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Imposta unica scommesse: chi paga il conto?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un operatore di scommesse estero, anche se privo di concessione italiana, è tenuto al pagamento dell’imposta unica scommesse per le giocate raccolte in Italia tramite i suoi intermediari. La Corte ha però annullato le sanzioni relative agli anni antecedenti al 2011, riconoscendo una condizione di oggettiva incertezza normativa che esclude la colpevolezza del contribuente per quel periodo.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: anche i Bookmaker Esteri devono pagarla

L’applicazione dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia è da tempo al centro di un complesso contenzioso legale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, confermando l’obbligo di pagamento del tributo per i bookmaker stranieri ma, al contempo, introducendo un importante principio in materia di sanzioni per il periodo antecedente a una modifica legislativa chiave.

Il Contesto del Caso

Il caso ha origine da una serie di avvisi di accertamento emessi dall’amministrazione fiscale nei confronti di una nota società di scommesse con sede a Malta. Tali avvisi richiedevano il pagamento dell’imposta unica sulle scommesse per le annualità dal 2008 al 2012, relative alle giocate raccolte sul territorio italiano attraverso una rete di intermediari.

La società ha impugnato gli atti impositivi sostenendo diverse argomentazioni, tra cui:
* La violazione dei principi del diritto dell’Unione Europea di non discriminazione e di libera prestazione di servizi.
* L’errata applicazione della normativa tributaria nazionale, che, a suo dire, non la identificava come soggetto passivo d’imposta.
* L’illegittimità delle sanzioni applicate.

Dopo essere risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio, la società ha presentato ricorso in Cassazione.

L’Imposta Unica Scommesse e la Responsabilità del Bookmaker Estero

Il fulcro della decisione della Suprema Corte riguarda la soggettività passiva del bookmaker estero. I giudici hanno stabilito, in linea con la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che il presupposto dell’imposta non è la conclusione del contratto di scommessa, ma l’attività di “gestione” e “raccolta” delle scommesse sul territorio italiano.

Questa attività, svolta materialmente dagli intermediari locali per conto dell’operatore estero, è sufficiente a radicare la potestà impositiva dello Stato italiano. Di conseguenza, sia il bookmaker estero che l’intermediario in Italia sono solidalmente obbligati al pagamento del tributo. La Corte ha chiarito che questa interpretazione non viola il diritto europeo, poiché non crea alcuna discriminazione tra operatori nazionali ed esteri: chiunque gestisca scommesse raccolte in Italia è soggetto alla medesima imposta.

La questione delle sanzioni e l’incertezza normativa

Sebbene la Corte abbia confermato la debenza del tributo, ha accolto parzialmente il ricorso della società su un punto specifico: le sanzioni. L’ordinanza distingue nettamente tra il periodo precedente e quello successivo alla Legge di Stabilità del 2011 (L. 220/2010), che ha fornito un’interpretazione autentica della normativa sull’imposta unica.

Per le annualità antecedenti (nel caso di specie, 2008, 2009 e 2010), i giudici hanno riconosciuto l’esistenza di una “condizione di obiettiva incertezza normativa” riguardo all’obbligo impositivo a carico dei bookmaker esteri privi di concessione. Questa incertezza, confermata anche dalla Corte Costituzionale, funge da esimente ai sensi del D.Lgs. 472/1997, escludendo l’applicazione delle sanzioni per mancato versamento del tributo. L’incertezza è venuta meno solo con l’intervento chiarificatore del legislatore del 2010. Pertanto, per le annualità successive (2011 e 2012), le sanzioni sono state ritenute legittime.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un solido quadro normativo e giurisprudenziale, sia nazionale che europeo. Le motivazioni principali possono essere così sintetizzate:
* Territorialità dell’imposta: Il presupposto impositivo si realizza in Italia, dove avviene la raccolta del gioco. La localizzazione estera del bookmaker è irrilevante.
* Solidarietà paritetica: Sia il bookmaker (organizzatore) sia l’intermediario (raccoglitore) partecipano all’attività di gestione delle scommesse e sono quindi coobbligati in solido al versamento dell’imposta.
* Compatibilità con il diritto UE: La Corte di Giustizia UE ha già stabilito che l’imposta unica non è discriminatoria né costituisce una restrizione ingiustificata alla libera prestazione di servizi, essendo applicata a tutti gli operatori che raccolgono gioco in Italia.
* Annullamento sanzioni per incertezza oggettiva: Prima della legge interpretativa del 2010, il quadro normativo si prestava a diverse interpretazioni sulla soggettività passiva dei bookmaker esteri. Tale ambiguità costituisce una causa di non punibilità che giustifica l’annullamento delle sanzioni per il periodo precedente, ma non dell’imposta, che resta dovuta.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale nel settore del gioco: la nazionalità o la sede legale di un operatore non lo esonera dagli obblighi fiscali nello stato in cui raccoglie le scommesse. Chiunque operi sul mercato italiano deve contribuire secondo le leggi italiane. Tuttavia, la decisione introduce anche un importante correttivo di equità, riconoscendo che i contribuenti non possono essere sanzionati quando la legge stessa è ambigua. La distinzione temporale operata dalla Corte offre una lezione di civiltà giuridica: il tributo è dovuto in base al principio di capacità contributiva, ma la sanzione presuppone una violazione chiara e inequivocabile della norma, la cui assenza, a causa dell’incertezza normativa, agisce come esimente.

Un bookmaker estero senza concessione in Italia deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il presupposto dell’imposta è l’attività di gestione e raccolta delle scommesse sul territorio italiano. Pertanto, anche un operatore estero che raccoglie gioco in Italia tramite intermediari è tenuto al pagamento del tributo, in solido con gli intermediari stessi.

Perché le sanzioni fiscali sono state annullate per alcuni anni?
Le sanzioni sono state annullate per le annualità antecedenti all’entrata in vigore della norma interpretativa contenuta nella Legge di Stabilità del 2011 (quindi, nel caso specifico, per il 2008, 2009 e 2010). La Corte ha riconosciuto che prima di tale legge esisteva una “obiettiva incertezza normativa” sulla soggettività passiva dei bookmaker esteri, condizione che esclude la colpevolezza del contribuente e funge da causa di non punibilità (esimente).

La tassazione italiana sulle scommesse viola il diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte di Cassazione, richiamando precedenti sentenze della Corte di Giustizia dell’UE, ha ribadito che l’imposta unica sulle scommesse non viola i principi di non discriminazione e di libera prestazione di servizi. La normativa italiana si applica indistintamente a tutti gli operatori, nazionali o esteri, che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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