Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7673 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7673 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
2015 –
Imposta unica concorsi, pronostici e scommesse. Regolarizzazione. Determinazione base imponibile- questione di legittimità costituzionalemanifesta infondatezza-
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 10986 del ruolo generale dell’anno 2024, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE NOME LIMITED in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica (PEC) EMAIL
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 6051/2023 della Corte di Giustizia di II grado per la Campania, depositata in data 31 ottobre 2023, non notificata;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli notificava a RAGIONE_SOCIALE, soggetto esercente l’attività di raccolta scommesse con sede all’estero, un avviso di accertamento con il quale veniva contestato il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse di cui al d.lgs. n. 504/1998, per l’anno 2015, quale soggetto obbligato in solido con il titolare di un CDT (Centro Trasmissione Dati), operante per conto del bookmaker privo di concessione, irrogando anche le relative sanzioni.
2.Contro l’atto impositivo RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli che, con sentenza n. 4745/07/2022, lo rigettava.
3.L’appello proposto dalla contribuente avverso la pronuncia di primo grado veniva rigettato con la sentenza in epigrafe indicata.
4.Avverso tale decisione RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi. Chiede disporsi il previo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267, secondo comma, TFUE, sui quesiti indicati in ricorso. Solleva anche questione di legittimità costituzionale degli artt. 1-3 del D.Lgs. 23.12.1998 n. 504, come modificati dall’art. 1 co. 64 e 66 lett. b), della Legge di Stabilità 2011, e dell’art. 1, comma 644, lett. g), L. 190/2014, in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost.
5.Resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
In data 11.12.2024, la ricorrente ha depositato istanza di rimessione della causa alle S.U. ovvero in subordine di trattazione della stessa in pubblica udienza.
CONSIDERATO CHE
1.Preliminarmente, ritiene la Corte che vada disattesa l’istanza della società ricorrente di rimessione della causa alle S.U.- attesa la sussistenza di una ‘ questione di massima di particolare importanza ‘, al fine di dipanare i contrasti interpretativi sorti, in sede di merito, in relazione all’interpretazione della legge 190/2014 in tema di quantificazione dell’imposta (triplo della media provinciale) ovvero, in subordine, di trattazione della stessa in pubblica udienza.
Ai sensi dell’art. 3 74, comma 2, c.p.c.: « Inoltre il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici e su quelle che presentano una questione di massima di particolare importanza ».
Premesso che « Ferma la possibilità di rimettere la causa al primo presidente perché ne investa le sezioni unite in presenza di questione di diritto già decisa in modo contrastato dalle sezioni semplici o che presenti questione di massima di particolare importanza, al collegio giudicante è consentito tuttavia di affrontare la questione giuridica per enunciare un principio di diritto che sia comunque particolarmente importante » (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11185 del 2011), nella specie, il Collegio reputa che la questione concernente il criterio di quantificazione d’imposta di cui all’art. 1, comma 644, lett. g) della legge 190/2014, non meriti l’immediata attenzione delle sezioni unite, non ravvisandosene, per le ragioni di seguito indicate, la ‘particolare importanza’ che giustifica l’intervento in funzione nomofilattica.
Quanto all’istanza di trattazione in pubblica udienza, in adesione all’indirizzo già espresso dalle sezioni unite di questa Corte, il collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei
presupposti della trattazione in pubblica udienza qualora non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Sez. U, n. 8093 del 23 aprile 2020). In particolare, la sede dell’adunanza camerale non è incompatibile, di per sé, anche con la statuizione su questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite e già assistite da un consolidato orientamento, cui la Corte fornisce il proprio contributo. Nel caso in questione, il tema dell’applicabilità del criterio di quantificazione d’imposta di cui all’art. 1, comma 644, lett. g) della legge 190/2014, con riguardo all’anno di imposta 2015, non è neppure nuovo nella giurisprudenza di questa Corte (v. Cass., sez. 5, n. 24213 del 2023 di seguito citata).
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza e/o del procedimento per omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., con riguardo alla violazione e/o falsa applicazione della Legge n. 220/2010 (Legge di stabilità del 2011), con specifico riferimento alla ratio legis individuata nell’art. 1 comma 64, non potendo tale normativa essere applicata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, stante lo svolgimento da parte del bookmaker estero di attività lecita ed essendo l’intento del legislatore quello di sanzionare l’attività di gioco illecita.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 644 lett. g), della L. n. 190/2014, come modificato dall’art. 1, comma 926 L. n. 208/2015 nonché dell’art. 24, comma 10, D.L. 98/2011, conv. dalla L. n. 111/2011, per avere il giudice di appello ritenuto applicabile nei confronti della contribuente la metodologia di calcolo dell’imposta , induttivamente determinata, ragguagliando la base imponibile alla base forfettaria del triplo della media provinciale sebbene: 1) in ragione delle sopravvenienze normative di cui alla L. n. 208/2015, la norma da applicarsi con riferimento all’anno d’imposta oggetto d’accertamento (2015) fosse l’art. 24, comma 10, DL. 98/2011 e non già l’art.1, comma 644 lett. g) cit. applicabile dal 1° gennaio 2016; 2) anche a volere ritenere tale criterio di calcolo dell’imposta applicabile con riguardo al 2015, tale norma ponesse gravi interrogativi di legittimità costituzionale. A tal proposito, la ricorrente solleva
questione di legittimità costituzionale degli artt. 1-3 del D.lgs. 23.12.1998 n. 504, come modificati dall’art. 1 co. 64 e 66 lett. b), della Legge di Stabilità 2011, e dell’art. 1, comma 644, lett. g), L. n. 190/2014, in relazione agli artt. 3, 24, 53 e 97 Cost.
