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Imposta unica scommesse: il bookmaker estero paga

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22205/2024, ha stabilito che l’imposta unica scommesse è dovuta anche dai bookmaker esteri che operano in Italia senza la necessaria concessione statale. Il caso riguardava una società di scommesse straniera che contestava avvisi di accertamento per gli anni 2008-2009. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che la normativa italiana non viola i principi dell’Unione Europea sulla non discriminazione e sulla libera prestazione di servizi. È stato chiarito che la tassazione si applica a chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano, indipendentemente dalla sede legale dell’operatore o dal possesso di una concessione. La Corte ha inoltre escluso la necessità di un contraddittorio preventivo per questo tipo di imposta e ha distinto la responsabilità fiscale da quella penale.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione Conferma la Tassazione per i Bookmaker Esteri

Con una recente e significativa ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione dell’applicabilità dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia senza possedere una concessione statale. La decisione chiarisce importanti principi in materia di fiscalità del gioco, di compatibilità con le normative europee e di obblighi tributari per le società transfrontaliere, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

I Fatti del Caso: Una Disputa Fiscale Transfrontaliera

La vicenda trae origine da due avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a una società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per gli anni fiscali 2008 e 2009. La società operava in Italia attraverso centri di trasmissione dati (CTD), raccogliendo scommesse pur essendo priva della concessione governativa richiesta dalla legge italiana.

La società e la sua controllante avevano impugnato gli atti impositivi, ottenendo un accoglimento solo parziale in primo grado, limitatamente alle sanzioni. In appello, la Commissione Tributaria Regionale aveva invece respinto il gravame delle società. Contro questa decisione, le società hanno proposto ricorso per cassazione, articolando diverse censure basate sia sul diritto interno che su presunte violazioni dei principi dell’Unione Europea.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso presentato dalle società, condannandole al pagamento delle spese processuali. La decisione conferma la piena legittimità della pretesa fiscale dell’Amministrazione finanziaria, stabilendo che il bookmaker estero è soggetto passivo dell’imposta unica anche se opera senza concessione.

Le Motivazioni: Analisi dell’Imposta Unica Scommesse e dei Principi UE

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto, uno per uno, i motivi di ricorso, fornendo un’analisi dettagliata del quadro normativo e giurisprudenziale.

L’Applicabilità dell’Imposta ai Soggetti senza Concessione

Il cuore della controversia riguardava la soggettività passiva del bookmaker estero. La Corte ha ribadito che la legge italiana, in particolare a seguito di una norma di interpretazione autentica del 2010, ha chiarito in modo inequivocabile che l’imposta è dovuta da chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio nazionale. La presenza o l’assenza di una concessione non incide sull’esistenza del presupposto impositivo, che è legato all’effettivo svolgimento dell’attività di gioco.

La Corte ha richiamato una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/2018) che, pur dichiarando l’illegittimità della retroattività della norma per i soli CTD (i quali non potevano rinegoziare le loro commissioni), non ha mai messo in discussione l’obbligo fiscale in capo al bookmaker.

La Compatibilità dell’Imposta Unica Scommesse con il Diritto dell’Unione Europea

Le ricorrenti sostenevano che la normativa italiana violasse i principi di non discriminazione e di libera prestazione dei servizi sanciti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Secondo la loro tesi, essere state illegittimamente escluse in passato dalle gare per le concessioni avrebbe dovuto esentarle dal tributo.

La Cassazione ha respinto questa argomentazione, citando una specifica pronuncia della Corte di Giustizia dell’UE (causa C-788/18) sullo stesso tema. La Corte europea ha stabilito che la legge italiana non è discriminatoria, poiché l’imposta si applica a tutti gli operatori, nazionali o esteri, che raccolgono scommesse in Italia. La finalità della norma è garantire la lealtà fiscale e tutelare interessi generali come l’ordine pubblico e la protezione dei consumatori, obiettivi che giustificano la regolamentazione del settore.

La Questione del Contraddittorio Preventivo

Un altro motivo di ricorso verteva sulla presunta violazione del diritto di difesa per mancato esperimento del contraddittorio endoprocedimentale prima dell’emissione degli avvisi di accertamento. Anche su questo punto, la Corte ha dato torto alle società. Ha chiarito che, per i tributi non armonizzati a livello europeo come l’imposta unica sulle scommesse, non sussiste un obbligo generalizzato per l’amministrazione di sentire il contribuente prima di emettere l’atto, salvo che non sia espressamente previsto dalla legge. Nel caso di specie, trattandosi di un accertamento basato su dati oggettivi, tale obbligo non era previsto.

Distinzione tra Responsabilità Fiscale e Penale

Infine, la Corte ha sottolineato la netta distinzione tra l’illecito penale e l’obbligazione tributaria. Il fatto che la giurisprudenza penale avesse in passato escluso la punibilità degli operatori (a causa della discriminazione subita nell’accesso al mercato) non comporta automaticamente l’esenzione dal pagamento delle imposte. La realizzazione del presupposto del tributo (la raccolta di scommesse) genera l’obbligo fiscale, a prescindere dalla liceità penale dell’attività.

Le Conclusioni: Implicazioni per gli Operatori del Settore

L’ordinanza della Cassazione consolida un principio fondamentale: l’attività di raccolta di scommesse sul territorio italiano è fonte di un’obbligazione tributaria ineludibile. La mancanza di una concessione non costituisce uno scudo contro il fisco. Questa decisione riafferma la sovranità dello Stato in materia fiscale nel settore dei giochi e chiarisce che i principi europei non possono essere invocati per sottrarsi a un’imposta applicata in modo non discriminatorio a tutti gli attori del mercato. Per gli operatori del settore, esteri e non, emerge la chiara indicazione che l’esercizio dell’attività in Italia comporta l’assoggettamento alla relativa fiscalità, indipendentemente dal modello di business o dalla struttura societaria adottata.

Un bookmaker estero che opera in Italia senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo d’imposta, indipendentemente dal fatto che possieda o meno una concessione statale. Il presupposto del tributo è lo svolgimento dell’attività di raccolta gioco in Italia.

La normativa italiana sull’imposta unica scommesse viola i principi di non discriminazione e libera prestazione di servizi dell’Unione Europea?
No. La Corte, richiamando una precedente sentenza della Corte di Giustizia dell’UE, ha stabilito che la normativa non è discriminatoria. L’imposta si applica indistintamente a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, siano essi nazionali o esteri, garantendo la parità di trattamento fiscale.

L’avviso di accertamento per l’imposta unica sulle scommesse è nullo se l’Agenzia fiscale non convoca il contribuente prima di emetterlo?
No, non necessariamente. Per i tributi non armonizzati a livello europeo, come l’imposta sulle scommesse, non esiste un obbligo generale di contraddittorio preventivo, a meno che non sia specificamente previsto da una norma di legge. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che tale obbligo non sussistesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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