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Imposta unica scommesse: Cassazione e bookmaker esteri

Una società di scommesse estera ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’imposta unica scommesse per l’annualità 2008. La società operava in Italia tramite centri di trasmissione dati senza possedere una concessione statale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano è soggetto passivo d’imposta, indipendentemente dalla sede legale o dal possesso di una concessione. La decisione si fonda su precedenti pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’UE, le quali hanno escluso l’esistenza di discriminazioni a danno degli operatori stranieri.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione Conferma la Tassazione per i Bookmaker Esteri

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza per il settore del gioco: l’assoggettabilità all’imposta unica scommesse degli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia senza una concessione statale. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato, ribadendo che il presupposto del tributo è legato alla territorialità della raccolta, a prescindere dalla sede legale del bookmaker.

I Fatti di Causa: Un Avviso di Accertamento Controverso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a una nota società di scommesse con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica per l’annualità 2008, ritenendo la società obbligata in solido con il titolare di un centro di trasmissione dati (CTD) che operava in Italia per suo conto. La società, priva di concessione governativa italiana, ha impugnato l’atto impositivo, ottenendo una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, ha riformato parzialmente la decisione, spingendo la società a ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e l’Imposta Unica Scommesse

La società ricorrente ha basato la sua difesa su sette motivi, incentrati principalmente sulla presunta violazione del diritto dell’Unione Europea, in particolare dei principi di non discriminazione, parità di trattamento e libertà di stabilimento. Secondo la tesi difensiva, assoggettare a imposta un operatore che era stato illegittimamente escluso in passato dalle gare per le concessioni costituiva una misura discriminatoria e sanzionatoria. Inoltre, venivano sollevate questioni procedurali, come la violazione del contraddittorio endoprocedimentale, e di merito, sulla corretta interpretazione delle norme che definiscono il presupposto territoriale del tributo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, giudicando infondati tutti i motivi di censura. Gli Ermellini hanno fornito una disamina completa e articolata, basandosi su principi ormai consolidati sia dalla giurisprudenza nazionale che da quella europea.

L’assenza di Discriminazione e il Principio della Territorialità

Il cuore della decisione risiede nell’affermazione del principio di territorialità. L’imposta unica sulle scommesse colpisce l’attività di raccolta del gioco svolta sul territorio italiano. Pertanto, chiunque, italiano o straniero, con o senza concessione, organizzi e raccolga scommesse in Italia, realizza il presupposto impositivo. La Corte ha richiamato la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-788/18) che, proprio in un caso analogo, ha escluso qualsiasi discriminazione, poiché la normativa italiana si applica indistintamente a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte in Italia.

L’imposta Unica Scommesse non è una Sanzione

Un altro punto cruciale affrontato dalla Cassazione è la natura del tributo. La difesa della società tendeva a configurare l’imposizione come una sorta di sanzione per l’operatività senza concessione. La Corte ha nettamente respinto questa interpretazione. Il fatto che l’attività della società sia stata considerata non illecita in sede penale (a causa della disapplicazione della norma penale per contrasto con il diritto UE) non la sottrae agli obblighi fiscali. L’imposta non ha finalità afflittive, ma risponde all’ordinaria logica contributiva legata alla capacità economica manifestata attraverso l’esercizio di un’attività sul territorio dello Stato.

La questione del Contraddittorio Endoprocedimentale

Infine, la Corte ha dichiarato infondato anche il motivo relativo alla violazione del diritto di difesa per mancata attivazione del contraddittorio preventivo. I giudici hanno chiarito che l’imposta unica sulle scommesse non rientra tra i tributi armonizzati a livello europeo, per i quali tale obbligo è generalizzato. Per i tributi non armonizzati, come quello in esame, il contraddittorio è obbligatorio solo se espressamente previsto dalla legge nazionale. Nel caso di specie, trattandosi di un accertamento basato su dati disponibili all’amministrazione (cosiddetto ‘accertamento a tavolino’), non sussiste un obbligo generalizzato di interlocuzione preventiva con il contribuente.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’analisi coerente e sistematica della normativa e della giurisprudenza di riferimento. La Suprema Corte ha sottolineato come la Corte Costituzionale (sent. n. 27/2018) e la Corte di Giustizia UE abbiano già ampiamente vagliato la compatibilità della disciplina italiana con i principi costituzionali e unionali. La tassazione dei bookmaker esteri risponde all’esigenza di garantire la lealtà fiscale nel settore del gioco, evitando che operatori ‘fuori sistema’ possano godere di un ingiustificato vantaggio competitivo rispetto a quelli concessionari. La solidarietà tra il bookmaker e il centro di raccolta è definita ‘paritetica’, poiché entrambi i soggetti concorrono a realizzare il presupposto impositivo, sebbene con ruoli diversi. Questa costruzione giuridica, secondo la Corte, giustifica pienamente l’imposizione a carico dell’operatore estero per l’attività svolta per suo tramite in Italia.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale del diritto tributario del gioco: la rilevanza del luogo di raccolta delle scommesse come criterio di collegamento per l’imposizione. La decisione chiarisce che la libertà di prestazione di servizi all’interno dell’UE non comporta un’esenzione dagli obblighi fiscali vigenti nello Stato in cui il servizio viene effettivamente reso e il reddito prodotto. Per gli operatori del settore, questa pronuncia rappresenta un’ulteriore conferma della necessità di conformarsi alla normativa fiscale italiana, anche qualora operino dall’estero attraverso reti fisiche presenti sul territorio nazionale.

Un bookmaker estero che opera in Italia senza concessione deve pagare l’imposta unica scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il presupposto per l’applicazione dell’imposta è la raccolta di scommesse sul territorio italiano. Di conseguenza, chiunque svolga tale attività è considerato soggetto passivo del tributo, indipendentemente dal fatto che abbia sede all’estero o sia privo di una concessione statale.

La tassazione dei bookmaker esteri rappresenta una violazione del diritto dell’Unione Europea?
No. Secondo la Corte di Cassazione, che richiama una precedente pronuncia della Corte di Giustizia dell’UE, la normativa italiana non è discriminatoria. L’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse in Italia, sia nazionali che esteri, garantendo parità di trattamento e non ostacolando la libera prestazione di servizi.

L’amministrazione finanziaria è obbligata a un contraddittorio preventivo prima di emettere un avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse?
No. La Corte ha stabilito che, non essendo l’imposta unica un tributo armonizzato a livello europeo, non sussiste un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale, se non nei casi specificamente previsti dalla legge nazionale. Per gli accertamenti ‘a tavolino’ nei confronti del bookmaker, tale obbligo non è previsto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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