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Imposta unica scommesse: Cassazione e operatori esteri

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di scommesse estera, confermando la sua soggezione all’imposta unica scommesse per le giocate raccolte in Italia tramite un centro di trasmissione dati. La Corte ha stabilito che il presupposto dell’imposta è la “gestione” dell’attività sul territorio nazionale, rendendo il bookmaker estero e la ricevitoria locale coobbligati solidali. La decisione ribadisce la compatibilità della normativa con il diritto dell’Unione Europea, escludendo qualsiasi discriminazione.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Anche i Bookmaker Esteri Devono Pagare

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un tema cruciale per il settore del gioco: l’applicazione dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia senza una concessione statale. La decisione chiarisce che l’obbligo tributario sorge indipendentemente dal possesso di una licenza, basandosi sul principio della territorialità dell’attività di gestione. Questo intervento giurisprudenziale consolida un orientamento fondamentale per l’equità fiscale nel mercato delle scommesse.

I Fatti del Caso

Una nota società di scommesse con sede a Malta si è vista notificare un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse per l’annualità 2011, ritenendo la società coobbligata in solido con un centro di trasmissione dati (CTD) italiano che operava per suo conto. La società ha impugnato l’atto, sostenendo di non essere soggetto passivo dell’imposta in quanto operatore estero privo di concessione. Dopo la sconfitta in primo e secondo grado, la questione è giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Imposta Unica Scommesse

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società estera, confermando la piena legittimità della pretesa fiscale. I giudici hanno stabilito che il presupposto per l’applicazione dell’imposta non è la conclusione formale del contratto di scommessa, ma l’effettiva “gestione” della raccolta del gioco sul territorio italiano. Questa attività, svolta materialmente dalla ricevitoria locale ma per conto e nell’interesse del bookmaker estero, radica l’obbligazione tributaria in Italia.

Le Motivazioni della Sentenza

L’ordinanza si fonda su un’analisi approfondita della normativa nazionale e della sua compatibilità con i principi europei. Le motivazioni possono essere così sintetizzate:

La “Gestione” delle Scommesse come Presupposto Impositivo

Il punto centrale della decisione è l’identificazione del presupposto impositivo. La Corte chiarisce che l’imposta colpisce l’organizzazione e l’esercizio delle scommesse. Tale attività non è svolta solo dal bookmaker che accetta il rischio, ma anche dall’intermediario locale che mette a disposizione i locali, riceve le proposte di scommessa, incassa le somme e paga le vincite. L’insieme di queste operazioni costituisce la “gestione” rilevante ai fini fiscali, che si svolge interamente in Italia.

Responsabilità Solidale tra Bookmaker e Ricevitoria

La normativa italiana, in particolare la Legge n. 220/2010, ha interpretato in modo autentico il D.Lgs. 504/1998, stabilendo che soggetto passivo d’imposta è chiunque, anche privo di concessione e ubicato all’estero, gestisca scommesse in Italia. Se l’attività è svolta per conto di terzi (come nel caso del CTD che opera per il bookmaker), il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento. Questa solidarietà paritetica nasce dalla partecipazione congiunta di entrambi i soggetti alla stessa attività imponibile.

La Compatibilità dell’Imposta Unica Scommesse con il Diritto UE

La società ricorrente lamentava una violazione dei principi di non discriminazione e di libera prestazione dei servizi sanciti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. La Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (in particolare la causa C-788/18), ha respinto tale argomentazione. È stato confermato che la normativa italiana non è discriminatoria perché l’imposta si applica indistintamente a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, siano essi nazionali o esteri, concessionari o meno. L’obiettivo è garantire la lealtà fiscale e prevenire l’elusione, finalità ritenute legittime dal diritto unionale.

Inapplicabilità del Legittimo Affidamento

Infine, la Corte ha escluso che il bookmaker potesse invocare il principio del legittimo affidamento per sottrarsi al pagamento. La responsabilità del bookmaker era già configurabile prima della legge interpretativa del 2010. Per l’annualità in esame (2011), successiva a tale legge, non poteva sussistere alcuna incertezza normativa circa l’obbligo di versare l’imposta per l’attività svolta in Italia, anche se per il tramite di un intermediario.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: chiunque tragga profitto dalla raccolta di scommesse sul territorio italiano è tenuto a contribuire al gettito fiscale nazionale. La decisione consolida la posizione dell’Amministrazione finanziaria nella lotta all’evasione nel settore dei giochi, affermando che né la sede estera né l’assenza di una concessione possono costituire uno scudo contro gli obblighi tributari. Per gli operatori del settore, ciò significa che la struttura operativa scelta per essere presenti sul mercato italiano non può prescindere da una corretta valutazione e adempimento degli obblighi fiscali previsti dalla legge.

Un bookmaker estero senza concessione italiana deve pagare l’imposta unica sulle scommesse raccolte in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che chiunque gestisce la raccolta di scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo dell’imposta, indipendentemente dal fatto che possieda o meno una concessione statale.

Chi è responsabile del pagamento dell’imposta: il bookmaker estero o la ricevitoria locale (CTD)?
Entrambi. La legge stabilisce una responsabilità solidale. Ciò significa che l’Amministrazione finanziaria può richiedere il pagamento dell’intera somma sia al bookmaker che alla ricevitoria che opera per suo conto.

L’applicazione di questa imposta agli operatori esteri viola il diritto dell’Unione Europea?
No. Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la Cassazione, la normativa italiana non è discriminatoria, in quanto l’imposta si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte in Italia, senza distinzioni basate sul luogo di stabilimento dell’operatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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