Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9046 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9046 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 16355-2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. , rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (EMAIL), presso la quale è elett.te dom.ta;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE.CODICE_FISCALE. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE, che lo rapp. e dif. (EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6127/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 05/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che l’ RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha provveduto nei propri confronti, quale coobbligato in solido con la RAGIONE_SOCIALE (titolare di un Centro di Trasmissione Dati -C.T.D.) operante nel territorio italiano, a riprese per imposta unica sulle scommesse raccolte dal C.T.D. relativamente all’anno di imposta 2009 ;
che la contribuente impugnò detto provvedimento innanzi alla C.T.P. di Roma che, con sentenza n. 8781/2017, rigettò il ricorso;
che la RAGIONE_SOCIALE propose, quindi, appello innanzi alla C.T.R. del Lazio, la quale, con sentenza n. 6127/2019, depositata il 05/11/2019 rigettò il gravame, ritenendo -per quanto in questa sede ancora rileva -legittima la ripresa operata dall’Ufficio, alla luce di quanto disposto dall’art. 1, comma 66, della l. n. 220 del 2010, di interpretazione autentica dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998;
che avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo formulato ‘in via pregiudiziale’, due motivi formulati ‘in via preliminare’ ed altri quattro motivi formulati ‘nel merito’; si è costituita con controricorso l’ RAGIONE_SOCIALE;
Ritenuto di dovere disattendere, in via preliminare, la richiesta di rinvio della causa a nuovo ruolo, per la relativa trattazione in pubblica udienza (cfr. p. 140 del ricorso), in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass., Sez. U, 5.6.2018, n. 14437), né vertendosi in ipotesi di decisione avente rilevanza nomofilattica (Cass., Sez. U, 23.4.2020, n. 8093);
Rilevato che con il primo motivo proposto ‘in via pregiudiziale’ parte ricorrente avanza ‘ nuova richiesta di rinvio pregiudiziale’ (cfr. ricorso, p. 25) alla C.G.U.E. ‘ per l’interpretazione degli artt. 56, 57 e 52 del TFUE ‘ (cfr. ricorso, p. 3);
che l’istanza in questione va disattesa;
che le imposte sui giochi d’azzardo non hanno natura armonizzata: sicché i giochi d’azzardo rilevano, ai fini del diritto unionale, in relazione alle norme concernenti la libera prestazione di servizi presidiata dall’art. 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 17);
che, nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, secondo costante giurisprudenza unionale, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento ad una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale, costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: per conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni RAGIONE_SOCIALE membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte Giust., 8 settembre 2009, in causa C-42/07; Corte Giust., 24 ottobre 2013, in causa C-440/12, punto 47);
che il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nell’art. 1, comma 64, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, i propri obiettivi, tra i quali si colloca ‘ (…) l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e
gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore ‘;
che la prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno RAGIONE_SOCIALE membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 23; per analogia: Corte Giust.,1° dicembre 2011, in causa C-253/09, punto 83);
che la normativa italiana ha superato il vaglio della giurisprudenza unionale, avendo la C.G.U.E. escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali ed esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 21), di modo che la normativa italiana ‘ non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la (omissis), nello RAGIONE_SOCIALE membro interessato ‘. Anzi, come sottolineato da Corte Cost., 23 gennaio 2018, n. 27, a seguire la tesi prospettata in ricorso si giungerebbe ad una discriminazione al contrario: la scelta legislativa ‘ risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione (…) ‘;
che neppure sussiste incongruenza tra i punti 17, 26 e 28 di quella sentenza: con il punto 17, in relazione al bookmaker , ci si limita a stabilire in via generale che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro RAGIONE_SOCIALE membro; ma col
punto 24 si specifica, in concreto, che ‘ (…) la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri ‘; sicché, si conclude col punto 24, ‘ (…) rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la (omissis) non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale ‘;
