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Imposta unica scommesse: CTD e bookmaker responsabili

Un bookmaker estero e il suo centro di trasmissione dati italiano hanno impugnato un avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la loro responsabilità solidale. Per i periodi d’imposta successivi al 2011, la Corte ha ritenuto la tassazione conforme ai principi UE e costituzionali, poiché la normativa nazionale mira a tutelare l’ordine pubblico e a prevenire l’evasione fiscale senza discriminare gli operatori stranieri.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: CTD e Bookmaker Esteri Responsabili in Solido

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3626/2024, ha affrontato una questione cruciale nel settore dei giochi: la responsabilità per l’imposta unica scommesse da parte dei Centri Trasmissione Dati (CTD) che operano in Italia per conto di bookmaker esteri privi di concessione nazionale. La decisione conferma un orientamento consolidato, stabilendo la responsabilità solidale tra il gestore del centro e il bookmaker estero, e rigettando le presunte violazioni del diritto europeo e costituzionale.

I Fatti del Caso: CTD e Bookmaker Esteri nel Mirino del Fisco

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di un CTD e di un noto bookmaker con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse raccolte in Italia per gli anni 2012 e 2013. Secondo l’amministrazione finanziaria, l’attività del CTD non si limitava alla mera trasmissione di dati, ma configurava una vera e propria attività di raccolta di scommesse, sollecitazione dei giocatori e pagamento delle vincite, rendendolo soggetto passivo d’imposta insieme al bookmaker estero.

I contribuenti hanno impugnato l’atto, sostenendo diverse tesi difensive, tra cui la violazione del principio di territorialità, l’illegittimità della pretesa per contrasto con la normativa europea sulla libera prestazione di servizi e la violazione dei principi costituzionali di capacità contributiva. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano rigettato i ricorsi, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Imposta Unica Scommesse

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dei contribuenti, confermando la piena legittimità dell’accertamento fiscale. I giudici hanno chiarito che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo dell’imposta, indipendentemente dal fatto che operi con o senza una concessione statale.

Compatibilità con il Diritto Europeo e Costituzionale

Uno dei punti centrali del ricorso era il presunto contrasto con il diritto dell’Unione Europea. I ricorrenti lamentavano una discriminazione e una restrizione alla libera prestazione di servizi. La Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia (in particolare la causa C-788/18), ha escluso qualsiasi forma di discriminazione. L’imposta unica si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, nazionali o esteri, senza distinzioni. La normativa è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dei consumatori, la prevenzione della criminalità e la lotta all’evasione fiscale.

Allo stesso modo, è stata respinta la questione di incostituzionalità. La Corte ha fatto riferimento alla sentenza n. 27/2018 della Corte Costituzionale, che ha ritenuto legittima la responsabilità solidale del CTD per i periodi d’imposta successivi al 2011. A partire da tale data, infatti, gli operatori erano a conoscenza del quadro normativo e potevano rinegoziare i loro accordi commerciali con i bookmaker per trasferire su questi ultimi il carico fiscale.

La Responsabilità Solidale e l’Imposta Unica Scommesse

Il cuore della decisione risiede nel concetto di responsabilità solidale. Il CTD non è un mero trasmettitore di dati, ma un gestore che partecipa attivamente all’organizzazione e all’esercizio delle scommesse. Assicura la disponibilità dei locali, riceve le proposte, trasmette l’accettazione e gestisce incassi e pagamenti. Questa attività di gestione costituisce il presupposto dell’imposizione. Il bookmaker estero, per conto del quale l’attività viene svolta, è obbligato in solido, garantendo così allo Stato il recupero del tributo.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’analisi sistematica della normativa e della giurisprudenza pregressa. I giudici hanno sottolineato che la legge interpretativa del 2010 (L. 220/2010) aveva già chiarito, per gli anni in questione (2012-2013), che l’imposta è dovuta anche da chi opera al di fuori del sistema concessorio. Pertanto, non poteva essere invocata alcuna incertezza normativa per giustificare l’omesso versamento. La Corte ha ribadito che il presupposto del tributo non è la singola giocata, ma il servizio di gioco offerto al consumatore tramite un’organizzazione sul territorio nazionale.

La Cassazione ha anche precisato che l’eventuale natura non illecita dell’attività di raccolta scommesse (a seguito di esclusioni discriminatorie dai bandi di gara, come riconosciuto dalla giurisprudenza penale) non implica l’esenzione dal pagamento delle imposte. L’attività, seppur lecita ai fini penali, rimane un’attività economica che produce reddito e realizza il presupposto impositivo.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio fondamentale: chiunque raccolga scommesse in Italia è tenuto a pagare l’imposta unica, a prescindere dalla nazionalità del bookmaker o dalla presenza di una concessione. La responsabilità solidale tra il CTD e il bookmaker estero è uno strumento legittimo per garantire l’effettività del prelievo fiscale e la parità di trattamento tra tutti gli operatori del settore. La decisione riafferma la compatibilità di questo sistema con i principi europei e costituzionali, bilanciando la libera prestazione di servizi con le esigenze imperative di tutela dell’ordine pubblico e di contrasto all’illegalità.

Un centro che raccoglie scommesse in Italia per un bookmaker estero senza concessione deve pagare l’imposta unica scommesse?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo del tributo. Il centro di trasmissione dati (CTD) è considerato un gestore e, pertanto, è obbligato solidalmente con il bookmaker estero al pagamento dell’imposta.

La normativa italiana sull’imposta unica scommesse discrimina gli operatori esteri rispetto a quelli nazionali?
No. Secondo la Corte, supportata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, la normativa non è discriminatoria. L’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, senza alcuna distinzione basata sul luogo in cui sono stabiliti. Le restrizioni sono giustificate da motivi di interesse generale come la tutela dei consumatori e dell’ordine pubblico.

Perché la responsabilità del centro scommesse è stata considerata legittima per gli anni successivi al 2011?
La Corte Costituzionale (sent. 27/2018), richiamata dalla Cassazione, ha stabilito che per i rapporti sorti o protrattisi dopo il 2011, la responsabilità del CTD è legittima. A partire da quella data, gli operatori erano consapevoli dell’obbligo fiscale e avevano la possibilità di rinegoziare i loro accordi commerciali con i bookmaker per regolare la traslazione del carico tributario, salvaguardando così il principio della capacità contributiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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