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Imposta unica scommesse: Cassazione sulla tassazione

Una società di scommesse estera, operante in Italia tramite centri di trasmissione dati (CTD) senza concessione nazionale, ha contestato un avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la responsabilità solidale tra la società estera e il gestore del CTD. I giudici hanno stabilito che l’imposta è legittima, non discriminatoria e conforme al diritto dell’Unione Europea, poiché si applica alla “gestione” dell’attività di scommessa svolta sul territorio italiano, indipendentemente dalla sede o dallo status giuridico dell’operatore. Essendo l’annualità contestata (2012) successiva ai chiarimenti legislativi, è stata esclusa qualsiasi violazione del legittimo affidamento.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Legittima per i Bookmaker Esteri senza Concessione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha consolidato un principio fondamentale nel settore del gioco: l’imposta unica scommesse è dovuta anche dagli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia attraverso reti di intermediari, come i Centri Trasmissione Dati (CTD), pur essendo privi di una concessione statale. Questa decisione chiarisce la portata della normativa fiscale, confermandone la piena compatibilità con i principi del diritto nazionale ed europeo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di una nota società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica per l’annualità 2012, ritenendo la società coobbligata in solido con un gestore di un CTD italiano che operava per suo conto. La società ha impugnato l’atto, sostenendo l’illegittimità della pretesa fiscale per violazione dei principi UE di non discriminazione e libertà di prestazione dei servizi, nonché per la violazione del legittimo affidamento. Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari hanno respinto le doglianze della società, la quale ha quindi proposto ricorso per cassazione.

L’Analisi della Corte di Cassazione e l’Imposta Unica Scommesse

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo un’analisi dettagliata delle questioni sollevate e confermando la legittimità dell’imposizione.

Il Presupposto Impositivo: la “Gestione” delle Scommesse

Il punto cruciale della decisione risiede nell’individuazione del presupposto dell’imposta. Secondo la Corte, il fatto imponibile non è la conclusione del contratto di scommessa in sé, ma l’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse. Questa attività, definita come “gestione”, viene materialmente svolta sul territorio italiano attraverso il CTD, che si occupa della raccolta delle giocate, dell’incasso delle somme e del pagamento delle vincite. Di conseguenza, è irrilevante che la sede legale del bookmaker sia all’estero: l’attività che genera il reddito e che costituisce il presupposto del tributo ha una chiara e indiscutibile connessione territoriale con l’Italia.

La Solidarietà tra Bookmaker e CTD

La Corte ha confermato il vincolo di solidarietà paritetica tra il bookmaker estero e il gestore del CTD. Entrambi partecipano, seppur con ruoli diversi, all’unica attività di gestione delle scommesse. Il CTD agisce come braccio operativo del bookmaker sul territorio, rendendone possibile la presenza sul mercato italiano. Pertanto, la legge li considera entrambi responsabili per il versamento dell’imposta, consentendo all’Agenzia di richiederne il pagamento integrale a uno qualsiasi dei due soggetti.

Compatibilità con il Diritto UE e l’Imposta Unica Scommesse

Uno degli argomenti principali del ricorrente era la presunta discriminazione rispetto agli operatori nazionali. La Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare la sentenza C-788/18), ha escluso qualsiasi violazione. La normativa italiana sull’imposta unica scommesse non discrimina in base alla nazionalità o alla sede dell’operatore, ma tassa un’attività svolta in Italia. L’assenza di concessione non può diventare un vantaggio fiscale; al contrario, estendere l’imposta a tutti gli operatori garantisce la lealtà fiscale nel settore e previene fenomeni di evasione.

La Questione del Legittimo Affidamento e dell’Operatore “Sanato”

Infine, la Corte ha respinto la tesi della violazione del legittimo affidamento. La normativa interpretativa del 2010 aveva già chiarito in modo inequivocabile che l’imposta era dovuta anche dai soggetti senza concessione. Poiché i fatti risalgono al 2012, non sussisteva alcuna incertezza normativa. Anche lo status di “operatore sanato” – riconosciuto in sede amministrativa a seguito dell’illegittima esclusione da gare passate – non comporta un’esenzione fiscale. La liceità dell’attività non esime dagli obblighi tributari che gravano su chiunque eserciti tale attività sul territorio nazionale.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sistematica della normativa nazionale e unionale. Richiamando la sentenza n. 27/2018 della Corte Costituzionale, i giudici hanno ribadito che, a partire dall’annualità 2011, l’imposizione a carico dei CTD è legittima in quanto essi hanno la possibilità di rinegoziare le proprie commissioni con il bookmaker estero per trasferire su quest’ultimo l’onere fiscale, salvaguardando così il principio di capacità contributiva. La Corte ha inoltre sottolineato che gli Stati membri, in assenza di un’armonizzazione fiscale europea nel settore dei giochi, mantengono il potere di definire il proprio sistema di tassazione per perseguire obiettivi di interesse generale, come la tutela dei consumatori e la lotta alla criminalità.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un punto fermo nella giurisprudenza sull’imposta unica scommesse. Essa chiarisce definitivamente che qualsiasi operatore, nazionale o estero, che raccolga scommesse sul territorio italiano è tenuto al pagamento del tributo, indipendentemente dal possesso di una concessione. La decisione rafforza la posizione dell’Amministrazione finanziaria nel contrasto all’evasione fiscale nel settore del gioco e garantisce parità di condizioni competitive, stabilendo che la presenza sul mercato italiano comporta l’accettazione dei relativi oneri fiscali.

Un bookmaker estero che opera in Italia tramite un CTD senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta è dovuta perché il presupposto tassabile è la “gestione” delle scommesse, un’attività che si svolge materialmente sul territorio italiano attraverso il CTD. L’assenza di concessione statale è irrilevante ai fini fiscali.

Chi è responsabile del pagamento dell’imposta: solo il bookmaker estero o anche il gestore locale del CTD?
Sono responsabili entrambi. La Corte ha stabilito un vincolo di solidarietà paritetica, il che significa che l’Agenzia delle Entrate può richiedere il pagamento dell’intero importo sia al bookmaker estero sia al gestore del CTD, poiché entrambi concorrono all’attività di gestione delle scommesse.

Questa tassazione viola i principi dell’Unione Europea di non discriminazione e di libera prestazione dei servizi?
No. La Corte, in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, ha affermato che la normativa non è discriminatoria. L’imposta si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte in Italia, siano essi nazionali o esteri, con o senza concessione. Questa misura è giustificata dalla necessità di regolamentare il mercato del gioco e combattere l’illegalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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