che quanto, poi, al centro di trasmissione dei dati -pur non trattandosi di parte in causa nel presente giudizio – il punto 26 si limita a ribadire che il bookmaker estero esercita un’attività di gestione di scommesse ‘ allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali ‘ ed è per questo che il centro di trasmissione dei dati che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, 1, lett. b, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220. Ma ciò non toglie, si aggiunge col punto 28, che la situazione del centro trasmissione dei dati che trasmette i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali è diversa da quella del centro trasmissione dati che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro RAGIONE_SOCIALE membro. La statuizione non è affatto oscura, giacché la diversità della situazione è in re ipsa , per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un bookmaker estero: nel settore dei giochi d’azzardo, difatti, il ricorso al sistema delle concessioni costituisce ‘ (…) un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti ‘ (Corte Giust., 19 dicembre 2018, in causa C -375/17, punto 66, richiamata da Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C788/18, punto 18); e ciò in conformità agli obiettivi perseguiti dal
legislatore italiano, dinanzi indicati, come puntualmente rimarcato dalla Corte di giustizia. Di qui l’esclusione, anche con riguardo alla posizione del centro trasmissione dati, di qualsiasi restrizione discriminatoria: se ne è concluso, infatti, che ‘ l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa di uno RAGIONE_SOCIALE membro che assoggetti ad imposta sulle scommesse i Centri RAGIONE_SOCIALE Trasmissione RAGIONE_SOCIALE Dati stabiliti in tale RAGIONE_SOCIALE membro e, in solido e in via eventuale, gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in un altro RAGIONE_SOCIALE membro, indipendentemente dall’ubicazione della sede di tali operatori e dall’assenza di concessione per l’organizzazione delle scommesse ‘;
che, alla luce di quanto precede, non si ravvisa necessità alcuna di promuovere dinanzi alla Corte di Giustizia le questioni sollecitate che, per un verso, si risolvono in una sterile (per le ragioni esposte) critica della sentenza resa nella causa C-788/18 (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18), e, per altro verso, sembrano postulare che la Corte di Giustizia abbia riconosciuto nella propria giurisprudenza precedente la legittimità della gestione delle attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei centri di trasmissione dati, laddove essa, come lo stesso giudice unionale ha sottolineato, ‘ (…) pur avendo constatato l’incompatibilità con il diritto dell’Unione di alcune disposizioni delle gare avviate per l’attribuzione di contratti di concessione di servizi connessi ai giochi d’azzardo, non si è pronunciata sulla legittimità della gestione delle attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei CTD in quanto tale ‘ (Corte Giust., 19 dicembre 2018, in causa C -375/17, punto 67);
che con il primo motivo proposto ‘in via preliminare’ la ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) della ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4,
c.p.c….omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento a tutte le domande oggetto di causa ‘ (cfr. ricorso, p. 58), per avere la C.T.R. omesso di pronunciare in relazione ‘ a tutte le doglianze sollevate dalla ricorrente ‘ in relazione a tutti i presupposti (soggettivo, oggettivo e territoriale) applicativi dell’imposta sulle scommesse;
che con il primo motivo ‘nel merito’ parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) la ‘ nullità della sentenza -errore in procedendo -omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del D.Lgs. 504/1998, come interpretato dall’art. 1, comma 66, lett. b), della l. 220/2010…in merito al presupposto soggettivo dell’imposta ‘ (cfr. ricorso, p. 62);
che con il secondo motivo la difesa della RAGIONE_SOCIALE si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) della ‘ nullità della sentenza -errore in procedendo -omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del D.Lgs. 504/1998, come interpretato dall’art. 1, comma 66, lett. b), della l. 220/2010…in merito al presupposto soggettivo dell’imposta’ (cfr. ricorso, p. 90), sebbene, in realtà, il motivo sia sviluppato in relazione alla lamentata nullità della sentenza, per error in procedendo della C.T.R., conseguente alla omessa pronuncia in merito alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. b), l. 288/1998, rispetto alle difese svolte dalla contribuente quanto alla insussistenza del presupposto territoriale dell’imposta;