Con il terzo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 56 ss. TFUE e dei principi del diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, con riferimento all’art. 3 del d.lgs. n. 504/98, come interpretato dall’art. 1, commi 64 e 66, della legge n. 220/2010 nonché con riferimento all’art 1, comma 644 L. n. 190/2014, in relazione all’art. 360, co. 1, no. 3) c.p.c. ; propone, o invita a sollevare d’ufficio , rinvio pregiudiziale ex art. 267, terzo comma, TFUE, alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, e/o rinvio interpretativo alla grande sezione ex art. 104, terzo comma, del reg. proc. della Corte di Giustizia, in combinato disposto con l’art. 158 del pre detto regolamento, e dell’art. 16 dello statuto della Corte di Giustizia, per l’interpretazione degli artt. 56, 57 e 52 del TFUE.
Con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. 504/1998, come interpretato dall’art. 1, comma 66, lett. b), della L. 220/2010, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3) c.p.c., in merito al presupposto soggettivo dell’imposta .
Con il quinto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. b), l. 288/1998, in relazione all’art. 360 co. 1, n. 3) c.p.c., inerente al presupposto territoriale dell’imposta.
I motivi primo, terzo, quarto e quinto – da trattare congiuntamente concernendo tutti la soggettività e i presupposti dell’imposta unica sulle scommesse -sono manifestamente infondati; in particolare, con riguardo al primo motivo, anche ad assumere la pretermissione della questione di diritto, la stessa è stata già oggetto di un approfondito esame da parte di questa Corte.
8.Le questioni dedotte con i suddetti motivi di impugnazione – con riguardo al quadro normativo di riferimento (art. 1, comma 2, della legge n. 288 del 1998; art. 3 del decreto legislativo n. 504/88; art. 1, comma 66, della legge n. 220 del
2010; art. 16 del D.M. 1 marzo 2006 n. 111; art. 1, comma 644, lett. g), della legge n. 190 del 2014) – sono già state oggetto di ripetuta e articolata disamina da parte di questa Corte a partire dalla sentenza n. 8757 del 30 marzo 2021, seguita da numerose altre (tra le tante Cass. 8907-8911/2021, 90799081/2021, 9144-9153/2021, 9160/2021, 9162/2021, 9168/2021, 9176/2021, 9178/2021, 9182/2021, 9184/2021, 9160/2021, 9516/2021, 9528-9537/2021, 9728-9735/2021; 26384/2022; 813/2023; 6761/2023, 23310/2024; 24349/ 2024, 24033/2024).
Il quadro normativo pertinente è stato sottoposto all’esame della Corte costituzionale e della Corte di giustizia, che ne hanno compiutamente esaminato le relazioni rispettivamente con la Costituzione e col diritto unionale prospettate nell’odierno ricorso, fornendo chiari elementi per la soluzione degli ulteriori dubbi prospettati con il ricorso.
La Corte costituzionale, con riferimento all’ambito soggettivo dell’imposta, ha dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione dell’art. 3 d.lgs. n. 504 del 1998 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa del 2010 (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio); tuttavia, ha riconosciuto che il legislatore con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010 ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e che l’obbligo di versamento del tributo e di pagamento delle relative sanzioni grava anche sulle ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di “bookmakers” privi di concessione, svolgendo anch’esse una attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione.
A questo riguardo, la Corte costituzionale ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi” (ossia del titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (ossia al “bookmaker”) sia irragionevole, posto che l’attività consiste nella raccolta delle scommesse, il volume delle quali determina
anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale.
Entrambi i soggetti pertanto partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione: in particolare, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al “bookmaker” dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate, nonché del pagamento delle vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal “bookmaker”.
Della sussistenza di autonomi rapporti obbligatori non dubita, d’altronde, la giurisprudenza civile di questa Corte (v. anche Cass. 27/07/2015, n. 15731), neppure attagliandosi al rapporto tra il “bookmaker” e ricevitore lo schema della solidarietà dipendente, che ricorre, invece, quando uno dei coobbligati, pur non avendo realizzato un fatto indice di capacità contributiva, si trova in una posizione collegata con il fatto imponibile o con il contribuente, sulla base di un rapporto a cui il fisco resta estraneo (da ultimo Cass. n. 26489/2020).
In altri termini, la Corte costituzionale ha chiarito che l’imposta in esame è caratterizzata da un regime, in forza del quale ciascuno dei gestori risponde dell’obbligazione tributaria verso l’Erario a diverso e autonomo titolo, senza necessità per il creditore erariale di escutere uno di essi in via principale e salva la possibilità di rivalsa interna, regolabile su basi contrattuali.
Proprio l’autonomia dei rapporti obbligatori verso il fisco consente di parlare di solidarietà paritetica tra CTD e “bookmaker”, che a sua volta implica l’irrilevanza per l’Erario delle modalità con cui i due obbligati procedano a disciplinare pattiziamente la rivalsa; tale ultimo aspetto è stato infatti preso in considerazione dalla Corte costituzionale non già per farne derivare effetti sui rapporti tra “bookmaker” e Amministrazione finanziaria, bensì solo per
sottolineare che, prima della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 66, lett. b) della l. n. 220 del 2010, le ricevitorie erano legate ai “bookmaker” da contratti già in essere e non potevano pertanto negoziare (o rinegoziare) con il “bookmaker” le commissioni in termini economici tali da tener conto della necessità di pagare anch’esse in via diretta il tributo e dunque di operare una parziale traslazione dell’imposta.
Per il “bookmaker”, tuttavia, ciò non muta la struttura del suo rapporto obbligatorio verso l’Erario, che, anche per gli anni precedenti al 2011, era fondato, senza margini di dubbio, sul presupposto oggettivo della scommessa fatta dal cliente presso la ricevitoria, ancorché quest’ultima per quegli anni non potesse essere considerata responsabile, in ragione del suo affidamento su un quadro regolatorio diverso da quello poi interpretato dalla l. n. 220 del 2010.
