Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19266 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19266 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9234/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA), che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA n. 3303/09/19 depositata il 01/08/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 3303/09/19 del 01/08/2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 2605/12/17 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente e da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di un avviso di accertamento per mancato pagamento dell’imposta unica sulle scommesse di cui all’art. 1 del d.lgs. 23 dicembre 1998, n. 504 relativa all’anno 2014 .
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione del fatto che la contribuente svolgeva l’attività di centro trasmissione dati (di seguito CTD) per la raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse per conto di RAGIONE_SOCIALE, bookmaker avente sede in Austria.
1.1. La CTR rigettava l’appello di NOME, evidenziando che: a) la legge introduttiva dell’imposta unica sulle scommesse era stata ritenuta compatibile con il diritto unionale dalla Corte di giustizia della UE, sicché la stessa non andava disapplicata; b) quanto alle sanzioni, doveva essere esclusa l’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 47 2 e all’art. 10 della l. 27 luglio 2000, n. 212; c) la questione di costituzionalità posta dalla ricorrente era infondata in ragione del pronunciamento in senso contrario di Corte cost. n. 27 del 14/02/2018.
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di FB è affidato a cinque motivi, il cui contenuto viene di seguito riassunto.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, della l. 13 dicembre 2010, n. 220, nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR erroneamente ritenuto la sussistenza, in capo alla società contribuente, del presupposto impositivo della gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del d.l. 6 luglio 1998, n. 98, conv. con modif. nella l. 15 luglio 2011, n. 111, nonché dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, della d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR erroneamente determinato il quantum debeatur secondo il cd. metodo forfetario, rendendo motivazione apparente.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 66, della l. n. 220 del 2010, degli artt. 1 e 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e degli artt. 52 e 56 TFUE, per non avere la CTR accolto i rilievi di incompatibilità della legge nazionale con il diritto unionale, sotto il profilo dell’applicazione del principio di non discriminazione, con conseguente richiesta (subordinata) di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della UE.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 66, della l. n. 220 del 2010, degli artt. 1 e 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 401 della direttiva n.
2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (direttiva IVA), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto la legittimità dell’introduzione di un’imposta in palese contrasto con il divieto unionale di istituire tributi ad effetto equivalente dell’IVA.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 47 2, dell’art. 10, comma 3, della l. 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR ritenuto l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Le questioni poste nel presente giudizio sono state oggetto di ripetuta e articolata disamina da parte di questa Corte a partire dalla sentenza n. 8757 del 30 marzo 2021, seguita da numerose altre (tra le tante Cass. 8907-8911/2021, 9079-9081/2021, 9144-9153/2021, 9160/2021, 9162/2021, 9168/2021, 9176/2021, 9178/2021, 9182/2021, 9184/2021, 9160/2021, 9516/2021, 9528-9537/2021, 9728-9735/2021; v. da ultimo Cass. n. 26384/2022; Cass. n. 813/2023; Cass. n. 6761/2023), che, all’esito di una compiuta ed analitica ricostruzione del sistema dell’imposta unica scommesse, fondata anche sui recenti interventi della Corte costituzionale (sentenza n. 27 del 2018) e della CGUE (sentenza 26 febbraio 2020, in causa C788/18), ha, tra l’altro, precisato che:
-sussistono i presupposti soggettivi e oggettivi d’imposta sia nei confronti del titolare della ricevitoria che del bookmaker estero privo di concessione, per il quale il primo operi, tra loro in rapporto di solidarietà paritetica;
sussistono i presupposti territoriali: l’imposta, che non ha natura di sanzione, si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono
stabiliti, restando esclusa ogni restrizione discriminatoria, violazione della libertà di prestazione di servizi o lesione di affidamento;
-l’imposta richiesta non è equiparabile, né riconducibile ad un trattamento sanzionatorio;
-l’art. 1, comma 66, lettera b), della l. n. 220 del 2010, va applicato anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore;
la decisione della Corte costituzionale n. 27/2018 ha escluso che siano assoggettate ad imposta solo le ricevitorie per le annualità antecedenti al 2011;
-non sussistono i presupposti per ritenere l’obbiettiva incertezza normativa per le annualità a partire dal 2011;
-l’imposta non ha natura armonizzata e non sussiste contrasto con l’art. 401 direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (direttiva IVA), né profili di doppia imposizione.
Ciò premesso, possono essere rapidamente esaminati il primo ed il terzo motivo, che sono infondati proprio in ragione dei principi più sopra ricordati.
Il secondo motivo, involgente la determinazione del quantum debeatur , è inammissibile.
4.1. La ricorrente, infatti, non allega né trascrive l’avviso di accertamento, non trascrive le specifiche censure mosse in sede di merito alla determinazione del dovuto con il cd. metodo forfettario e, infine, non spiega in cosa detto metodo consista, sicché la censura resta generica e difetta palesemente di autosufficienza.
Il quarto motivo, con il quale si contesta la violazione dell’art. 401 della direttiva n. 2006/112/CE per mancata disapplicazione del d.lgs. n. 504 del 1998, è infondato.
5.1. Il tributo che qui rileva è differente da una imposta sulla cifra di affari per plurime ragioni: a) riguarda unicamente operazioni
relative all’esercizio RAGIONE_SOCIALE scommesse, irrilevanti a fini IVA; b) non tiene conto del valore aggiunto di ciascuna, difettando nel sistema il meccanismo della detrazione IVA e applicandosi il tributo all’importo scommesso; c) è calcolata senza alcun riconoscimento di deduzione degli acquisti di beni e servizi inerenti effettuati nel periodo in cui sono poste in essere le operazioni di scommessa.
