responsabilità solidale e paritetica tra il bookmaker estero e il suo intermediario locale (CTD), rafforzando gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero del tributo. Infine, la sentenza riafferma la piena compatibilità di questo impianto normativo con i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea, bilanciando la libertà del mercato con le esigenze di tutela dell’ordine pubblico e di contrasto all’evasione fiscale.

Un bookmaker estero senza concessione in Italia deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo dell’imposta, indipendentemente dal possesso di una concessione statale o dal luogo in cui ha la propria sede legale.

Chi è responsabile del pagamento dell’imposta: il bookmaker estero o il centro di raccolta scommesse (CTD) in Italia?
Entrambi. La Corte ha stabilito che esiste una ‘solidarietà paritetica’, il che significa che sia il bookmaker estero sia il CTD italiano sono considerati obbligati principali e sono ugualmente responsabili per l’intero pagamento del tributo, poiché entrambi partecipano all’organizzazione e all’esercizio dell’attività di scommessa.

La tassazione dei bookmaker esteri viola il diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte di Cassazione, in linea con la Corte di Giustizia dell’UE, ha stabilito che il regime fiscale italiano non è discriminatorio né costituisce una restrizione ingiustificata alla libera prestazione di servizi. L’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia e le differenze normative rispetto agli operatori concessionari sono giustificate da motivi di interesse generale, come la lotta al gioco illegale e la tutela dei consumatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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