Di conseguenza, la sentenza impugnata non può essere accusata di aver sovvertito il perimetro dell’avviso di accertamento per avere trasformato un obbligato solidale dipendente, risultante dall’avviso, nell’unico obbligato principale.
Infatti, anche a voler trascurare la circostanza che tale passaggio dell’avviso di accertamento non è stato trascritto nel ricorso, ad essere erronea è la premessa di partenza, secondo cui il fatto che il “bookmaker” fosse indicato nell’avviso come responsabile solidale implicasse necessariamente una solidarietà dipendente o sussidiaria.
Lo schema della solidarietà dipendente ricorre infatti quando uno dei coobbligati, pur non avendo realizzato un fatto indice di capacità contributiva, si trova in una posizione collegata con il fatto imponibile o con il contribuente, sulla base di un rapporto a cui il fisco resta estraneo (da ultimo Cass. 20/11/2020, n. 26480).
Nella specie, al contrario e come ampiamente illustrato, la solidarietà è paritetica, poiché anche il “bookmaker” realizza un fatto di gestione indice di capacità contributiva.
21. Né viola il principio della capacità contributiva la scelta di assoggettare all’imposta i titolari delle ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il “bookmaker” sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato; ciò in quanto, attraverso la regolazione negoziale delle commissioni, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul ‘bookmaker” per conto del quale opera, assolvendo la rivalsa funzione applicativa del principio di capacità contributiva.
22. In forza di tale articolato percorso la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della I. n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, restando esclusa la possibilità, per la già cristallizzata determinazione in quel periodo dell’entità delle commissioni tra ricevitorie e “bookmaker”, di poter procedere alla traslazione dell’imposta. Per le annualità d’imposta antecedenti al 2011, dunque, non rispondono le ricevitorie ma solamente i bookmaker, con o senza concessione, in base alla combinazione degli artt. 3 del d.lgs. n. 504/98 e 1, comma 66, lett. a), della I. n. 220/10, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale.
23. La suddetta ragione di incostituzionalità non è stata ravvisata per i “rapporti successivi al 2011”, quindi non solo per gli eventuali rapporti negoziali perfezionati dopo l’entrata in vigore della norma interpretativa, ma anche per i rapporti che, seppure sorti in data antecedente, si sono protratti oltre l’entrata in vigore della medesima norma; in entrambi i casi, invero, la disposizione interpretativa del 2010 costituisce parametro normativo di riferimento per definire negozialmente l’assetto di interessi delle parti, sia in caso di rapporti sorti successivamente che per quelli già sorti e destinati a protrarsi, potendo le parti, alla luce e tenendo conto proprio della scelta normativa di assoggettare al
tributo anche i titolari delle ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, rimodulare la regolazione negoziale delle commissioni al fine di trasferire il carico tributario sul “bookmaker” per conto del quale opera la ricevitoria. La solidarietà dell’obbligazione e la correlata possibilità di traslazione dell’imposta sono, infatti, destinate ad influire sulla stessa portata della regolazione negoziale delle commissioni tra le parti, che, anche quando i rapporti economici siano rimasti invariati, ossia non siano stati oggetto di modifiche o di nuovi accordi in conseguenza della legge n. 220 del 2010, assume, necessariamente, un valore di conformità e adeguatezza rispetto alla nuova configurazione legale del rapporto.
Orbene, considerato che nel presente giudizio si controverte sul periodo d’imposta 2015 e che viene in rilievo la sola posizione del bookmaker , le complessive censure sono infondate.
Va rilevato, inoltre, ai fini della territorialità dell’imposizione, che non rileva la conclusione del contratto di scommessa poiché il fatto imponibile è la prestazione di servizi consistente nell’organizzazione del gioco da parte del ricevitore e nella raccolta delle scommesse, che consiste, in relazione a ciascun scommettitore, nella valida registrazione della scommessa, documentata dalla consegna allo scommettitore della relativa ricevuta (così Cass. n. 15731 del 2015, cit.), attività, queste, tutte svolte in Italia.
Neppure è condivisibile l’interpretazione della sentenza della Corte cost. n. 27/2018, propugnata da parte ricorrente, né è configurabile, alla stregua dei principi da essa affermati, una irragionevolezza della norma interpretativa nella parte in cui, prevedendo la imponibilità anche delle scommesse a quota fissa offerte con modalità transfrontaliera in assenza di concessione, non ha tenuto conto che il movimento delle suddette scommesse, proprio in quanto realizzate fuori sistema, non viene rilevato, sicché la base imponibile viene determinata senza considerare il movimento netto reale, essendo le stesse escluse dalla formazione del movimento netto che determina l’applicazione delle aliquote, con
la conseguenza che verrebbero applicate aliquote superiori a quelle che avrebbero dovuto applicarsi per legge.
Tale ultimo profilo di censura, del resto, postula solo in astratto la circostanza che l’applicazione della disciplina di determinazione del movimento netto sul quale commisurare l’aliquota dell’imposta unica anche nel caso di scommettitore privo di concessione, avrebbe determinato l’applicazione dell’aliquota massima che diversamente, ove si fossero considerate anche le scommesse fuori sistema, non sarebbe stata applicata. In realtà, rispetto al criterio di commisurazione dell’aliquota secondo quanto previsto dall’art. 4, comma 1, lett. b), n. 3), d.lgs. n. 504 del 1998, valevole per tutti i soggetti che svolgono l’attività di raccolta delle scommesse, in alcun modo parte ricorrente deduce o allega in ordine al fatto che l’eventuale considerazione delle scommesse “fuori sistema” avrebbe potuto incidere diversamente sulla determinazione dell’imponibile e sull’applicazione dell’aliquota operata dall’amministrazione doganale secondo le prescrizioni di legge.
