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Imposta unica scommesse: CTD responsabile in solido

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso del gestore di un Centro Trasmissione Dati (CTD) operante per un bookmaker estero. La Corte ha confermato la piena legittimità dell’avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse, stabilendo la responsabilità solidale del CTD. Secondo i giudici, chi gestisce la raccolta delle scommesse sul territorio italiano partecipa attivamente all’organizzazione del gioco, integrando così il presupposto impositivo, in piena conformità con la normativa nazionale e comunitaria.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione Conferma la Responsabilità del CTD

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale nel settore del gioco: anche i Centri Trasmissione Dati (CTD) che operano per conto di bookmaker esteri privi di concessione sono soggetti passivi dell’imposta unica scommesse. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale, chiarendo in modo definitivo la portata degli obblighi fiscali per gli intermediari del gioco sul territorio nazionale e la loro compatibilità con le normative europee.

I Fatti del Caso: Un Avviso di Accertamento Controverso

Il caso nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti del gestore di un CTD. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2011, oltre a interessi e sanzioni. Il CTD operava come intermediario per un noto bookmaker con sede a Malta, raccogliendo le giocate sul territorio italiano. Il contribuente ha contestato la pretesa fiscale sostenendo di non essere il soggetto passivo dell’imposta, che a suo dire doveva gravare unicamente sul bookmaker estero. Dopo essere risultato soccombente sia in primo che in secondo grado, il gestore del CTD ha proposto ricorso per cassazione.

L’Analisi della Corte: I Motivi della Decisione

La Suprema Corte ha esaminato congiuntamente i vari motivi di ricorso, ritenendoli tutti infondati e cogliendo l’occasione per ripercorrere l’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia.

La Responsabilità Solidale del CTD e l’Imposta Unica Scommesse

Il cuore della questione riguarda l’individuazione del soggetto passivo dell’imposta. La Corte ha chiarito che, a seguito della norma interpretativa introdotta con la Legge n. 220 del 2010, il presupposto dell’imposta unica scommesse è la “gestione” dell’attività di raccolta. Questa attività non è svolta solo dal bookmaker, ma anche dal CTD, che materialmente assicura la disponibilità dei locali, riceve la proposta di scommessa, incassa le somme e paga le eventuali vincite.

Di conseguenza, il CTD non è un mero trasmettitore di dati, ma un soggetto che partecipa attivamente all’organizzazione e all’esercizio delle scommesse. Si configura quindi una responsabilità solidale “paritetica”: sia il bookmaker che il CTD sono obbligati al pagamento del tributo, in quanto entrambi realizzano il presupposto impositivo. La Corte ha inoltre specificato che per le annualità successive al 2010 (come quella del 2011 in esame), il CTD ha la possibilità di rinegoziare le proprie commissioni con il bookmaker per trasferire su quest’ultimo il carico fiscale, salvaguardando così il principio di capacità contributiva.

La Compatibilità con il Diritto dell’Unione Europea

Il ricorrente lamentava una presunta violazione dei principi di non discriminazione e di libera prestazione dei servizi, sanciti dagli articoli 49 e 56 del TFUE. La Cassazione, richiamando una specifica sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-788/18), ha respinto tale argomentazione. È stato affermato che la normativa italiana non discrimina tra operatori nazionali ed esteri: l’imposta si applica a chiunque gestisca scommesse raccolte sul territorio italiano, indipendentemente dal luogo di stabilimento. Pertanto, assoggettare il CTD che opera per un bookmaker estero all’imposta non costituisce una restrizione ingiustificata, ma garantisce parità di trattamento fiscale e previene l’elusione.

L’Imposta Unica non è una Tassa sulla Cifra d’Affari

Un altro motivo di ricorso si basava sull’idea che l’imposta unica fosse assimilabile a un’imposta sulla cifra d’affari, vietata dalla direttiva IVA. Anche su questo punto, la Corte ha dato una risposta netta. L’imposta unica ha caratteristiche diverse da un’imposta sul volume d’affari: si applica solo a un settore specifico (giochi e scommesse), non prevede un meccanismo di detrazione come l’IVA e si basa sull’importo scommesso, non sul valore aggiunto. La Corte di Giustizia UE ha già chiarito che gli Stati membri possono mantenere tributi speciali sui giochi d’azzardo parallelamente all’IVA.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sistematica della normativa nazionale e unionale, consolidata da precedenti pronunce della stessa Cassazione, della Corte Costituzionale (sent. n. 27/2018) e della Corte di Giustizia UE. Il principio cardine è che l’attività imponibile è la “gestione” della raccolta scommesse, che si realizza materialmente in Italia attraverso l’operato del CTD. Tale attività, per la sua stessa natura, fonda la potestà impositiva dello Stato italiano. La Corte ha sottolineato che l’assoggettamento a imposta anche degli operatori privi di concessione risponde a un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale, evitando che soggetti operanti al di fuori del sistema concessorio possano godere di un ingiustificato vantaggio competitivo. La solidarietà tra CTD e bookmaker è la chiave di volta del sistema, poiché assicura che il tributo sia versato da chi concretamente realizza l’attività sul territorio nazionale. Infine, la Corte ha escluso qualsiasi violazione del legittimo affidamento, poiché la legge del 2010 aveva chiarito in modo definitivo il quadro normativo per gli anni d’imposta futuri, come il 2011.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione rigetta integralmente il ricorso, confermando che il gestore di un CTD è solidalmente responsabile con il bookmaker estero per il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse. La decisione riafferma la legittimità del quadro normativo italiano, ritenendolo pienamente compatibile con i principi del diritto dell’Unione Europea in materia di libertà di prestazione dei servizi e di non discriminazione. Per gli operatori del settore, questa ordinanza rappresenta un’ulteriore conferma della necessità di adempiere agli obblighi fiscali derivanti dall’attività di raccolta scommesse svolta in Italia, indipendentemente dalla nazionalità o dallo status concessorio del bookmaker di riferimento.

Il gestore di un Centro Trasmissione Dati (CTD) è tenuto a pagare l’imposta unica sulle scommesse raccolte per conto di un bookmaker estero senza concessione italiana?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il gestore del CTD, partecipando attivamente alla “gestione” della raccolta delle scommesse (messa a disposizione dei locali, incasso, pagamento vincite), realizza il presupposto impositivo ed è quindi obbligato in solido con il bookmaker al pagamento dell’imposta.

L’obbligo di pagare l’imposta unica per i CTD che operano con bookmaker esteri viola il diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che la normativa italiana non è discriminatoria, in quanto l’imposta si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzioni basate sul luogo di stabilimento.

L’imposta unica sulle scommesse può essere considerata un’imposta sulla cifra d’affari vietata dalla normativa IVA europea?
No. La Corte ha chiarito che l’imposta unica non ha le caratteristiche di un’imposta sul volume d’affari. È un tributo speciale applicabile solo al settore dei giochi, non si basa sul valore aggiunto e non prevede un meccanismo di detrazione come l’IVA, rendendola pienamente compatibile con la normativa europea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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