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Imposta unica scommesse: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un bookmaker estero e del suo centro trasmissione dati, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse relativa al 2012. La Corte ha stabilito che entrambi i soggetti sono solidalmente responsabili per il tributo, in quanto l’attività di ‘gestione’ delle scommesse si realizza in Italia attraverso il CTD. È stata inoltre esclusa ogni violazione del diritto dell’Unione Europea, sia sotto il profilo della discriminazione che della presunta natura di imposta sulla cifra d’affari.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: la Cassazione Fa Chiarezza su Bookmaker Esteri e CTD

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato in modo esaustivo la questione dell’imposta unica scommesse, confermando la sua applicabilità sia ai bookmaker esteri privi di concessione sia ai loro Centri Trasmissione Dati (CTD) operanti in Italia. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per il settore del gioco, chiarendo i confini della responsabilità fiscale e la piena compatibilità della normativa italiana con i principi dell’Unione Europea.

I Fatti del Caso

La controversia nasce dal ricorso presentato da una società di scommesse con sede a Malta e da un suo CTD italiano contro un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’Agenzia richiedeva il pagamento dell’imposta unica, oltre a interessi e sanzioni, per l’anno d’imposta 2012. Le società ricorrenti sostenevano l’illegittimità della pretesa fiscale basandosi su una serie di motivi, sia procedurali che di merito. Tra questi, spiccavano la mancata traduzione dell’atto in inglese per la società estera, la presunta violazione del diritto di difesa, l’errata individuazione dei soggetti passivi del tributo e, soprattutto, la presunta incompatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione Europea.

La Decisione della Corte e l’Imposta Unica Scommesse

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la validità dell’accertamento fiscale. La decisione si fonda su un’analisi dettagliata dei principi che regolano l’imposta, allineandosi a precedenti sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

La Responsabilità Solidale di Bookmaker e CTD

Uno dei punti centrali della pronuncia riguarda l’individuazione dei soggetti tenuti al pagamento. La Corte ha ribadito che l’obbligazione tributaria sorge in capo a chiunque ‘gestisca’ l’esercizio delle scommesse in Italia. Questa attività di ‘gestione’ non è svolta solo dal bookmaker estero, ma anche dal CTD che, sul territorio nazionale, raccoglie materialmente le giocate, incassa le somme e paga le vincite.

Di conseguenza, entrambi i soggetti partecipano alla realizzazione del presupposto impositivo e sono considerati condebitori solidali. Si tratta di una ‘solidarietà paritetica’, in cui nessuna posizione è subordinata all’altra, e l’Amministrazione finanziaria può richiedere l’intero importo a ciascuno di essi.

Compatibilità con il Diritto Europeo

I ricorrenti avevano sostenuto che l’imposta unica scommesse violasse i principi di non discriminazione e di libera prestazione dei servizi (artt. 49 e 56 TFUE), e che costituisse un’imposta sulla cifra d’affari vietata dalla direttiva IVA (2006/112/CE). La Cassazione ha respinto entrambe le argomentazioni, richiamando le sentenze della Corte di Giustizia UE. È stato chiarito che la normativa italiana non è discriminatoria, poiché si applica a tutti gli operatori, nazionali o esteri, che gestiscono scommesse in Italia. Inoltre, l’imposta non è assimilabile a un’imposta sul volume d’affari, ma è un tributo speciale sui giochi, espressamente consentito dalla normativa europea.

Le Motivazioni della Sentenza sull’Imposta Unica Scommesse

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso.

Per quanto riguarda la mancata traduzione dell’atto, i giudici hanno osservato che nessuna norma impone la traduzione degli atti fiscali per una società estera che opera stabilmente in Italia, la cui conoscenza della lingua italiana è presunta.

Sulla presunta violazione del diritto di difesa, è stato ritenuto che la richiesta di rinvio dell’udienza per impedimento dei legali fosse stata correttamente respinta, non essendo stata dimostrata l’impossibilità di una loro sostituzione.

Nel merito, la motivazione si è concentrata sul concetto di ‘gestione’ come presupposto dell’imposta. Questa si realizza concretamente in Italia attraverso la rete dei CTD, rendendo irrilevante la sede legale estera del bookmaker ai fini della territorialità del tributo. La Corte ha sottolineato come la legge interpretativa del 2010 (L. n. 220/2010) avesse già chiarito in modo inequivocabile l’assoggettamento a imposta anche degli operatori senza concessione, eliminando ogni possibile condizione di incertezza normativa per le annualità successive al 2011, come quella in esame.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un punto fermo nell’interpretazione della normativa sull’imposta unica scommesse. Le conclusioni che se ne possono trarre sono nette:

1. Responsabilità Estesa: Sia i bookmaker esteri che i CTD che operano per loro conto in Italia sono soggetti passivi d’imposta e rispondono in solido del suo pagamento.
2. Territorialità: Il presupposto impositivo si radica in Italia se qui avviene la raccolta e la gestione delle scommesse, a prescindere dalla localizzazione del server o della sede legale del bookmaker.
3. Piena Conformità Europea: La disciplina italiana è stata giudicata pienamente conforme al diritto dell’Unione Europea, senza profili di discriminazione o di violazione della normativa IVA.

Questa pronuncia rafforza la posizione dell’Amministrazione finanziaria nella lotta all’evasione nel settore del gioco e fornisce agli operatori un quadro giuridico chiaro e stabile sulle loro obbligazioni fiscali in Italia.

Chi è tenuto a pagare l’imposta unica sulle scommesse in Italia?
Sono tenuti al pagamento in solido sia il bookmaker (anche se estero e privo di concessione) sia il Centro Trasmissione Dati (CTD) che opera in Italia per suo conto. Entrambi i soggetti sono considerati ‘gestori’ dell’attività di scommessa e quindi soggetti passivi del tributo.

L’imposta unica sulle scommesse è contraria al diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che l’imposta non viola i principi di non discriminazione e libera prestazione dei servizi, in quanto si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse sul territorio italiano. Inoltre, non è un’imposta sulla cifra d’affari vietata dalla direttiva IVA, ma un tributo speciale sui giochi consentito.

Un avviso di accertamento notificato a una società estera deve essere tradotto nella sua lingua?
No, secondo la Corte non esiste alcun obbligo di traduzione degli atti amministrativi in ambito tributario, specialmente quando la società estera opera da tempo in Italia, circostanza che fa presupporre una conoscenza della lingua italiana da parte dei suoi responsabili territoriali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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