che con il terzo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 4, cod. proc. civ.) la ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 49 e 56 TFUE, e dei principi del diritto dell’unione di parità di trattamento e non discriminazione, nonché del principio del
legittimo affidamento, con riferimento all’art. 1, comma 66, della legge di stabilità 2011 ‘ (cfr. ricorso, p. 96), sollevando, altresì, istanza di rinvio pregiudiziale alla C.G.U.E.;
che i motivi -suscettibili di trattazione congiunta, per identità delle questioni gli stessi sottese -sono inammissibili e, in ogni caso, infondati;
che va anzitutto evidenziato come tutti i motivi pecchino di specificità, ex art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., per non avere parte ricorrente trascritto in ricorso, nel silenzio della gravata decisione al riguardo, se e come le questioni rispetto alle quali la RAGIONE_SOCIALE lamenta in questa sede il vizio di omessa pronuncia da parte della C.T.R. furono proposte nei gradi di merito: ed infatti, nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma
solo alla verifica degli stessi (Cass., Sez. 2, 14.10.2021, n. 28072, Rv. 662554-01);
che a quanto precede in ogni caso aggiungasi che, a tutto volere, non di omessa pronunzia si tratterebbe, nella specie, quanto, piuttosto di rigetto implicito (per incompatibilità, arg. da Cass., Sez. 3, 8.5.2023, n. 12131) delle questioni di cui si è detto, come chiaramente evincibile dal richiamo, contenuto nella sentenza impugnata a sostegno della decisione della C.T.R., a Corte. Cost. n. 27 del 2018, che (anche) i profili in commento ebbe ad esaminare;
che -a tutto volere e per mera completezza espositiva – la decisione assunta dalla C.T.R. (quanto alla sussistenza, nella specie, dei requisiti per l’applicazione dell’imposta unica) è, comunque, perfettamente in linea con il consolidato orientamento, sul punto, di questo giudice di legittimità: ed infatti, la questione sottoposta allo scrutinio del collegio è stata oggetto di approfondito esame da parte di questa Corte in numerosi precedenti (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, 31 marzo 2021, nn. 8907, 8908, 8809 e 8910; Cass., Sez. 5, 1 aprile2021, nn. 9080 e 9081; Cass., Sez. 5, 2 aprile 2021, nn. 9144, 9145, 9146, 9147, 9148, 9149, 9151, 9152, 9153, 9160, 9162 e 9168; Cass., Sez. 5, 12 aprile 2021, nn. 9516, 9528, 9529, 9530, 9531, 9532, 9533 e 9534; Cass., Sez. 5, 14 aprile 2021, nn. 9728, 9729, 9730, 9731, 9732, 9733, 9734 e 9735; Cass., Sez. 5, 21 aprile 2021, nn. 10472 e 10473; Cass. sez. 6-5, n. 29366 del 2022) che si richiamano anche quali precedenti specifici, ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ.;
che, all’esito di una compiuta ed analitica ricostruzione del sistema dell’imposta unica, fondata anche sui recenti interventi della Corte Costituzionale (sentenza 23.1.2018, n. 27) e della C.G.U.E. (sentenza 26 febbraio 2020, in causa C-788/18), questa Corte ha ormai da tempo chiarito, ai fini che in questa sede rilevano, che: a) in tema di
imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, è soggetto passivo anche il titolare della ricevitoria operante per conto di bookmakers esteri privi di concessione poiché, pur non partecipando direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque attività gestoria che costituisce il presupposto impositivo, assicurando la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, e occupandosi della trasmissione all’allibratore dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate nonché, secondo le procedure e istruzioni fornite dallo stesso, del pagamento delle vincite (Rv. 660937-01); b) l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è applicabile a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti sicché, dovendosi escludere qualsivoglia restrizione discriminatoria tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, nonché un pregiudizio alla libertà di prestazione di servizi, il centro di trasmissione che invii i dati di gioco per conto di allibratore privo di concessione avente sede in altro RAGIONE_SOCIALE membro, operando quale suo intermediario allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali “concessionati”, è soggetto passivo d’imposta a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), l. n. 220 del 2010, godendo altrimenti di un’irragionevole esenzione – contrastante col principio di lealtà fiscale – per il solo fatto di porsi al di fuori del sistema concessorio, funzionale a prevenire infiltrazioni criminali nel settore del gioco (CGUE 26 febbraio 2020, causa 788-18, punti 18 e 21) (Rv. 660937 – 02); c) in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della l. n. 220 del 2010, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore (cfr. il § 10 della motivazione); d) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del