Una attenzione specifica, inoltre, va rivolta agli argomenti difensivi prospettati in ricorso, relativi alle ritenute frizioni con il diritto unionale.
In particolare, la ricorrente ha prospettato la violazione del diritto di non discriminazione, di parità di trattamento e del principio di affidamento.
Inoltre, il profilo centrale della linea difensiva seguita si fonda, in sostanza, sul riconoscimento della liceità dell’attività svolta nel tempo dalla ricorrente, come riconosciuta dalla giurisprudenza penale di questa Corte; ciò, secondo l’assunto di parte ricorrente, comporterebbe effetti anche sul piano strettamente fiscale e, inoltre, dovrebbe indurre a ritenere che la Corte di giustizia, con la pronuncia del 26 febbraio 2020, non avrebbe preso in considerazione la specificità della “peculiare posizione” nella quale la ricorrente si sarebbe venuta a trovare basata sulla illegittima ed originaria discriminazione dalla stessa subita nel tempo dall’autorità nazionale.
La linea difensiva seguita dalla ricorrente, più in particolare, si fonda sulla considerazione della natura sanzionatoria dell’intervento normativo di cui alla legge 220/2010, sicché la disciplina in esso contenuta troverebbe applicazione solo con riferimento allo svolgimento di una attività di gioco illecita, dunque non anche nei confronti della ricorrente, con la conseguenza che, ove applicata nei propri confronti, deriverebbe una violazione del principio di non discriminazione, della parità di trattamento nonché di legittimo affidamento e di libertà di stabilimento, determinando, inoltre, un contrasto interno della giurisprudenza di legittimità, tra le sezioni civili e quelle penali, in ordine alla questione.
Si tratta di considerazioni che non possono trovare accoglimento.
32. Con specifico riferimento al diritto unionale, premesso che le imposte sui giochi d’azzardo non hanno natura armonizzata, sicché rileva l’art. 56 del TFUE, la Corte di Giustizia, 26 febbraio 2020, causa C-788/18, ha preso diretta e specifica cognizione proprio delle medesime questioni sollevate con l’odierno ricorso ed ha escluso qualsivoglia discriminazione tra “bookmakers” nazionali e “bookmakers” esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (punto 21 di Corte giust. in causa C788/18), di modo che la normativa italiana «non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la Stanleybet Malta, nello Stato membro interessato».
Inoltre, nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, secondo costante giurisprudenza unionale, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: per conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti
di proporzionalità (Corte giust. 24 ottobre 2013, causa C-440/12, punto 47; 8 settembre 2009, causa C-42/07).
34. Il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nel comma 64 dell’art. 1 l. n. 220 del 2010, i propri obiettivi, tra i quali si colloca «…l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore».
35. La prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte giust. in causa C-788/18, cit., punto 23; per analogia, Corte giustizia 1° dicembre 2011, causa C-253/09, punto 83).
36. Orbene, la Corte di Giustizia ha escluso qualsivoglia discriminazione tra “bookmaker” nazionali e “bookmaker” esteri; anzi, come ha pure sottolineato la Corte costituzionale (ancora con la sentenza n. 27/18), a seguire la tesi prospettata in ricorso si giungerebbe ad una discriminazione al contrario: la scelta legislativa «risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione…».
37. Va evidenziato, a tal proposito, che la Corte di giustizia, se, col punto 17, in relazione al “bookmaker”, oltre che stabilire in via generale che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, col punto 24 specifica, in concreto, che, «…la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a
seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri»; sicché, conclude col punto 24, «…rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la Stanleybet Malta non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale». Quanto al centro trasmissione dati, il punto 26 si limita a ribadire che il “bookmaker” estero esercita un’attività di gestione di scommesse «allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali» ed è per questo che il centro di trasmissione dati che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), della I. n. 220/10, ma ciò non toglie (punto 28) che la situazione del centro trasmissione dati che trasmette i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali è diversa da quella del centro trasmissione che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro Stato membro.
38. La diversità della situazione, pertanto, è ” in re ipsa “, per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un “bookmaker” estero: nel settore dei giochi d’azzardo, difatti, il ricorso al sistema delle concessioni costituisce «…un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti» (Corte giust. 19 dicembre 2018, causa C375/17, Stanley RAGIONE_SOCIALE e Stanleybet RAGIONE_SOCIALE, punto 66, richiamata al punto 18 della sentenza in causa C-788/18, cit.); e ciò in conformità agli obiettivi esplicitamente perseguiti dal legislatore italiano (art. 1, comma 644, I, n. 220 del 2010), come puntualmente rimarcato dalla Corte di giustizia. Di qui l’esclusione, anche con riguardo alla posizione del centro trasmissione dati, di qualsiasi restrizione discriminatoria.
39. Le suddette considerazioni rendono dunque priva di ogni fondamento sia l’asserita assimilazione dell’imposizione alle sanzioni, ipotizzandone una oggettiva finalità afflittiva, che, invece, è del tutto assente attesa la riferibilità della pretesa ad ordinari, seppur specifici, meccanismi impositivi e l’assenza,
come su evidenziato, di caratteri discriminatori, sia la prospettata esistenza di un contrasto interno della giurisprudenza di legittimità in ordine alla questione.
La ricorrente, infatti, è considerata soggetto passivo d’imposta proprio per avere realizzato, per il tramite di propri centri di trasmissione dati operanti in Italia, il presupposto impositivo dell’imposta in esame.
La giurisprudenza penale di questa Corte (Cass. pen., 10/09/2020, n. 25439), poi, ha esaminato la questione relativa alla realizzazione del reato di cui all’art. 4, comma 4-bis, della I. n. 401 del 1989, ritenendo di dovere escludere la sussistenza del reato “de quo” in base alla considerazione che il ricorrente era stato «illegittimamente escluso dai bandi di gara attributivi delle concessioni … e la successiva trasmissione di dette scommesse all’allibratore non possono essere punite ai sensi dell’art. 4, comma 4 bis, L. n. 401/1989, dovendosi disapplicare la disciplina penale nazionale per contrasto con la normativa dell’Unione Europea».
