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Imposta unica scommesse: Cassazione conferma obbligo

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una società di scommesse estera, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento per l’imposta unica scommesse relativa al 2011. La Corte ha stabilito che sia il bookmaker estero sia il centro di trasmissione dati (CTD) italiano sono coobbligati al pagamento. È stata esclusa qualsiasi violazione del diritto dell’Unione Europea, affermando che la normativa non è discriminatoria e non costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi. Le sanzioni sono state ritenute applicabili, poiché l’incertezza normativa sulla soggettività passiva era cessata prima del periodo d’imposta in questione.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Legittima per Operatori Esteri senza Concessione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza nel settore del gioco: l’applicazione dell’imposta unica scommesse agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia tramite Centri Trasmissione Dati (CTD) privi di concessione statale. La decisione ha confermato la piena legittimità dell’imposizione fiscale, respingendo le doglianze di una nota società di betting e fornendo chiarimenti cruciali sulla compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione Europea.

Il Caso: L’Imposta Unica Scommesse e l’Operatore Estero

L’Oggetto della Contesa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società di scommesse con sede a Malta e al suo intermediario italiano (un CTD). L’atto impositivo mirava al recupero dell’imposta unica sui concorsi e scommesse per l’anno 2011, oltre a interessi e sanzioni. La società contribuente aveva impugnato l’atto, lamentando, tra le altre cose, la mancata traduzione in lingua inglese, l’insussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi dell’imposta e l’incompatibilità della disciplina con il diritto unionale.

I Motivi del Ricorso

Dopo aver visto respinte le proprie ragioni sia in primo che in secondo grado, la società ha proposto ricorso per cassazione, articolando diversi motivi. Tra i principali, spiccavano:
1. La violazione delle norme sulla chiarezza degli atti impositivi per mancata traduzione.
2. L’errata individuazione del presupposto soggettivo e territoriale dell’imposta.
3. La presunta violazione dei principi UE di parità di trattamento e non discriminazione.
4. L’illegittima applicazione delle sanzioni, data una presunta condizione di obiettiva incertezza normativa.

L’Analisi della Cassazione: Perché l’Imposta Unica Scommesse è Dovuta

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la solidità dell’impianto normativo e giurisprudenziale che regola l’imposta unica scommesse.

La Questione della Lingua e della Soggettività Passiva

In primo luogo, i giudici hanno ritenuto infondata la questione della mancata traduzione dell’avviso. La Corte ha osservato che non esiste una norma che imponga la traduzione e che la società, avendo articolato difese complesse in ogni grado di giudizio, ha ampiamente dimostrato di aver compreso il contenuto dell’atto.
Sul piano della soggettività passiva, la Cassazione ha ribadito, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2018, che l’imposta è dovuta anche da chi raccoglie scommesse al di fuori del sistema concessorio. Sia il bookmaker estero sia il CTD partecipano all’attività di organizzazione ed esercizio delle scommesse e sono, pertanto, coobbligati in solido al pagamento del tributo.

Compatibilità dell’imposta unica scommesse con il Diritto dell’Unione Europea

Un punto centrale della pronuncia riguarda la compatibilità con il diritto UE. La società ricorrente lamentava una discriminazione e una restrizione alla libera prestazione di servizi. La Cassazione, allineandosi alla Corte di Giustizia UE (sentenza C-788/18), ha escluso ogni violazione. È stato chiarito che la normativa italiana non è discriminatoria perché l’imposta si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, indipendentemente dal luogo in cui hanno la sede. La normativa non è apparsa atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di un operatore di un altro Stato membro.

Inapplicabilità dell’Esenzione per Incertezza Normativa

Infine, la Corte ha respinto la richiesta di disapplicazione delle sanzioni per obiettiva incertezza normativa. I giudici hanno specificato che tale incertezza poteva esistere solo fino all’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica del 2010 (L. n. 220/2010). Poiché la controversia riguardava l’anno d’imposta 2011, la disciplina era ormai chiara e l’incertezza superata, rendendo pienamente legittima l’irrogazione delle sanzioni.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale, sia nazionale (Corte Costituzionale) sia europeo (Corte di Giustizia). La decisione sottolinea come il presupposto dell’imposta sia la raccolta di scommesse sul territorio italiano, un’attività a cui partecipano congiuntamente sia l’operatore estero (bookmaker) che l’intermediario locale (CTD). Questa solidarietà passiva è stata ritenuta ragionevole e conforme al principio di capacità contributiva, in quanto il CTD ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker attraverso la regolazione delle commissioni. Inoltre, è stato ribadito che la lotta al gioco illegale e la tutela dei consumatori sono obiettivi legittimi che giustificano il sistema concessorio e l’applicazione di un’imposta specifica non discriminatoria.

le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un principio fondamentale: chiunque raccolga scommesse in Italia, anche se privo di concessione e con sede all’estero, è soggetto al sistema fiscale italiano e, in particolare, all’imposta unica scommesse. La decisione offre certezza giuridica e conferma che il quadro normativo nazionale, interpretato alla luce dei principi europei, è robusto e non discriminatorio. Per gli operatori del settore, ciò significa che l’operatività sul territorio nazionale comporta inevitabilmente l’assunzione di tutti gli obblighi tributari previsti, senza possibilità di invocare la propria natura estera o l’assenza di un titolo concessorio per sottrarvisi.

Un operatore di scommesse estero, che opera in Italia tramite un centro trasmissione dati senza concessione, è tenuto a pagare l’imposta unica sulle scommesse?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’imposta è dovuta anche da chi raccoglie scommesse al di fuori del sistema concessorio. L’operatore estero (bookmaker) e il centro trasmissione dati (CTD) sono coobbligati in solido al pagamento del tributo.

L’applicazione dell’imposta unica sulle scommesse agli operatori esteri viola il diritto dell’Unione Europea sulla libera prestazione di servizi?
No. La Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che la normativa italiana non è discriminatoria, poiché l’imposta si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzioni basate sul luogo di stabilimento.

È possibile ottenere l’annullamento delle sanzioni per ‘obiettiva incertezza normativa’ per l’anno d’imposta 2011?
No. La Corte ha chiarito che la condizione di obiettiva incertezza normativa esisteva solo fino all’entrata in vigore della norma interpretativa del 2010 (Legge n. 220/2010). Poiché il caso riguarda l’anno d’imposta 2011, tale incertezza era già stata superata e le sanzioni sono quindi applicabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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