Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19131 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19131 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32127/2019 R.G. proposto da:
COGNOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende; -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. PESCARA n. 304/2019 depositata il 26/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME, titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza
in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale (CTR) dell’Abruzzo , con riferimento al ricorso proposto contro l’avviso di accertamento in materia di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse per gli anni dal 2008 al 2012 spiccato nei suoi confronti, aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere con riferimento agli anni di imposta dal 2008 e 2010 e, per gli anni 2011 e 2012, aveva respinto il suo appello contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Pescara di rigetto del ricorso della contribuente.
Il ricorso si fonda su quattro motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 504/1998, come interpretato dall’art. 1 comma 66 lett. b) legge n. 220/2010 per aver la CTR ritenuto integrato in capo al RAGIONE_SOCIALE il presupposto soggettivo dell’imposta.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza, error in procedendo, omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 lett. b) legge n. 288/1998 in merito al presupposto territoriale dell’imposta.
Con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza, error in procedendo, omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 49 e 56 TFUE e dei principi del diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, nonché del principio di legittimo affidamento con riferimento all’art. 1 comma 66 legge n. 220/2010, per non aver la
CTR disapplicato l’art. 3 d.lgs. n. 504/1998, sollecitando rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia al fine di verificare se la normativa unionale osti alla disciplina nazionale in tema di Imposta Unica sulle Scommesse e Concorsi Pronostici.
Con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza, error in procedendo, omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 401 della Direttiva n. 2006/112/CE.
I motivi dal primo al terzo possono essere esaminati unitariamente, trattandosi di profili ormai ampiamente trattati e definiti dalla costante giurisprudenza di questa Corte ( ex multis , v. Cass. civ. nn. 8907-8911 del 2021, 9079-9081 del 2021, 91449153 del 2021, 9160 del 2021, 9162 del 2021, 9168 del 2021, 9176 del 2021, 9178 del 2021, 9182 del 2021, 9184 del 2021, 9160 de 2021, 9516 del 2021, 9528NUMERO_CARTA 9537 del 2021, 9728- 9735 del 2021; 12952 del 2024; 12929 del 2024; 12086 del 2024; 12088 del 2024), anche alla luce dei precedenti del giudice RAGIONE_SOCIALE leggi (Corte cost. n. 27/2018) e del giudice unionale che si è pronunziato su quesiti sostanzialmente analoghi a quelli proposti (Corte giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18), e devono essere rigettati.
5.1. Con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010, il legislatore ha stabilito che l’imposta unica è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio ed ha esplicitato l’obbligo RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di bookmakers privi di concessione, al versamento del tributo e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni, svolgendo anch’esse una attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione.
5.2. A questo riguardo la Corte costituzionale, con la sentenza n. 27 del 2018, ha precisato che entrambi i soggetti (ricevitore e
bookmaker) partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” RAGIONE_SOCIALE scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento RAGIONE_SOCIALE somme giocate, nonché del pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker; l ‘ incostituzionalità della norma in esame è stata riscontrata dalla Corte « in ragione dell’impossibilità per le ricevitorie di traslare l’imposta per gli esercizi anteriori al 2011 » con conseguente violazione dell’art. 53 Cost., « giacché l’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristalizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla L. n. 220 del 2010 ». La suddetta ragione di incostituzionalità, tuttavia, non è stata ravvisata per i « rapporti successivi al 2011 », quindi non solo per gli eventuali rapporti negoziali perfezionati dopo l’entrata in vigore della norma interpretativa, ma anche per i rapporti che, seppure sorti in data antecedente, si sono protratti oltre l’entrata in vigore della medesima norma.
5.3. con riferimento, poi, al presupposto territoriale del tributo (di cui al secondo motivo di ricorso), questa Corte, con le pronunce citate, ha precisato che non rileva la conclusione del contratto di scommessa poiché il fatto imponibile è la prestazione di servizi consistente nell’organizzazione del gioco da parte del ricevitore e nella raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, che consiste, in relazione a ciascun scommettitore, nella valida registrazione della scommessa, documentata dalla consegna allo scommettitore della relativa
ricevuta (Cass. n. 15731 del 2015), attività, queste, tutte svolte in Italia.
5.4. Con riferimento alla dedotta violazione dei principi unionali, invece, le questioni sono state affrontate dalla Corte di Giustizia che ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (punto 21 di Corte giust. in causa C-788/18), di modo che la normativa italiana « non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società (…) nello Stato membro interessato ». Va osservato che nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, secondo costante giurisprudenza unionale, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale, costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: di conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte giust. 24 ottobre 2013, causa C-440/12, punto 47; 8 settembre 2009, causa C-42/07).