Il riconoscimento della natura non illecita dell’attività svolta dalla ricorrente, tuttavia, non implica la sottrazione della stessa dall’ambito della disciplina dell’imposta unica, anzi, postula proprio la realizzazione del presupposto di imposta, secondo la specifica declinazione contenuta nell’art. 1, comma 66, legge n. 220/2010 che ha, come visto, disposto che: «Ferma restando l’obbligatorietà, ai sensi della legislazione vigente, di licenze, autorizzazioni e concessioni nazionali per l’esercizio dei concorsi pronostici e delle scommesse, e conseguentemente l’immediata chiusura dell’esercizio nel caso in cui il relativo titolare ovvero esercente risulti sprovvisto di tali titoli abilitativi, ai soli fini tributari: a) l’articolo 1 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è comunque dovuta ancorché la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze -Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato; b) l’articolo 3 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta
è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze -Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni».
43. L’applicabilità della previsione normativa in esame esclude altresì che possa porsi una questione di violazione del principio di non discriminazione o di libertà di stabilimento, basata sulla considerazione della natura lecita dell’attività svolta, ovvero ancora che possa ritenersi che la Corte di Giustizia, con la pronuncia citata non abbia preso in considerazione la “specifica situazione” nella quale la ricorrente ha dovuto operare.
A parte il rilievo che il pregiudizio subito risulta solo affermato, ma non concretamente precisato e specificato, quel che rileva, come detto, è il fatto che la ricorrente, per il fatto di avere realizzato in Italia l’attività di gestione della raccolta delle scommesse per il tramite di propri centri di trasmissione dati, ha realizzato il presupposto dell’imposta e, dunque, è da considerarsi soggetto passivo del tributo e, sotto tale profilo, va fatto richiamo alla pronuncia della Corte di giustizia che, sul punto, ha escluso ogni violazione dei principi unionali citati.
45. Quanto all’asserita violazione del principio dell’affidamento, prospettata in relazione alla portata innovativa della disposizione interpretativa della legge del 2010, al di là dei profili di inammissibilità della censura con riferimento alla posizione del ricevitore, in ordine alla quale, peraltro, la Corte costituzionale, con la sentenza citata, si è già espressa con la pronuncia di incostituzionalità relativamente alla portata innovativa retroattiva della norma, va rilevato, quanto alla posizione del “bookmaker” estero, che la stessa Corte costituzionale non ha posto in discussione il fatto che costui, anche privo di concessione, doveva essere considerato soggetto passivo dell’imposta unica anche prima della entrata
in vigore della disposizione interpretativa, sicché non può porsi alcuna violazione del principio del legittimo affidamento.
46. Alla stregua di quanto affermato dalla Corte di giustizia nella citata sentenza, non si ravvisa necessità alcuna di promuovere un nuovo rinvio dinanzi alla Corte di giustizia, neppure ponendosi una questione di interpretazione della precedente statuizione della Corte, esaustiva e completa.
47.Il secondo motivo è infondato.
48. Quanto all’applicabilità del criterio di quantificazione d’imposta di cui all’art. 1, comma 644, lett. g) con riguardo all’anno di imposta 2015, questa Corte ha già affermato che «In tema di regolarizzazione fiscale ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 643, (legge di stabilità per l’anno 2015), finalizzata all’emersione e all’inserimento nel circuito legale dei “soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014” che offrono scommesse con vincite in Italia per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, la relativa istanza può essere presentata anche dal solo bookmaker estero operante in Italia, tramite “centri di trasmissione dati” (CTD), senza concessione, purchè: 1) alla data del 30 ottobre 2014 sia attivo il CTD; 2) la domanda di emersione riguardi lo specifico centro in quanto incluso nella rete del bookmaker estero, con adesione del singolo CTD quantomeno per gli adempimenti ad esso pertinenti; 3) siano adempiute le condizioni previste ex lege ai fini del perfezionamento della procedura (pagamento delle somme richieste, rilascio della licenza di polizia e collegamento al totalizzatore nazionale)» (Cass., 9 febbraio 2022, nn. 4064, 4066 e 4067; Cass., 8 febbraio 2022, n. 3866; Cass., 1° febbraio 2022, n. 2936). 49. La Corte ha, inoltre, precisato che «il comma 644 del medesimo art. 1 della legge n. 190 del 2014 ha, poi, disciplinato la posizione dei « soggetti di cui al comma 643 che non aderiscono al regime di regolarizzazione di cui al medesimo comma 643 ovvero dei soggetti “che, pur avendo aderito a tale regime, ne sono decaduti “». L’art. 1, comma 643, lettera e) della legge n. 190 del 2014, prevede che la regolarizzazione fiscale si perfeziona con il versamento dell’imposta unica
dovuta per i periodi d’imposta anteriori a quello del 2015 e per i quali non sia ancora scaduto il termine di decadenza per l’accertamento «determinata con le modalità previste dall’articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ridotta di un terzo e senza applicazione di sanzioni ed interessi, in due rate di pari importo che scadono, rispettivamente, il 30 giugno e il 30 novembre 2015». L’art. 24 del decreto legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, al decimo comma, così recita: «Nel caso di scommesse comunque non affluite al totalizzatore nazionale ovvero nel caso di sottrazione di base imponibile all’imposta unica sui concorsi pronostici o sulle scommesse, l’Ufficio dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determina l’imposta dovuta anche utilizzando elementi documentali comunque reperiti, anche se forniti dal contribuente, da cui emerge l’ammontare delle giocate effettuate. In mancanza di tali elementi ovvero quando il contribuente si oppone all’accesso o non dà seguito agli inviti e ai questionari disposti dagli uffici, l’Ufficio dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determina induttivamente la base imponibile utilizzando la raccolta media della provincia, ove è ubicato il punto di gioco, dei periodi oggetto di accertamento, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale . Ai fini della determinazione dell’imposta unica l’ufficio applica, nei casi di cui al presente comma, l’aliquota massima prevista per ciascuna tipologia di scommessa dall’articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504». Deve, dunque, evidenziarsi che il contesto normativo di riferimento differenzia i soggetti che hanno aderito alla regolarizzazione, da quelli che non aderito o che, pur avendo aderito a tale regime ne sono decaduti e prevede che solo per i primi la relativa regolarizzazione fiscale si perfeziona con il versamento dell’imposta unica ridotta di un terzo e senz a applicazione di sanzioni ed interessi, determinata con le modalità previste dall’articolo 24, comma 10, del decreto legge n. 98 del 2011 (cfr. art. 1, comma 643, lettera e) della legge n. 190 del 2014); per gli altri soggetti, invece, l’imposta dovuta deve essere computata su di un imponibile forfetario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio o il punto
di raccolta (cfr. art. 1, comma 643, lettera g), della legge n. 190 del 2014) (Cass., sez. 5, n. 24213 del 2023).