5.2. Non rilevano quindi i soli fatti consistenti nella proporzionalità, nell’esser riscossa a ogni fase e nella sua traslazione in capo al consumatore, evidenziati in ricorso, anche perché (come con evidente contraddizione logica e giuridica si ammette con il ricorso per cassazione) proprio la disciplina IVA che si cita da parte della ricorrente, l’art. 10, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, proclama esenti dal tributo armonizzato le operazioni in parola con ciò escludendo il concorso di due imposte sul medesimo volume d’affari.
5.3. Effetto del tutto risolutivo e dirimente ha sul punto, il chiaro dictum del giudice unionale (CGUE 24 ottobre 2013, in causa C440/2012, RAGIONE_SOCIALE) secondo il quale, in forza dell’articolo 401 della direttiva IVA « le disposizioni di direttiva non vietano ad uno RAGIONE_SOCIALE membro di mantenere o introdurre imposte (…) sui giochi e sulle scommesse, (…) e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari (…) ».
5.4. La formulazione dell’art. 401 citato non osta, pertanto, a che gli Stati membri assoggettino un’operazione all’IVA, nonché, in modo cumulativo, a un tributo speciale non avente il carattere d’imposta sul volume d’affari (v., in tal senso, CGUE 8 luglio 1986, causa C-73/85, Kerrut , Racc. pag. 2219, punto 22).
5.4.1. Secondo la richiamata pronuncia, quindi, l’art. 401 della direttiva, in combinato disposto con l’art. 135, § 1, lett. i) della stessa, deve essere interpretato nel senso che l’imposta sul valore
aggiunto e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che siffatto ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari.
5.4.2. Inoltre, sempre secondo tal sentenza, l’art. 1, § 2, prima frase, e l’art. 73 della direttiva devono essere interpretati nel senso che non ostano a una disposizione o a una prassi nazionale secondo cui, per la gestione di apparecchi per giochi d’azzardo con possibilità di vincita, l’importo dei proventi di cassa di tali apparecchi dopo che è trascorso un determinato periodo di tempo venga considerato come base imponibile.
Il quinto motivo, con il quale ci si duole della mancata disapplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, è infondato.
6.1. Secondo questa Corte, l’incertezza normativa oggettiva tributaria « è caratterizzata dall’impossibilità d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto (il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’amministrazione), come emerge dal d.lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti. Peraltro, il fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva può essere desunto dal giudice attraverso la rilevazione di una serie di “fatti indice”, quali ad esempio: 1) la difficoltà d’individuazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) la mancanza di una prassi amministrativa o l’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) la mancanza di precedenti
giurisprudenziali; 7) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente » (Cass. n. 12301 del 17/05/2017; Cass. n. 15452 del 13/06/2018; Cass. n. 10313 del 12/04/2019, Cass. n. 32082 del 09/12/2019).
6.2. Con riferimento al caso di specie, la sopra citata sentenza della Corte cost. n. 27 del 2018, nel ricostruire l’ambito applicativo dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1988, come interpretato autenticamente dall’art. 1, comma 66, l. n. 220 del 2010, ha bensì affermato che, anche alla luce della disciplina previgente, soggetto passivo dell’imposta è chi svolge l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse anche se privo di concessione, con conseguente responsabilità del bookmaker estero che, mediante un proprio intermediario, svolga l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse pur se privo di concessione.
6.3. La stessa sentenza ha tuttavia evidenziato che « il tenore letterale della disposizione consentiva anche una diversa interpretazione, nel senso che, attraverso il richiamo contenuto nell’art. 1 del d.lgs. n. 504 del 1998 al rispetto della concessione e della licenza di pubblica sicurezza, essa contemplasse i soli soggetti operanti nel sistema concessorio (ad esclusione perciò dei “bookmaker” con sede all’estero, sforniti di titolo concessorio in Italia, e della rete RAGIONE_SOCIALE ricevitorie di cui essi si avvalgono nel territorio italiano) » (punto 4.1.), dando poi atto del fatto che « con la disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lett. b), della l. n. 220 del 2010, il legislatore ha dunque esplicitato una possibile variante di senso della disposizione interpretata » e che la stessa
RAGIONE_SOCIALE aveva espressamente riconosciuto che la normativa in esame si prestava alla considerazione di incertezza applicativa (punto 4.1.).
6.4. In sostanza, la Corte costituzionale ha riconosciuto che la previsione contenuta nell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, si prestava ad un duplice opzione interpretativa in ordine alla sussistenza o meno della individuazione della soggettività passiva del bookmaker estero che, mediante una ricevitoria operante nel territorio nazionale, avesse svolta l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse senza concessione e che la disposizione interpretativa del 2010 è intervenuta al fine di esplicitare il contenuto della incerta previsione, orientando la scelta interpretativa nel senso della sussistenza della soggettività passiva.
6.5. Ne consegue che l’obiettiva incertezza normativa in ordine alla soggettività passiva del bookmaker estero e la conseguente applicazione dell’esimente prevista dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 sussiste fino al momento della entrata in vigore della disciplina interpretativa del 2010, ma non può, invece, evocarsi nel caso di specie, trattandosi di anno d’imposta successivo al 2010 e quindi non sussistendo più alcuna incertezza interpretativa per effetto della legge interpretativa giudicata pro futuro costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
7.1. La ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 21.781,54.
7.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 2.400,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/02/2024.