5.4.1. Il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nel comma 64 dell’art. 1 legge n. 220 del 2010, i propri obiettivi, tra i quali si colloca «… l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione
fiscale nel medesimo settore »; la prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte giust. in causa C-788/18, cit., punto 23; per analogia, Corte giust. 1 dicembre 2011, causa C-253/09, punto 83).
5.4.2. La Corte di Giustizia ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmaker nazionali e bookmaker esteri, anzi, come ha pure sottolineato la Corte costituzionale (ancora con la sentenza n. 27/18), a seguire la tesi prospettata in ricorso si giungerebbe ad una discriminazione al contrario: la scelta legislativa « risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione …»; va evidenziato, a tal proposito, che la Corte di giustizia, se, col punto 17, in relazione al bookmaker, oltre che stabilire in via generale che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, col punto 24 specifica, in concreto, che, «… la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri »; sicché, conclude col punto 24, che, rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, il bookmaker estero non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale.
5.4.3. Quanto al centro trasmissione dati, il punto 26 si limita a ribadire che il bookmaker estero esercita un’attività di gestione di scommesse « allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali » ed è per questo che il centro di trasmissione dati che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), della l. n. 220/10, ma ciò non toglie (punto 28) che la situazione del centro trasmissione dati che trasmette i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali è diversa da quella del centro trasmissione che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro Stato membro; la diversità della situazione è in re ipsa , per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un bookmaker estero: nel settore dei giochi d’azzardo, difatti, il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE concessioni costituisce «… un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti » (Corte giust. 19 dicembre 2018, causa C-375/17, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Malta, punto 66, richiamata al punto 18 della sentenza in causa C-788/18, cit.); e ciò in conformità agli obiettivi esplicitamente perseguiti dal legislatore italiano (art. 1, comma 644, I, n. 220 del 2010), come puntualmente rimarcato dalla Corte di giustizia. Di qui l’esclusione, anche con riguardo alla posizione del centro trasmissione dati, di qualsiasi restrizione discriminatoria; le suddette considerazioni rendono priva di ogni fondamento sia la questione di violazione e falsa applicazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto anche i suddetti profili sono stati già esaminati da questa Corte con le pronunce citate, che hanno fatto riferimento a quanto espressamente affermato sul punto dalla Corte Cost. con la sentenza n. 27/2018, sia la questione della violazione del principio della capacità contributiva. Né viola il suddetto principio la scelta di assoggettare all’imposta i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto
di soggetti privi di concessione nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato, in quanto, attraverso la regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera, assolvendo la rivalsa funzione applicativa del principio di capacità contributiva, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 27/2018.
6. Infine, è da rigettare anche il quarto motivo. Come già chiarito da questa Corte (cfr. Cass., n. 25450 del 2021; Cass., n. 20013 del 2021; Cass. n. 3868 del 2022), il tributo che qui rileva è differente da una imposta sulla cifra di affari per plurime ragioni: riguarda unicamente operazioni relative all’esercizio RAGIONE_SOCIALE scommesse, irrilevanti a fini IVA; non tiene conto del valore aggiunto di ciascuna, difettando nel sistema il meccanismo della detrazione IVA e applicandosi il tributo all’importo scommesso; è calcolato senza alcun riconoscimento di deduzione degli acquisti di beni e servizi inerenti effettuati nel periodo in cui sono poste in essere le operazioni di scommessa. La stessa disciplina IVA, all’art. 10 comma 2 d.P.R. n. 633 del 1972, proclama esenti dal tributo armonizzato le operazioni in parola, con ciò evitando il concorrere di due imposte sul medesimo volume d’affari. Effetto del tutto risolutivo e dirimente ha sul punto, il chiaro dictum del Giudice Unionale (Corte di giustizia, 24 ottobre 2013 C-440/2012) secondo il quale « in forza dell’articolo 401 della direttiva IVA ‘le disposizioni di direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte (…) sui giochi e sulle scommesse, (…) e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari (…)’. La formulazione di tale articolo non osta, pertanto, a che gli Stati membri assoggettino un’operazione all’IVA, nonché, in modo cumulativo, a un tributo
speciale non avente il carattere d’imposta sul volume d’affari (v., in tal senso, la sentenza dell’8 luglio 1986, Kerrutt, 73/85, Racc. pag. 2219, punto 22) ».
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese devono essere compensate, stante l ‘intervento risolutore RAGIONE_SOCIALE questioni in epoca successiva alla proposizione del ricorso ad opera della Corte di Giustizia, benché fosse già intervenuta la Corte costituzionale al momento del deposito dell’impugnazione (Cass. n. 12929 del 2024; Cass. n. 12952 del 2024).
p.q.m.
rigetta il ricorso; compensa le spese; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 28/02/2024.