50.Nella sentenza impugnata, il giudice di appello ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati -peraltro, citando espressamente Cass. n. 24213 del 2023 nel ritenere legittima l’applicazione da parte dell’Ufficio della metodologia di calcolo, induttivamente determinata ragguagliando la base imponibile alla base forfettaria del triplo della media provinciale, in quanto la contribuente effettivamente non aveva aderito alla procedura di regola rizzazione; e ciò perché per i periodi di d’imposta non oggetto di regolarizzazione trova applicazione quanto previsto dall’art. 1, comma 644, lettera g), della legge n. 190 del 2014 (il triplo della media provinciale), norma applicabile, per espressa previsione, a partire dal 2015, a coloro i quali « non abbiano aderito al regime di regolarizzazione di cui al citato comma 643, ovvero nei riguardi dei soggetti che, pur avendo aderito a tale regime, ne sono decaduti ».
51.Manifestamente infondata è la questione di legittimità costituzionale sollevata con riguardo agli artt. 1-3 del D.Lgs. 23.12.1998 n. 504, come modificati dall’art. 1 co. 64 e 66 lett. b), della Legge di Stabilità 2011, e dell’art. 1, comma 644, lett. g), L. 190/2014, in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 97 Cost.
52. Ad avviso della ricorrente, l ‘ art. 1, comma 644, lett. g), L. 190/2014, introduce nei confronti delle ricevitorie non collegate al totalizzatore nazionale, una nuova modalità di determinazione dell’imposta incentrata, in via esclusiva, sull’applicazione di una presunzione legale assoluta. In particolare, le presunzioni tributarie, per andare esenti da censure di illegittimità costituzionale, devono essere « idonee ad assicurare la reale rispondenza dell’accertamento tributario alla capacità contributiva del soggetto passivo d’imposta » (sent. 283/1987 cit.). A tal fine, l’accertamento presuntivo deve « fondarsi su indici concretamente rivelatori di ricchezza », in grado di garantire che l’imposizione tributaria « non abbia una base fittizia » (Corte Cost., 26-03-1980, n. 42; in senso conforme, ex plurimis , Corte Cost., 23-07-1987, n. 283 cit. , la quale parla di « indici idonei a dare fondamento reale alla corrispondenza tra imposizione e
capacità contributiva »). Nella specie, la triplicazione della base imponibile di cui all’art. 1, comma 644 , lett. g) cit. non sarebbe supportata da valide basi razionali, suscettibili di integrare un’idonea causa giustificatrice della misura. Inoltre, la presunzione legale, non ammettendo una prova contraria da parte del contribuente, sarebbe condannata irrimediabilmente a fondarsi su una base meramente fittizia. Il fatto che non possa trovare alcun rilievo la prova da parte del cittadino di c ircostanze quali i periodi d’inattività dell’esercizio, spontanea (ferie) o per cause di forza maggiore (malattia, inagibilità dei locali, etc. ), o, più semplicemente, la prova di aver conseguito una base imponibile inferiore rispetto a quella meccanicamente presunta in ragione del triplo della media provinciale si sostanzierebbe in una violazione dei principi costituzionali di capacità contributiva e di diritto di difesa. Infatti, la legittimità costituzionale delle disposizioni istitutive di presunzioni legali potrebbe essere riconosciuta soltanto laddove l’astrattezza delle massime di esperienza e delle elaborazioni statistiche trovi un efficace correttivo nel contraddittorio con i soggetti destinatari dell’accertamento. Pertanto, ad avviso della ricorrente, la disposizione in questione si porrebbe in contrasto: 1) con gli artt. 3 e 53 Cost. in quanto la triplicazione della base imponibile e il consistente aumento dell’aliquota applicabile determinano un prelievo sfornito di idonea causa giustificatrice e privo di ogni contatto con l’effettiva capacità contributiva del cittadino ; 2) con l’art. 24 Cost., laddove il contribuente è privato di ogni possibilità di provare l’insussistenza della base imponibile desunta normativamente ; 3) con l’art. 97 Cost. sotto il profilo del principio di imparzialità dell’azione amministrativa, posto che la rigidità della norma in parola esclude a priori ogni possibilità che la P.A. tenga conto delle specificità del caso concreto e, sulla scorta di queste, appronti gli opportuni temperamenti agli automatismi della legge.