d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della l. n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può difatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla l. n. 220 cit. (cfr. il § 9.1 della motivazione); e) l’imposta di cui si discute non ha natura armonizzata, sicché i giochi d’azzardo rilevano, ai fini del diritto unionale, in relazione alle norme concernenti la libera prestazione di servizi presidiata dall’art. 56 del TFUE (Corte giust. 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 17) (cfr. il § 11 della motivazione);
che non può, dunque, seguirsi la linea difensiva della ricorrente, secondo cui l’obbligazione solidale del bookmaker privo di concessione, delineata dalla disposizione interpretativa del 2010, sarebbe da qualificarsi quale dipendente, con la conseguenza che, venendo meno la configurabilità della responsabilità principale della ricevitoria (trattandosi dell’anno di imposta 2009), correlativamente verrebbe meno anche quella dipendente del bookmaker : la Corte Costituzionale ha infatti chiarito -come detto – che entrambi i soggetti (la ricevitoria e il bookmaker ), partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di ‘ organizzazione ed esercizio ‘ delle scommesse soggetta a imposizione, svolgendo entrambi l’attività gestoria delle scommesse, sicché la pronuncia di incostituzionalità, se da un lato ha inciso sulla parte della norma interpretativa in cui ha configurato, per il periodo precedente all’entrata in vigore, la responsabilità della
ricevitoria, non ha comunque fatto venire meno la responsabilità del bookmaker privo di concessione;
che, in particolare, la Corte Costituzionale, con riferimento all’ambito soggettivo dell’imposta, ha -come detto – dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione dell’art. 3 del D. Lgs. n. 504 del 1998 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220 (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio); ma ha riconosciuto che il legislatore, con l’art. 1, comma 66, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, da un canto, ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e, d’altro canto, ha esplicitato l’obbligo delle ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di bookmakers privi di concessione al versamento del tributo e delle relative sanzioni. A questo riguardo ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del ‘ gestore per conto terzi ‘ (ossia del titolare di ricevitoria) al ‘ gestore per conto proprio ‘ (ossia al bookmaker) sia irragionevole: entrambi i soggetti, difatti, secondo il giudice delle leggi, partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di ‘ organizzazione ed esercizio ‘ delle scommesse soggette ad imposizione. In particolare, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate, nonché del pagamento delle vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker ;
che della sussistenza di autonomi rapporti obbligatori – che ai fini tributari sono avvinti dal nesso di solidarietà per conseguenza paritetica, e non già dipendente -non dubita, d’altronde, la giurisprudenza civile di questa Corte, la quale, sia pure con riguardo al gioco del lotto, ha chiarito, appunto, che sono due i rapporti obbligatori, quello concluso tra lo scommettitore e il raccoglitore e quello che si instaura tra lo scommettitore ed il gestore (Cass., Sez. 3, 27.7.2015, n. 15731). Per altro verso, la stessa giurisprudenza penale (Cass. pen., Sez. 3, 9.7.2020, n. 25439) evidenzia la rilevanza del ruolo del ricevitore appartenente alla rete distributiva del bookmaker , consistente nella ‘(…) raccolta e trasmissione delle scommesse per conto di quest’ultimo, rilasciando le ricevute emesse dal terminale di gioco – con le annesse attività di incasso delle poste e di pagamento delle eventuali vincite (…)’;
che, ai fini della territorialità dell’imposizione, non rileva la conclusione del contratto di scommessa, poiché il fatto imponibile è la prestazione di servizi consistente nell’organizzazione del gioco da parte del ricevitore e nella raccolta delle scommesse, che consiste, in relazione a ciascuno scommettitore, nella valida registrazione della scommessa, documentata dalla consegna allo scommettitore della relativa ricevuta, attività che sono (tutte) svolte in Italia (Cass., Sez. 5, 2.4.2021, n. 9153);
che, in ordine all’asserita violazione del principio dell’affidamento, prospettata in relazione alla portata innovativa della disposizione interpretativa della legge del 2010 che avrebbe introdotto, “improvvisamente e imprevedibilmente”, la responsabilità delle ricevitorie dei “bookmaker” privi di concessione, al di là dei profili di inammissibilità della censura con riferimento alla posizione del ricevitore, in ordine alla quale, peraltro, la Corte costituzionale, con la sentenza citata, si è già espressa con la pronuncia di incostituzionalità
