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Imposta unica scommesse: la Cassazione conferma la tassa

Un operatore di scommesse estero ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’imposta unica scommesse per l’anno 2014, sostenendo la violazione del diritto UE e l’illegittimità dell’imposizione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che l’imposta si applica a tutte le scommesse raccolte sul territorio italiano, indipendentemente dalla sede dell’operatore o dalla presenza di una concessione. È stata inoltre ribadita la responsabilità solidale tra il bookmaker estero e il Centro Trasmissione Dati (CTD) locale, ritenendo la normativa non discriminatoria e conforme ai principi europei.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Legittima per i Bookmaker Esteri secondo la Cassazione

Con l’ordinanza n. 7459 del 20 marzo 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale per il settore del gioco, confermando la piena legittimità dell’imposta unica scommesse anche per gli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia tramite Centri Trasmissione Dati (CTD). Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale, chiarendo i confini della potestà impositiva dello Stato italiano e la responsabilità solidale degli attori della filiera.

I Fatti del Caso: Il Contenzioso tra Bookmaker Estero e Fisco

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento da parte di una società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva richiesto il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2014, ritenendo la società estera e il gestore del CTD locale coobbligati in solido. Il bookmaker estero contestava la pretesa fiscale, sollevando una serie di eccezioni che spaziavano dalla violazione del diritto dell’Unione Europea alla carenza dei presupposti soggettivi e territoriali dell’imposta.

Le Doglianze del Ricorrente e la Posizione della Corte

La società ricorrente basava la sua difesa su diversi argomenti, tra cui:

* La presunta violazione dei principi di libera prestazione di servizi e di non discriminazione sanciti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
* L’erroneo riconoscimento del presupposto soggettivo dell’imposta in capo al CTD e, di conseguenza, al bookmaker estero.
* L’illegittimità dell’avviso di accertamento perché non tradotto in lingua inglese.

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo un’analisi dettagliata e allineata sia alla giurisprudenza nazionale (inclusa quella della Corte Costituzionale) sia a quella europea (Corte di Giustizia UE).

Analisi della Decisione sull’Imposta Unica Scommesse

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della società ricorrente, consolidando principi di diritto di notevole importanza pratica.

Nessuna Discriminazione secondo il Diritto UE

Richiamando una precedente sentenza della Corte di Giustizia (causa C-788/18), la Cassazione ha ribadito che l’imposta unica non è discriminatoria. Essa, infatti, si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza alcuna distinzione basata sul luogo di stabilimento. La normativa italiana non vieta, né ostacola, né rende meno attraenti le attività di un operatore estero rispetto a uno nazionale. L’obiettivo della legge è garantire la lealtà fiscale nel settore e prevenire l’evasione, obiettivi considerati motivi imperativi di interesse generale che giustificano eventuali restrizioni alla libera prestazione di servizi.

La Responsabilità Solidale tra Bookmaker e CTD

Questo è uno dei punti centrali della decisione. La Corte ha confermato la validità della responsabilità solidale tra il bookmaker estero (mandante) e il CTD (intermediario) per l’anno d’imposta 2014. Viene richiamata la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/2018), la quale aveva dichiarato l’illegittimità della norma solo per le annualità precedenti al 2011. La ragione di quella pronuncia risiedeva nell’impossibilità per i CTD di trasferire il carico fiscale sul bookmaker, poiché i contratti erano stati stipulati prima dell’introduzione della norma interpretativa del 2010. Per il 2014, invece, le parti erano pienamente consapevoli del quadro normativo e avevano la possibilità di adeguare i loro accordi commerciali. Entrambi i soggetti, sebbene con ruoli diversi, partecipano all’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse, giustificando così la loro responsabilità solidale.

Questioni Territoriali e Validità dell’Avviso

La Corte ha chiarito che il presupposto dell’imposta è la prestazione del servizio di gioco sul territorio italiano. Il fatto imponibile si realizza con la raccolta delle scommesse in Italia, attraverso l’attività del CTD. È irrilevante dove avvenga la conclusione formale del contratto di scommessa. Infine, è stato respinto l’argomento sulla mancata traduzione dell’avviso di accertamento. Non esiste alcuna norma che lo imponga e, soprattutto, la società ha dimostrato di averne compreso appieno il contenuto, avendo presentato articolate difese in ogni grado di giudizio.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sistematica e teleologica della normativa tributaria in materia di giochi. Il presupposto impositivo non è la singola “giocata”, ma il servizio complessivo di organizzazione e raccolta delle scommesse che viene offerto sul territorio dello Stato. Questo servizio si concretizza attraverso la rete dei CTD, che agiscono come terminali operativi del bookmaker estero. La Corte ha sottolineato come la scelta legislativa di prevedere una responsabilità solidale risponda all’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale, evitando che operatori al di fuori del sistema concessorio possano beneficiare di un’irragionevole esenzione d’imposta. Per quanto riguarda l’annualità 2014, successiva alla legge interpretativa del 2010 e alla pronuncia della Corte Costituzionale, il quadro normativo era chiaro. Le parti (bookmaker e CTD) avevano tutti gli strumenti per regolare i loro rapporti contrattuali tenendo conto dell’onere fiscale, potendo prevedere meccanismi di rivalsa. La responsabilità del bookmaker, anche se privo di concessione, non è mai stata messa in discussione, né dalla Corte Costituzionale né dalla giurisprudenza unionale, in quanto soggetto che trae profitto dall’attività di gioco svolta in Italia.

le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un punto fermo per tutti gli operatori del settore delle scommesse. Le implicazioni pratiche sono chiare: qualsiasi bookmaker, anche se stabilito in un altro Stato membro dell’UE e privo di concessione italiana, che raccolga scommesse sul territorio nazionale tramite intermediari, è soggetto all’imposta unica. Inoltre, tale operatore è responsabile in solido con il gestore locale del CTD per il versamento del tributo. La decisione rafforza la posizione dell’Amministrazione finanziaria nella lotta all’evasione fiscale nel settore del gioco e conferma che l’esercizio di un’attività economica in Italia comporta l’integrale assoggettamento al suo ordinamento tributario, nel pieno rispetto dei principi europei.

Un bookmaker estero che opera in Italia senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti e dal fatto che abbiano o meno una concessione statale.

Anche il Centro Trasmissione Dati (CTD) è responsabile per il pagamento dell’imposta?
Sì, per le annualità d’imposta come il 2014, il CTD è responsabile in solido con il bookmaker estero. La Corte Costituzionale ha limitato l’illegittimità di questa responsabilità solidale solo per i periodi antecedenti al 2011.

La normativa italiana sull’imposta unica sulle scommesse è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea?
No. Secondo la Corte di Cassazione, che si allinea alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la normativa italiana non è discriminatoria né viola il principio della libera prestazione di servizi, in quanto si applica indistintamente a operatori nazionali ed esteri ed è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dei consumatori e dell’ordine pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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