53.Sotto il profilo della ragionevolezza della norma, quanto alle modalità di calcolo dell’imposta unica, dall’esame dei lavori preparatori ben si coglie la ratio dell’intervento normativo in esame: ‘La logica della forfetizzazione della base imponibile è particolarmente adatta a situazioni del genere, tenuto conto della
difficoltà di omogeneizzare le situazioni passive del rapporto tributario con quelle dei concessionari di Stato, considerato anche il fatto che il paniere di offerta di un operatore della rete parallela è estremamente più ampio e variegato, giacché sganciato da regole cogenti predeterminate. Inoltre, il mancato collegamento al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli…che consente di registrare, memorizzare e conservare tutte le singole giocate, comporta che la raccolta totale realizzata da questi soggetti non può in alcun modo essere ricostruita, anche perché essi fanno capo a soggetti che dichiarano di essere stabiliti all’estero, dove affluiscono le giocate effettuate. Pur sempre, però, la base imponibile resta ancorata alla raccolta di gioco, come in particolare previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 504 del 1998 relativamente alla raccolta di scommesse, che certamente costituisce la tipologia di gioco predominante tra quelle offerte dalla rete parallela innanzi detta. In particolare:
la media della raccolta provinciale già costituisce elemento di riferimento ai fini dell’accertamento (ai sensi dell’articolo 24, comma 10, del decreto -legge 6 luglio 2011, n 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111);
ai fini della determinazione della base imponibile forfetaria, appare ragionevole prevederne un aumento in considerazione di quanto segue: -la raccolta degli operatori non autorizzati si avvale di una posizione di ampio favore rispetto agli operatori della rete legale, garantitagli dal mancato sostenimento degli oneri concessori e dal mancato assoggettamento ai relativi vincoli (dunque, potendo offrire quote molto più allettanti e così accaparrandosi maggiori quote di mercato);
la media presa a riferimento non comprende gli eventi ippici, mentre è da ritenere con sufficiente certezza che gli operatori non autorizzati (soprattutto se collegati a bookmakers esteri, come è nella realtà attuale) offrano anche, in misura consistente, scommesse su eventi ippici nazionali e stranieri;
-la stessa media non tiene inoltre conto dell’ampia gamma di scommesse su eventi diversi da quelli approvati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (il c.d. ‘palinsesto ufficiale’, compreso quello c.d. ‘complementare’), eventi che
notoriamente costituiscono una parte rilevante del business degli operatori non autorizzati;
– la media non tiene altresì conto del gioco on line, considerato che gli operatori fisici della rete legale non possono offrire gioco a distanza…tutti gli elementi anzidetti ben giustificano il rialzo rispetto alla ‘media’ pari al triplo di questa. I soggetti in esame, infatti, già si attestano, verosimilmente, intorno ai valori massimi (se non superiori) di quella degli operatori della rete legale, data la posizione di ampio favore garantitagli dal mancato sostenimento degli oneri concessori e dal mancato assoggettamento ai relativi vincoli (dunque assai più in alto della media, potendo offrire quote più allettanti e così accaparrandosi maggiori quote di mercato). Inoltre, la possibilità di offrire molteplici prodotti, vietati agli operatori regolari, sia in termini di ‘palinsesto’, sia in termini di giochi (on line, ippica, ecc.), conducono a ritenere ragionevole prevedere la base imponibile forfetaria pari al triplo della media provinciale. Per quanto riguarda l’aliquota applicabile, l’articolo 4 del decr eto legislativo n. 504 del 1998 prevede aliquote molto diversificate a seconda della tipologia di evento (26,80 per cento per i concorsi pronostici, 22,50 per cento per la scommessa tris, 15,70 per cento per ogni scommessa ippica, un ventaglio di aliquote che va dal 2 all’8 per cento per le scommesse sportive). La disposizione assume applicabile la massima aliquota prevista per le scommesse sportive (8 per cento), posto che la mancanza di collegamento di questi operatori al totalizzatore nazionale non conse nte di verificare le tipologie di eventi oggetto di scommessa’ (Cass. sez. n. 27260 del 2023).
54.Posto, dunque, che la situazione di un centro di trasmissione dati che raccoglie scommesse per conto di una società che ha sede in un altro Stato membro non è analoga a quella degli operatori nazionali (cfr. Cass., 14.4.2021, n. 9730), la richiamata normativa mira, all’evidenza a ristabilire un principio di parità di condizioni tra i concessionari della rete statale e gli operatori che comunque operano in Italia, benché privi di concessione statale (Cass. sez. n. 27260 del 2023).
55.Gli ulteriori dubbi di costituzionalità, in riferimento agli artt. 24 e 53 Cost., quanto all’assunta impossibilità da parte dell’operatore non autorizzato di superamento della presunzione legale assoluta e alla mancata corrispondenza tra imposizione e capacità contributiva, sono manifestamente infondati in quanto la ricorrente muove da un erroneo presupposto interpretativo atteso che l’art. 1, comma 644, lett. g) cit. lungi dal prevedere una presunzione assoluta, disciplina una modalità di determinazione della base imponibile in via presuntiva ( iuris tantum ), stante la non ricostruibilità della raccolta totale realizzata dagli operatori non autorizzati per mancato collegamento al totalizzatore nazionale, fatto salvo l’onere a carico del contribuente di fornire ( a contrario) gli elementi probatori (dimostrando le concrete tipologie di eventi oggetto di scommessa e, dunque, l’effettivo ammontare delle giocate effettuate ) atti a giustificare la non applicazione della base imponibile forfetaria pari al triplo della media provinciale (nella specie, peraltro neanche dedotti dal bookmaker estero). Da qui anche la manifesta infondatezza dell’ulteriore dubbio di costituzionalità con riguardo al l’art. 97 Cost. sotto il profilo del principio di imparzialità dell’azione amministrativa, posto che non essendo prevista dalla norma un’ipotesi di presunzione assoluta non è esclusa a priori la considerazione da parte dell’Amministrazione finanziaria -attraverso la prova contraria a carico dell’operatore non autorizzato – delle specificità del caso concreto.