relativamente alla portata innovativa retroattiva della norma, va rilevato, quanto alla posizione del “bookmaker” estero, che la stessa Corte costituzionale non ha posto in discussione il fatto che costui, anche privo di concessione, doveva essere considerato soggetto passivo dell’imposta unica anche prima della entrata in vigore della disposizione interpretativa, sicché non può porsi alcuna violazione del principio del legittimo affidamento;
che, alla luce di quanto precede, dunque, la gravata decisione, nel confermare la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE ( bookmaker avente sede all’estero e privo di titolo concessorio) per il periodo di imposta 2009, anche in assenza di responsabilità ascrivibile alla ricevitoria, ha fatto corretta applicazione dei principi supra enunciati;
che con il secondo motivo proposto ‘in via preliminare’ parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.), la ‘ nullità della sentenza per omessa pronuncia in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 7, L. 27 luglio 2000, n. 212 … per illegittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di stanleybet per mancata traduzione dell’atto impositivo in lingua inglese ‘ (cfr. ricorso, p. 60);
che il motivo è inammissibile e, in ogni caso, infondato;
che, come rilevato in precedenza (cfr. supra ), il motivo pecca di specificità, ex art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., per non avere parte ricorrente trascritto in ricorso, nel silenzio della gravata decisione al riguardo, se e come la questione rispetto alla quale la RAGIONE_SOCIALE lamenta in questa sede il vizio di omessa pronuncia da parte della C.T.R. fu proposta nei gradi di merito (arg. da Cass., Sez. 2, 14.10.2021, n. 28072, Rv. 662554-01, cit.);
che, in ogni caso -e per mera completezza espositiva -alcuna specifica previsione normativa dispone che l’atto impositivo debba essere redatto nella lingua del soggetto destinatario, dovendosi
invero presumere che lo stesso, in quanto soggetto passivo nel territorio nazionale, sia in grado di comprendere il contenuto dell’atto: la questione, dunque, si sposta sul piano probatorio, essendo onere del contribuente provare di non essere stato nelle condizioni di avere potuto avere conoscenza del contenuto dell’atto, il che postula che lo stesso versi in condizioni tali, nonostante il comportamento dallo stesso esigibile, da non potere in alcun modo avere potuto ovviare alla circostanza che l’atto impositivo non era stato tradotto nella propria lingua di origine, profilo in alcun modo coltivato dalla ricorrente, che si è limitata ad una contestazione generica sul punto -si evidenzia, peraltro, che identica questione è già stata esaminata da questa Corte (Cass. civ., 19 gennaio 2021, n. 9144; Cass. sez. 6-5, n. 35580 del 2022) ed è stato escluso che la mancata traduzione nella lingua del destinatario possa comportare una lesione del diritto di difesa della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, in quanto la stessa, anche se soggetto non residente privo di stabile organizzazione in Italia, ha dimostrato di avere avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto impositivo ad essa notificato, avendo, in concreto, fatto valere nei gradi del merito le proprie articolate difese contestando la pretesa tributaria azionata con l’atto impugnato;
che con il quarto (ed ultimo) motivo ‘nel merito’, infine, la difesa della RAGIONE_SOCIALE si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) della ‘ nullità della sentenza -errore in procedendo -per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8 del d.lgs. 546/1992, 5, comma 1 e 6, comma 2, l. 472/1997 e 10, comma 4, l. 212/2000 ‘ (cfr. ricorso, p. 130), rispetto alla ricorrenza, nella specie, di una ipotesi di obiettiva incertezza normativa;
che il motivo è inammissibile;
che premesso che anche questa censura pecca di specificità, ex art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., per non avere parte ricorrente trascritto in ricorso, nel silenzio della gravata decisione al riguardo, se e come la questione rispetto alla quale la RAGIONE_SOCIALE lamenta in questa sede il vizio di omessa pronuncia da parte della C.T.R. fu proposta nei gradi di merito (arg. da Cass., Sez. 2, 14.10.2021, n. 28072, Rv. 662554-01, cit.), osserva in ogni caso il Collegio come la questione -sì come proposta in ricorso – concerna la posizione dei C.T.D. e non quella del bookmaker e, dunque, una tematica del tutto estranea al thema decidendum del presente giudizio;
Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 4.500,00 (quattromilacinquecento/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione