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Imposta Unica Scommesse: CTD e bookmaker estero

La Corte di Cassazione ha confermato l’applicazione dell’imposta unica scommesse a un centro trasmissione dati operante per un bookmaker estero senza concessione. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la normativa non è in contrasto con il diritto UE, che le sanzioni sono legittime per l’annualità 2014 data l’assenza di incertezza normativa, e che l’imposta non è un tributo equivalente all’IVA.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: CTD e Bookmaker Estero sotto la lente della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sulla controversa questione dell’imposta unica scommesse, confermando la sua applicabilità anche ai Centri Trasmissione Dati (CTD) che operano in Italia per conto di bookmaker esteri privi di concessione. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico, offrendo importanti chiarimenti sulla compatibilità della normativa nazionale con il diritto europeo e sulla legittimità delle sanzioni applicate.

Il Contesto del Caso: La Tassazione di un CTD

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a una società che svolgeva attività di CTD. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2014, in relazione alle giocate raccolte per un bookmaker con sede in Austria e sprovvisto di concessione italiana.

La società contribuente ha impugnato l’atto, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno respinto le sue doglianze, confermando la piena legittimità della pretesa fiscale. Secondo i giudici di merito, la legge istitutiva dell’imposta era compatibile con il diritto dell’Unione Europea e le sanzioni erano dovute, non sussistendo alcuna causa di esclusione della responsabilità.

L’Imposta Unica Scommesse e i motivi del Ricorso in Cassazione

La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, affidandosi a cinque motivi principali. In sintesi, sosteneva che:

1. Mancava il presupposto impositivo, in quanto il CTD non gestiva direttamente le scommesse.
2. La determinazione del debito d’imposta con metodo forfettario era illegittima e immotivata.
3. La normativa nazionale violava il principio di non discriminazione e la libertà di prestazione dei servizi sanciti dal diritto UE.
4. L’imposta unica costituiva un tributo equivalente all’IVA, vietato dalla normativa europea.
5. Le sanzioni non dovevano essere applicate a causa dell’incertezza normativa oggettiva sulla materia.

L’Analisi della Corte: L’Imposta Unica Scommesse è Legittima

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, basandosi su un consolidato orientamento giurisprudenziale, rafforzato da interventi della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Compatibilità con il Diritto Europeo

I giudici hanno ribadito che l’imposta unica scommesse si applica a tutte le scommesse raccolte nel territorio italiano, indipendentemente dalla localizzazione del bookmaker e dalla presenza o meno di una concessione. Questo sistema non crea alcuna discriminazione né restringe la libertà di prestazione dei servizi, in quanto pone sullo stesso piano tutti gli operatori che attingono al mercato italiano. Inoltre, la Corte ha chiarito che l’imposta non ha natura di tassa sul volume d’affari come l’IVA. Essa, infatti, non prevede il meccanismo della detrazione e si applica sull’importo scommesso, non sul valore aggiunto, rendendola pienamente compatibile con la direttiva IVA.

La questione delle sanzioni e l’incertezza normativa

Uno dei punti più interessanti riguarda le sanzioni. La Corte ha riconosciuto che in passato esisteva un’ambiguità interpretativa sulla soggettività passiva dei bookmaker esteri senza concessione. Tuttavia, questa incertezza è stata definitivamente superata da una norma di interpretazione autentica del 2010. Poiché il periodo d’imposta contestato era il 2014, la società non poteva più invocare l’incertezza normativa per giustificare l’inapplicabilità delle sanzioni, essendo il quadro giuridico ormai chiaro e consolidato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato il rigetto di ogni singolo motivo. Ha dichiarato inammissibile la censura sulla determinazione forfettaria del dovuto, poiché il ricorrente non aveva rispettato il principio di autosufficienza, omettendo di allegare e descrivere nel dettaglio gli atti e le censure specifiche mosse nei precedenti gradi di giudizio.

Per gli altri motivi, la decisione si è fondata sulla vasta e coerente giurisprudenza esistente. La Corte ha sottolineato come i presupposti soggettivi e oggettivi dell’imposta siano pienamente sussistenti sia per il CTD che per il bookmaker estero, i quali sono responsabili in solido. La compatibilità con il diritto UE è stata confermata sulla base di specifiche sentenze della CGUE, che ammettono l’introduzione di imposte speciali sui giochi e sulle scommesse purché non abbiano il carattere di imposta sul volume d’affari.

Le Conclusioni della Corte di Cassazione

In conclusione, la Corte ha rigettato il ricorso e ha condannato la società al pagamento delle spese legali. La pronuncia riafferma con forza un principio chiave: chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano, anche se per conto di un operatore estero non autorizzato, è tenuto al pagamento dell’imposta unica scommesse. Per le annualità successive al 2010, non è più possibile invocare l’incertezza della legge per sfuggire alle sanzioni. Questa ordinanza rappresenta un ulteriore, importante tassello nella definizione del regime fiscale del gioco online, confermando la solidità dell’impianto normativo nazionale.

Un Centro Trasmissione Dati (CTD) che raccoglie scommesse per un bookmaker estero senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta si applica sia al CTD che al bookmaker estero, i quali sono considerati soggetti passivi in via solidale per le scommesse raccolte in Italia.

L’imposta unica sulle scommesse è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte ha stabilito che l’imposta non viola i principi di non discriminazione né la libertà di prestazione dei servizi. Inoltre, non ha il carattere di un’imposta sul volume d’affari (come l’IVA) e la sua istituzione è quindi permessa dalla normativa europea.

È possibile evitare le sanzioni per omesso versamento dell’imposta invocando l’incertezza della legge?
No, non per i periodi d’imposta successivi al 2010. La Corte ha chiarito che, sebbene in passato potesse esserci un’ambiguità normativa, questa è stata risolta da una legge interpretativa del 2010. Per l’anno 2014, oggetto della controversia, il quadro giuridico era sufficientemente chiaro da escludere l’applicazione dell’esimente per incertezza normativa oggettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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