56.Ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto:
« In materia di imposta unica sulle scommesse, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 644, lett. g), L. n. 190/2014, per violazione degli artt. 3, 24, 53 e 97 Cost., in quanto – per i soggetti di cui al comma 643 che non aderiscono al regime di regolarizzazione di cui al medesimo comma ovvero che, pur avendo aderito a tale regime, ne sono decaduti – la determinazione dell’imposta unica sulle scommesse su di un imponibile forfetario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio o il punto di raccolta, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale per il periodo d’imposta
antecedente a quello di riferimento, con l’aliquota massima stabilita dall’articolo 4, comma l, lettera b), numero 3.1), del citato d.lgs. n. 504 del 1998, è ragionevole avuto riguardo alla posizione di ampio favore degli operatori non autorizzati rispetto agli operatori della rete legale e all ‘ impossibilità di ricostruire la raccolta totale realizzata da questi soggetti per mancato collegamento al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e realizza un accertamento induttivo su base presuntiva ( iuris tantum ) che non esclude la prova contraria da parte del contribuente circa l’effettivo ammontare delle giocate effettuate, sicché sono garantite le esigenze di difesa, di corrispondenza tra imposizione e capacità contributiva e di imparzialità dell’azione amministrativa ».
Nella sentenza impugnata il giudice di appello si è uniformato al suddetto principio nel ritenere -richiamando Cass sez. n. 27260 del 2023 -manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità insorti in ordine alla base imponibile così calcolata.
57. Con il sesto motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8 del d.lgs. 546/1992, 5, comma 1 e 6, comma 2, l. 472/1997 e 10, comma 4, l. 212/2000, in relazione all’art. 360 co. 1, n. 3) c.p.c. per non avere il giudice di appello applicato l’esimente dell’obiettiva condizione di incertezza.
58.Il motivo è infondato, posto che non sussistono i presupposti per ritenere l’obiettiva incertezza normativa per le annualità dal 201 5; questa Corte ha, al riguardo, già ritenuto che la condizione di obiettiva incertezza per lo scommettitore estero può considerarsi sussistente fino alla data di entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 66, l. n. 220/2010, la quale ha interpretato l’art. 3, d.lgs. n. 504/1998 prevedendo che soggetto passivo dell’imposta unica sulle scommesse è anche chi svolge l’attività di gestione delle stesse pur se privo di concessione (Cass., sez. 5, 12 aprile 2021, n. 9531; Sez. 5, Ordinanza n. 23310 del 2024; Cass. sez. 5, Ord. n. 24033 del 2024).
59. Con il settimo motivo si denuncia , in relazione all’art. 360 co. 1, n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 12, 15 d. lgs. 546/1992 e 91, 92 c.p.c., per avere il giudice di appello disposto la liquidazione delle spese in favore dell’Agenzia delle dogane, rappresentata in giudizio da un proprio funzionario delegato, in mancanza di documentazione di spese vive e di deposito di apposita nota e, in subordine, per non avere disposto la compensazione delle spese, avuto riguardo alla complessità e peculiarità della materia trattata.
60.Il motivo
è
inammissibile.
61.Ai sensi dell’art. 15, comma 2-sexies del d.lgs. n. 546/92 « Nella liquidazione delle spese a favore dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto ».
La norma prevede la liquidazione delle spese a favore dell’ufficio tributario, se assistito da funzionari dell’amministrazione, e, a favore dell’Ente locale, se assistito da propri dipendenti, a cui si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato. Orbene, lo specifico riferimento alle spese processuali e alla riduzione percentuale dei soli onorari di avvocato conferma il diritto dell’Agenzia alla rifusione sia dei costi affrontati, sia dei compensi spettanti per l’assistenza tecnica fornita in giudizio dai propri dipendenti, che sono legittimati a svolgere attività difensiva nel processo, ai sensi dell’art. 15 cit. (cfr. Cass., sez. 5, n. 23055 del 2019).
Nel caso in esame la ricorrente, in difetto del principio di specificità, non ha precisato, a fronte di una incontestata assistenza tecnica svolta in favore dell’Agenzia delle dogane dai propri funzionari, quali fossero, avuto riguardo all’importo totale delle spese liquidato per il grado di appello, le voci relative alle “spese vive” asseritamente non documentate, limitandosi ad affermare che l’Amministrazione non avrebbe documentato né depositato nota spese in primo grado (cfr. p.51 del ricorso). Al proposito, questa Corte ha stabilito più volte (cfr.
ad es. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24635 del 19/11/2014) che è onere del ricorrente in cassazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, specificare analiticamente le voci tariffarie e gli importi in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, nonch é le singole spese contestate o dedotte come omesse, in modo da consentire il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini.
Passibile di inammissibilità è anche il profilo di censura relativo alla assunta mancata compensazione delle spese del grado di appello, avendo il giudice di appello, nel liquidare le spese in favore dell’Agenzia, stante il rigetto dell’appello della contribuente, fatto corretta applicazione del generale principio della soccombenza, essendo la compensazione, in tutto o in parte, delle spese, ai sensi dell’art. 15, comma 2, cit., vigente ratione temporis , applicabile soltanto « in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate ».
62.Peraltro, «In materia di procedimento civile, il sindacato di legittimità sulle pronunzie dei giudici del merito è diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, essendo del tutto discrezionale la valutazione di totale o parziale compensazione per giusti motivi, la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare» (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26912 del 26/11/2020; sez. 5, Ord. n. 23310 del 2024).
63. In conclusione, il ricorso va rigettato.
64.Stante gli emersi profili di novità, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, così deciso il 28 febbraio 2025