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Imposta unica scommesse: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di scommesse estera, confermando la legittimità dell’applicazione dell’imposta unica scommesse per l’anno 2014. La sentenza stabilisce che il tributo non è discriminatorio nei confronti degli operatori esteri e si applica a tutte le scommesse raccolte sul territorio italiano. Viene inoltre confermata la responsabilità solidale tra il bookmaker estero, privo di concessione, e il gestore del Centro Trasmissione Dati (CTD) che opera per suo conto in Italia.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Legittima per Bookmaker Esteri e CTD

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato la complessa questione dell’imposta unica scommesse, confermando la sua applicabilità anche ai bookmaker esteri che operano in Italia attraverso i Centri Trasmissione Dati (CTD), pur essendo privi di una concessione statale. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza per il settore del gioco, chiarendo i confini della potestà impositiva dello Stato e la compatibilità della normativa interna con i principi del diritto dell’Unione Europea.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’atto impositivo contestava a una società di scommesse con sede all’estero e, in solido, al titolare di un Centro Trasmissione Dati (CTD) operante in Italia, il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’annualità 2014. La società estera, agendo come bookmaker, raccoglieva le giocate sul territorio italiano tramite l’attività del CTD, suo intermediario. La contribuente lamentava, tra i vari motivi, la violazione dei principi di non discriminazione e di libera prestazione dei servizi sanciti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), sostenendo che la normativa italiana creasse un trattamento deteriore per gli operatori esteri.

L’imposta unica scommesse e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la validità dell’accertamento fiscale. I giudici hanno stabilito che l’imposta unica scommesse si applica a tutte le attività di gioco raccolte sul territorio nazionale, indipendentemente dal luogo di stabilimento del bookmaker. Di conseguenza, non sussiste alcuna discriminazione, poiché la legge fiscale italiana pone sullo stesso piano operatori nazionali e operatori esteri.

Un punto cruciale della decisione riguarda la figura del CTD. La Corte ha ribadito che il gestore del centro e il bookmaker estero sono coobbligati in solido al pagamento del tributo. Entrambi, sebbene con ruoli e modalità operative diverse, partecipano all’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse, che costituisce il presupposto dell’imposta. Il CTD, assicurando la disponibilità dei locali, la ricezione delle proposte di scommessa e la gestione dei flussi finanziari, svolge un’attività di gestione essenziale che giustifica la sua responsabilità fiscale solidale.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano su un’analisi approfondita della normativa nazionale e della sua coerenza con il diritto unionale. La Corte ha escluso la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ritenendo la materia già chiarita da precedenti pronunce, in particolare dalla sentenza relativa alla causa C-788/18. La giurisprudenza europea ha infatti riconosciuto che, in assenza di un’armonizzazione fiscale nel settore dei giochi, gli Stati membri hanno la facoltà di disciplinare la materia per perseguire obiettivi di interesse generale, come la tutela dei consumatori e dell’ordine pubblico, a condizione di rispettare il principio di proporzionalità.

La normativa italiana, secondo la Cassazione, non ostacola né rende meno attraente l’attività degli operatori esteri, ma si limita a sottoporre a tassazione un’attività economica che si svolge in Italia. Anzi, esentare tali operatori creerebbe una “discriminazione al contrario”, favorendo chi opera al di fuori del sistema concessorio a scapito degli operatori autorizzati.

La Corte ha inoltre respinto la doglianza relativa alla mancata traduzione dell’avviso di accertamento in lingua inglese. Si presume che un soggetto che opera stabilmente sul territorio nazionale sia in grado di comprendere gli atti redatti in lingua italiana. Inoltre, la società ricorrente aveva ampiamente dimostrato di aver compreso il contenuto dell’atto, avendo articolato difese complesse in ogni grado di giudizio.

Conclusioni

La decisione in esame rappresenta un punto fermo per gli operatori del settore delle scommesse. Essa chiarisce in modo inequivocabile che qualsiasi attività di raccolta di gioco in Italia è soggetta all’imposta unica scommesse, anche se gestita da un bookmaker estero privo di concessione. La pronuncia rafforza il principio della responsabilità solidale del Centro Trasmissione Dati, considerato a tutti gli effetti un soggetto passivo d’imposta al pari del bookmaker per cui opera. Per gli operatori esteri, ciò implica la necessità di considerare l’onere fiscale italiano come un elemento strutturale della loro attività in Italia e di regolare i rapporti contrattuali con i propri intermediari (CTD) tenendo conto della possibilità di rivalsa del carico tributario.

Un bookmaker estero che opera in Italia senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta unica si applica a tutte le scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione basata sul luogo di stabilimento dell’operatore o sulla presenza di una concessione. La normativa italiana non è considerata discriminatoria o in violazione del diritto UE.

Il Centro Trasmissione Dati (CTD) è responsabile per il pagamento dell’imposta dovuta dal bookmaker estero?
Sì. La sentenza ribadisce il principio della responsabilità solidale. Sia il bookmaker estero (gestore per conto proprio) sia il titolare del CTD (gestore per conto terzi) partecipano all’organizzazione e all’esercizio delle scommesse e sono quindi entrambi tenuti, in solido, al pagamento dell’imposta.

La normativa italiana sull’imposta unica sulle scommesse è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea?
No. Secondo la Corte, la normativa italiana ha superato il vaglio della giurisprudenza dell’Unione Europea. Non viola il principio della libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE) in quanto non vieta, ostacola o rende meno attraente l’attività di un operatore stabilito in un altro Stato membro, ma si limita a tassare un’attività svolta in Italia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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