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Imposta unica scommesse: chi paga il conto?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23310/2024, ha stabilito che per l’imposta unica scommesse sono responsabili in solido sia il centro di trasmissione dati (CTD) operante in Italia, sia il bookmaker estero privo di concessione per cui raccoglie le giocate. La Corte ha rigettato il ricorso degli operatori, confermando che l’attività del CTD non è una mera trasmissione di dati, ma una vera e propria gestione del gioco, che integra il presupposto soggettivo del tributo. La decisione, relativa all’anno d’imposta 2012, si allinea alla giurisprudenza costituzionale ed europea, escludendo violazioni dei principi di non discriminazione e libera prestazione dei servizi.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: CTD e Bookmaker Estero, la Cassazione Chiarisce Chi Paga

Quando un centro scommesse locale opera per conto di un bookmaker estero privo di concessione italiana, chi è tenuto a versare l’imposta unica scommesse? È una domanda che per anni ha animato il dibattito legale nel settore del gioco. Con la recente ordinanza n. 23310/2024, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo sulla questione, stabilendo una responsabilità solidale tra l’intermediario nazionale e l’operatore estero.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di un operatore individuale, titolare di un Centro Trasmissione Dati (CTD), e di una società di scommesse con sede a Malta, per la quale il CTD raccoglieva le giocate. L’accertamento contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’annualità 2012.

Sia il CTD che il bookmaker estero avevano impugnato l’atto, sostenendo che l’attività del centro locale fosse di mera trasmissione dati e non di gestione delle scommesse, e che la normativa italiana violasse i principi di non discriminazione e di libera prestazione di servizi sanciti dal diritto dell’Unione Europea. Le loro ragioni erano state respinte sia in primo che in secondo grado dalla giustizia tributaria.

La questione giuridica

Il cuore della controversia ruotava attorno all’individuazione del soggetto passivo dell’imposta. Gli operatori sostenevano che il vero gestore fosse il bookmaker estero, che definiva quote e assumeva il rischio, mentre il CTD agiva come un semplice intermediario tecnologico. Di conseguenza, tassare il CTD sarebbe stato illegittimo. Inoltre, veniva lamentata una discriminazione rispetto agli operatori nazionali dotati di concessione e una violazione del legittimo affidamento, dato il quadro normativo incerto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sull’imposta unica scommesse

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la piena legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria. Le motivazioni della decisione si fondano su diversi pilastri argomentativi.

Il Ruolo del CTD come ‘Gestore’

In primo luogo, la Corte ha smontato la tesi del CTD come mero intermediario. L’attività svolta – raccolta delle proposte di scommessa, incasso delle somme, pagamento delle vincite e messa a disposizione dei locali – non costituisce una semplice trasmissione di dati, ma integra a tutti gli effetti una funzione di ‘gestione’. Questa attività, svolta sul territorio italiano, è il presupposto territoriale e soggettivo per l’applicazione dell’imposta unica scommesse.

La Compatibilità con il Diritto Costituzionale ed Europeo

La Corte ha richiamato la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2018, la quale ha già validato la costituzionalità della normativa per le annualità successive al 2011. Per l’anno in esame (2012), la legge interpretativa del 2010 (L. n. 220/2010) era già in vigore, permettendo agli operatori di adeguare i loro rapporti contrattuali per gestire la traslazione del carico fiscale dal CTD al bookmaker.

Sul fronte del diritto dell’Unione Europea, la Cassazione, citando la giurisprudenza della Corte di Giustizia (in particolare, la causa C-788/18), ha escluso qualsiasi profilo di discriminazione. La normativa italiana si applica indistintamente a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, siano essi nazionali con concessione o esteri senza. Le restrizioni alla libera prestazione dei servizi sono giustificate da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dei consumatori, la prevenzione delle frodi e la lotta al gioco illegale.

Il Principio della Responsabilità Solidale

Infine, la Corte ha ribadito il principio della responsabilità solidale. Se l’attività è esercitata per conto di terzi (il bookmaker estero), il soggetto per conto del quale l’attività è svolta è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni. Questo significa che l’Agenzia fiscale può legittimamente richiedere il pagamento dell’intero importo sia al CTD che al bookmaker.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un orientamento ormai granitico: chiunque partecipi alla filiera della raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto alla potestà impositiva dello Stato. L’imposta unica scommesse colpisce l’organizzazione del servizio di gioco offerto al consumatore finale, e sia il punto fisico di raccolta (CTD) sia l’organizzatore remoto (bookmaker) sono considerati gestori e, di conseguenza, contribuenti. La decisione conferma che il tentativo di operare al di fuori del sistema concessorio non mette al riparo dagli obblighi fiscali previsti dalla legge italiana.

Chi è responsabile per il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse quando un negozio italiano (CTD) raccoglie giocate per un bookmaker estero senza concessione?
Secondo la Corte di Cassazione, sono responsabili entrambi. Il centro di trasmissione dati (CTD) è considerato il soggetto passivo principale perché gestisce attivamente la raccolta, mentre il bookmaker estero è obbligato in solido, il che significa che l’Agenzia fiscale può richiedere il pagamento dell’intera imposta a uno qualsiasi dei due.

La legge italiana sull’imposta unica per gli operatori senza concessione viola le norme dell’Unione Europea sulla libera prestazione di servizi?
No. La Corte ha stabilito, in linea con la Corte di Giustizia dell’UE, che la normativa non è discriminatoria. Essa si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, indipendentemente da dove abbiano la loro sede legale. Tale disciplina è giustificata da ragioni di interesse generale, come la lotta al gioco illegale e la tutela dei consumatori.

Perché la responsabilità fiscale del CTD è stata considerata legittima per l’anno 2012 ma non per gli anni precedenti al 2011?
La differenza è dovuta all’entrata in vigore della legge n. 220/2010. Per l’anno d’imposta 2012, questa legge aveva già chiarito la soggettività passiva dei CTD, permettendo loro di rinegoziare i contratti con i bookmaker per trasferire il carico fiscale. Per gli anni precedenti al 2011, invece, la Corte Costituzionale ha ritenuto la norma retroattiva incostituzionale, poiché gli operatori non avevano avuto la possibilità di adeguare i loro accordi economici a un onere fiscale non previsto al momento della stipula dei contratti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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