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Imposta unica scommesse: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32986/2024, ha respinto il ricorso di un centro trasmissione dati e di un bookmaker estero, confermando la loro responsabilità solidale per il pagamento dell’imposta unica scommesse relativa agli anni 2011 e 2012. La Corte ha stabilito che, a partire dal 2011, la normativa permetteva agli intermediari di rinegoziare i contratti per traslare l’onere fiscale sul bookmaker, rendendo legittima l’imposizione. Sono stati rigettati anche i motivi relativi a vizi procedurali e presunte violazioni del diritto UE.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione Conferma la Responsabilità Solidale tra CTD e Bookmaker Estero

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione cruciale per il settore del gioco: la responsabilità per il pagamento dell’imposta unica scommesse in caso di operatori esteri privi di concessione italiana. La Suprema Corte ha confermato che sia il bookmaker estero sia il centro trasmissione dati (CTD) che opera sul territorio nazionale sono solidalmente obbligati al versamento del tributo, respingendo il ricorso presentato da entrambe le società.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a un CTD e a un bookmaker con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse raccolte in Italia negli anni 2011 e 2012. Le società ricorrenti avevano impugnato l’atto, ma i loro ricorsi erano stati respinti sia in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. Giunte dinanzi alla Corte di Cassazione, le società hanno presentato otto motivi di ricorso, tutti ritenuti infondati dai giudici di legittimità.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Imposta Unica Scommesse

La Corte ha rigettato integralmente il ricorso, basando la sua decisione su un’interpretazione consolidata della normativa di settore, rafforzata da una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale. Il cuore della questione risiede nella natura della responsabilità che lega il CTD al bookmaker estero.

L’Evoluzione Normativa e la Sentenza della Corte Costituzionale

Il punto di svolta normativo è rappresentato dall’art. 1, comma 66, della Legge n. 220/2010. Questa disposizione ha chiarito che l’imposta è dovuta anche da chi raccoglie scommesse al di fuori del sistema concessorio, stabilendo un obbligo solidale a carico sia del gestore (il CTD) sia del soggetto per conto del quale opera (il bookmaker).
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 27 del 2018, aveva già esaminato la questione. In quella sede, aveva dichiarato l’illegittimità della norma solo per le annualità d’imposta precedenti al 2011. La ragione era che, per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge, i CTD non avevano avuto la possibilità di rinegoziare le loro commissioni per “trasferire” di fatto l’onere fiscale sul bookmaker.
Per i periodi d’imposta successivi, come quelli oggetto della causa (2011 e 2012), la Corte ha invece ritenuto la norma pienamente legittima. Le parti, infatti, erano a conoscenza del nuovo quadro normativo e potevano regolare i loro rapporti economici tenendone conto, salvaguardando così il principio di capacità contributiva.

Analisi dei Motivi di Ricorso Respinti

Oltre alla questione centrale della responsabilità solidale, la Cassazione ha respinto anche gli altri motivi di doglianza, tra cui:
* Violazione del contraddittorio endoprocedimentale: La Corte ha ribadito che, per i tributi non armonizzati come l’imposta sui giochi, l’obbligo di contraddittorio preventivo sussiste solo se espressamente previsto dalla legge, circostanza non applicabile al caso di specie.
* Carenza di motivazione dell’atto: L’avviso di accertamento è stato ritenuto sufficientemente motivato, in quanto ha permesso ai contribuenti di comprendere la pretesa fiscale e di difendersi efficacemente.
* Errata applicazione dell’aliquota: I giudici hanno confermato la correttezza del metodo induttivo utilizzato dall’Ufficio per determinare la base imponibile, basato sulla raccolta media provinciale, data la mancata fornitura di dati certi da parte dei contribuenti.
* Violazione del diritto UE: È stata esclusa qualsiasi discriminazione a danno degli operatori esteri, richiamando una sentenza della Corte di Giustizia UE (C-788/18) che ha validato l’approccio della normativa italiana.

le motivazioni

La Corte ha sottolineato che sia il CTD sia il bookmaker partecipano attivamente all'”organizzazione ed esercizio” delle scommesse. Il CTD non è un mero esecutore, ma svolge un’attività di gestione autonoma: mette a disposizione i locali, riceve le proposte, trasmette l’accettazione, incassa le giocate e paga le vincite. Questa partecipazione attiva giustifica la sua soggettività passiva ai fini fiscali.
La solidarietà tra i due soggetti è di tipo “paritetico” e non dipendente. Questo significa che entrambi sono co-responsabili principali per l’obbligazione tributaria. La legge stessa, attraverso il meccanismo della rivalsa regolato nei rapporti contrattuali privati, garantisce che il carico fiscale sia distribuito in modo equo in base alla partecipazione di ciascuno alla realizzazione del presupposto impositivo. La possibilità per il CTD di trasferire il costo dell’imposta sul bookmaker attraverso la negoziazione delle commissioni è l’elemento che rende il sistema costituzionalmente legittimo.

le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un principio fondamentale in materia di tassazione dei giochi: la filiera della raccolta scommesse per conto di operatori esteri senza concessione è interamente soggetta all’imposizione fiscale italiana. La decisione ribadisce che, per le annualità dal 2011 in poi, i centri trasmissione dati non possono sottrarsi alla responsabilità per il versamento dell’imposta unica, in quanto sono co-obbligati in solido con il bookmaker. Questa pronuncia offre certezza giuridica e rafforza gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione nel settore, sottolineando l’importanza per gli intermediari di definire attentamente i propri accordi commerciali per gestire correttamente l’onere tributario.

Un centro scommesse che raccoglie giocate per un bookmaker estero è responsabile per il pagamento dell’imposta unica scommesse?
Sì. L’ordinanza conferma la responsabilità solidale (cioè congiunta) del centro trasmissione dati (CTD) e del bookmaker estero per il pagamento dell’imposta sulle scommesse raccolte a partire dall’anno 2011.

Perché la responsabilità del centro scommesse è legittima per gli anni dal 2011 in poi ma non per quelli precedenti?
Perché la Legge n. 220/2010, che ha introdotto questa responsabilità, ha permesso alle parti di rinegoziare i propri accordi commerciali (come le commissioni) per gli anni futuri. Questa possibilità di trasferire contrattualmente l’onere fiscale sul bookmaker ha reso l’imposta costituzionalmente legittima, cosa che non era possibile per i rapporti già definiti prima della legge.

La normativa italiana sull’imposta unica scommesse discrimina i bookmaker esteri?
No. La Corte di Cassazione, richiamando una precedente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha stabilito che l’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, indipendentemente dal luogo in cui hanno sede, escludendo così ogni forma di discriminazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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