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Imposta unica scommesse: Cassazione e operatori esteri

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22208/2024, ha stabilito che i bookmaker esteri, anche se privi di concessione statale, sono tenuti al pagamento dell’imposta unica scommesse per le giocate raccolte in Italia. La Corte ha confermato la responsabilità solidale tra il bookmaker e il suo intermediario locale (CTD), rigettando il ricorso della società di scommesse. La decisione si fonda sul principio che il presupposto del tributo è la ‘gestione’ dell’attività di scommessa sul territorio nazionale, attività svolta congiuntamente da entrambi i soggetti, rendendo la normativa italiana conforme al diritto dell’Unione Europea.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione si pronuncia su Bookmaker Esteri e CTD

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale nel settore del gioco: l’applicazione dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono giocate in Italia tramite intermediari locali, noti come Centri Trasmissione Dati (CTD). La decisione n. 22208 del 2024 consolida un principio fondamentale: chiunque gestisca scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo d’imposta, indipendentemente dal possesso di una concessione statale e dal luogo in cui ha sede legale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una nota società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica per l’annualità 2011, ritenendo la società coobbligata in solido con il titolare di un CTD che operava in Italia per suo conto.

La società estera ha impugnato l’atto, sostenendo di non essere soggetto passivo del tributo in Italia e sollevando questioni di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea, in particolare riguardo alla libertà di prestazione dei servizi e al principio di non discriminazione. Tuttavia, sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari hanno dato ragione all’Amministrazione finanziaria, spingendo la società a ricorrere in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione sull’Imposta Unica Scommesse

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo un’analisi dettagliata dei presupposti dell’imposta e della sua applicabilità anche ai soggetti non concessionari.

Il Presupposto Impositivo: la “Gestione” delle Scommesse

Il punto centrale della decisione è l’individuazione del presupposto impositivo. La Corte ha chiarito che l’imposta non colpisce la mera conclusione del contratto di scommessa, ma la più ampia attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse. Questa attività di “gestione” si realizza in Italia attraverso l’indispensabile intervento del CTD, che mette a disposizione i locali, riceve le proposte, trasmette i dati al bookmaker, incassa le somme e paga le eventuali vincite.
Di conseguenza, l’attività che genera l’obbligo fiscale è svolta interamente sul territorio italiano, legittimando la potestà impositiva dello Stato.

La Responsabilità Solidale tra Bookmaker e CTD nell’Imposta Unica Scommesse

La Cassazione ha confermato la natura paritetica e solidale dell’obbligazione tributaria tra il bookmaker estero e il CTD locale. Entrambi partecipano, seppur con ruoli diversi, all’attività di gestione che costituisce il presupposto dell’imposta. Il bookmaker definisce le quote e si assume il rischio d’impresa, mentre il CTD rappresenta il braccio operativo sul territorio. Questa solidarietà, secondo la Corte, non è dipendente ma paritetica, poiché entrambi i soggetti realizzano una parte essenziale dell’attività imponibile.
Per le annualità successive al 2010, come quella in esame, la normativa permette al CTD di trasferire contrattualmente il carico fiscale sul bookmaker, garantendo il rispetto del principio di capacità contributiva.

Compatibilità con il Diritto dell’Unione Europea

Infine, la Corte ha escluso qualsiasi contrasto con il diritto dell’Unione. Citando la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, ha ribadito che la normativa italiana sull’imposta unica scommesse si applica indistintamente a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte in Italia, siano essi nazionali o esteri, concessionari o meno. Pertanto, non sussiste alcuna discriminazione né restrizione ingiustificata alla libera prestazione dei servizi. La legge persegue legittimi obiettivi di tutela dei consumatori e di recupero di base imponibile, in un settore non armonizzato a livello europeo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato il rigetto del ricorso basandosi su un’interpretazione sistematica delle norme nazionali e unionali. Ha sottolineato come la legge n. 220/2010 abbia fornito un’interpretazione autentica, chiarendo definitivamente che l’imposta è dovuta anche da chi opera al di fuori del sistema concessorio. L’attività di gestione delle scommesse, svolta in Italia tramite una rete di intermediari, è un indice inequivocabile di capacità contributiva che deve essere tassata nel luogo in cui si manifesta. Il riconoscimento della legittimità dell’attività di un operatore (ad esempio, a seguito di discriminazioni nell’accesso al sistema concessorio) non comporta un’esenzione fiscale, ma al contrario ne postula l’assoggettamento a parità di condizioni con gli altri operatori.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la posizione dell’Amministrazione finanziaria nella lotta all’evasione nel settore dei giochi. Viene sancito in modo definitivo che qualsiasi operatore, anche se stabilito all’estero, che raccolga scommesse in Italia attraverso una rete fisica di intermediari è tenuto a versare l’imposta unica. La decisione ribadisce la piena responsabilità solidale del bookmaker e del CTD, offrendo all’erario un doppio canale per la riscossione del tributo e garantendo parità di trattamento fiscale tra tutti gli attori del mercato.

Un bookmaker estero senza concessione italiana deve pagare l’imposta unica sulle scommesse raccolte in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il presupposto dell’imposta è la ‘gestione’ delle scommesse sul territorio italiano, attività che rende il bookmaker un soggetto passivo d’imposta, indipendentemente dal possesso di una concessione e dal luogo della sua sede legale.

Chi è responsabile per il pagamento dell’imposta: il bookmaker estero o il centro di trasmissione dati (CTD) locale?
Entrambi sono responsabili in solido. La Corte ha stabilito che l’obbligazione tributaria è solidale e paritetica, in quanto sia il bookmaker che il CTD partecipano all’attività di gestione che fa sorgere l’obbligo fiscale. L’Amministrazione finanziaria può quindi richiedere il pagamento dell’intero importo a uno qualsiasi dei due soggetti.

La tassazione degli operatori di scommesse esteri viola il diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte ha escluso ogni violazione, affermando che la normativa italiana sull’imposta unica si applica indistintamente a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, senza creare discriminazioni basate sulla nazionalità. Questa impostazione è in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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