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Imposta unica scommesse: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9417/2024, ha respinto il ricorso di una società di scommesse estera, confermando la sua soggezione all’imposta unica scommesse per gli anni 2008-2009. La Corte ha stabilito che l’imposta è dovuta da chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano, anche se privo di concessione statale e basato all’estero. La decisione si fonda sulla non discriminatorietà della normativa italiana rispetto al diritto UE, come già affermato dalla Corte di Giustizia, e ribadisce che la passata esclusione dalle gare per le concessioni non esonera dagli obblighi fiscali.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione Conferma il Pagamento per i Bookmaker Esteri

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel settore del gioco: l’imposta unica scommesse è dovuta da chiunque raccolga puntate sul territorio italiano, anche se si tratta di un operatore estero privo di concessione statale. La decisione chiarisce che l’essere stati in passato oggetto di discriminazione nell’accesso al sistema concessorio non crea una ‘zona franca’ fiscale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso di una società di scommesse con sede a Malta e della sua controllante contro l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’Agenzia aveva notificato due avvisi di accertamento per il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse relative agli anni fiscali 2008 e 2009. La società estera operava in Italia tramite una rete di Centri Trasmissione Dati (CTD), raccogliendo scommesse pur essendo priva della necessaria concessione governativa.

La società ricorrente sosteneva, tra le altre cose, che l’imposizione fosse illegittima e discriminatoria, poiché le era stato impedito di partecipare al mercato italiano a causa di bandi di gara ritenuti non conformi al diritto dell’Unione Europea. Secondo la sua tesi, l’applicazione retroattiva dell’imposta aveva una natura sanzionatoria e violava i principi di parità di trattamento e legittimo affidamento.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Imposta Unica Scommesse

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la piena legittimità della pretesa fiscale. Gli Ermellini hanno stabilito che il presupposto per l’applicazione dell’imposta unica scommesse è la raccolta del gioco sul territorio dello Stato, un’attività che la società estera ha pacificamente svolto attraverso i suoi CTD. La Corte ha basato la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale, rafforzato da pronunce chiave della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si articola su diversi punti cruciali che meritano un’analisi approfondita.

1. L’Applicabilità del Tributo Indipendentemente dalla Concessione

Il fulcro della motivazione risiede nel principio secondo cui il presupposto impositivo è l’esercizio dell’attività di organizzazione e raccolta di scommesse in Italia. La legge, come interpretata autenticamente nel 2010, stabilisce che chiunque gestisca scommesse, anche se ubicato all’estero e privo di concessione, è soggetto passivo d’imposta. Il riconoscimento della liceità dell’attività della società (a seguito delle discriminazioni subite) non implica un’esenzione fiscale, ma al contrario, ne postula la soggezione alle regole tributarie vigenti.

2. Assenza di Discriminazione e Conformità al Diritto UE

La Corte ha respinto la tesi della discriminazione, richiamando una specifica sentenza della Corte di Giustizia (causa C-788/18) che ha esaminato proprio la normativa italiana in questione. I giudici europei hanno concluso che l’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, senza distinzione basata sul luogo di stabilimento. Pertanto, la normativa non ostacola la libera prestazione di servizi e non crea svantaggi per gli operatori esteri rispetto a quelli nazionali.

3. La Natura della Responsabilità Fiscale tra Bookmaker e CTD

Un altro aspetto rilevante è la qualificazione del rapporto tra il bookmaker estero e il CTD italiano. La Cassazione chiarisce che si tratta di una solidarietà paritetica. Ciò significa che entrambi i soggetti realizzano una parte del presupposto impositivo e sono responsabili per l’intero debito tributario. Non si tratta di una responsabilità sussidiaria (in cui prima si deve escutere uno e poi l’altro), ma di un’obbligazione autonoma che grava su entrambi i gestori.

4. La Questione del Contraddittorio Preventivo

Infine, la Corte ha rigettato il motivo relativo alla violazione del contraddittorio endoprocedimentale. Poiché l’imposta unica non è un tributo armonizzato a livello europeo, si applica il diritto nazionale. La giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite (sent. 24823/2015) ha stabilito che, in assenza di una specifica previsione di legge, non esiste un obbligo generalizzato per l’amministrazione di sentire il contribuente prima di emettere un accertamento ‘a tavolino’, basato sui dati disponibili.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 9417/2024 consolida un principio di estrema importanza: l’obbligo di contribuire alle spese pubbliche attraverso il pagamento delle imposte è intrinsecamente legato all’esercizio di un’attività economica sul territorio dello Stato, a prescindere dal possesso di titoli autorizzativi. La Corte di Cassazione, in linea con le corti superiori nazionali ed europee, ha chiarito che la tutela contro pratiche discriminatorie nell’accesso al mercato non può tradursi in un’immunità fiscale. Gli operatori di scommesse che scelgono di operare in Italia devono sottostare alle leggi tributarie del Paese, garantendo così equità e lealtà fiscale nel settore del gioco.

Un operatore di scommesse estero che raccoglie gioco in Italia senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il presupposto dell’imposta è la raccolta di scommesse sul territorio italiano. Pertanto, chiunque svolga tale attività è soggetto passivo del tributo, indipendentemente dal fatto che sia basato all’estero o privo di una concessione statale.

La tassazione dei bookmaker esteri senza concessione rappresenta una discriminazione vietata dal diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte di Cassazione, richiamando una precedente sentenza della Corte di Giustizia UE, ha escluso qualsiasi discriminazione. La normativa fiscale italiana si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte in Italia, senza alcuna distinzione basata sul luogo di stabilimento (Italia o altro Stato membro).

Che tipo di responsabilità esiste tra il bookmaker estero e il centro di trasmissione dati (CTD) italiano ai fini dell’imposta unica?
La Corte ha stabilito che si tratta di una ‘solidarietà paritetica’. Questo significa che sia il bookmaker estero sia il gestore del CTD sono considerati soggetti passivi dell’imposta e sono entrambi obbligati per l’intero importo dovuto. Il Fisco può richiedere il pagamento a uno qualsiasi dei due soggetti, poiché entrambi partecipano alla gestione dell’attività che genera il presupposto del tributo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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