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Imposta unica scommesse: bookmaker estero paga

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7540/2024, ha rigettato il ricorso di una società di scommesse estera, confermando la sua soggezione all’imposta unica scommesse per l’annualità 2010. È stata ribadita la responsabilità solidale del bookmaker estero, privo di concessione, con i centri di trasmissione dati operanti sul territorio italiano. La Corte ha escluso qualsiasi profilo di discriminazione rispetto alla normativa UE, ritenendo l’imposta applicabile a chiunque raccolga gioco in Italia, e ha chiarito che la responsabilità del bookmaker sussisteva anche prima delle modifiche legislative del 2011.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: La Cassazione Conferma la Tassazione per i Bookmaker Esteri

Con una recente e significativa ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato nuovamente il tema dell’imposta unica scommesse, consolidando un principio fondamentale: anche i bookmaker esteri, operanti in Italia senza concessione tramite Centri Trasmissione Dati (CTD), sono tenuti al pagamento del tributo. La decisione n. 7540 del 21 marzo 2024 chiarisce la portata della responsabilità solidale e la compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione Europea, anche per annualità fiscali precedenti alle riforme più recenti.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da alcuni avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a una nota società di betting estera e alla sua controllante. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2010, ritenendo le società obbligate in solido con i titolari dei CTD presenti sul territorio italiano, attraverso i quali veniva effettuata la raccolta del gioco. Le società hanno impugnato gli atti impositivi, dando il via a un contenzioso che, dopo i primi due gradi di giudizio a loro sfavorevoli, è approdato in Cassazione.

Le Doglianze delle Società e la Questione dell’Imposta Unica Scommesse

Le società ricorrenti hanno basato la loro difesa su molteplici motivi, tra cui:
* La presunta violazione del diritto dell’Unione Europea, in particolare del principio di libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE), chiedendo un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea.
* L’illegittimità degli avvisi per mancata traduzione in lingua inglese.
* L’erronea individuazione dei soggetti passivi dell’imposta, sostenendo che la responsabilità non potesse ricadere su di loro.
* La violazione del principio del legittimo affidamento, data la portata innovativa e retroattiva delle norme interpretative introdotte nel 2010.

Al centro del dibattito vi era la corretta interpretazione della normativa che disciplina l’imposta unica sulle scommesse e, in particolare, la sua applicabilità a operatori esteri privi di concessione statale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una disamina dettagliata e coerente con la giurisprudenza nazionale ed europea consolidata.

In primo luogo, la Corte ha escluso la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, poiché quest’ultima si era già pronunciata in casi analoghi (in particolare, la causa C-788/18), stabilendo che la normativa italiana non è discriminatoria. L’imposta, infatti, si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, indipendentemente dal luogo in cui hanno sede, senza ostacolare la loro attività.

Un punto cruciale della decisione riguarda la responsabilità solidale tra il bookmaker estero e il CTD italiano. La Corte ha ribadito che entrambi i soggetti partecipano, sebbene su piani diversi, all’organizzazione e all’esercizio dell’attività di scommessa soggetta a imposizione. Il bookmaker è il gestore effettivo, mentre il CTD svolge un’attività gestoria fondamentale per la raccolta del gioco.

Di particolare interesse è l’analisi relativa all’annualità 2010. Le società ricorrenti facevano leva sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2018, che aveva dichiarato l’illegittimità della norma interpretativa (art. 1, comma 66, L. 220/2010) nella parte in cui rendeva i CTD soggetti passivi per le annualità antecedenti al 2011. La Cassazione ha però chiarito un aspetto decisivo: quella pronuncia mirava a tutelare solo i CTD, i quali, prima del 2011, non avevano la possibilità contrattuale di rivalersi sui bookmaker per il carico fiscale. Tuttavia, la responsabilità del bookmaker, in quanto gestore principale dell’attività, non è mai stata messa in discussione, nemmeno per i periodi precedenti. Pertanto, la declaratoria di incostituzionalità non ha fatto venir meno l’obbligo fiscale in capo alla società estera.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 7540/2024 consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. Il principio affermato è che l’imposta unica sulle scommesse è un tributo legato alla territorialità della raccolta del gioco. Qualsiasi operatore, anche se stabilito all’estero e privo di concessione, che raccolga scommesse in Italia attraverso una rete fisica come i CTD, è soggetto passivo d’imposta. La responsabilità è solidale con il gestore del CTD, e il bookmaker non può esimersi dal pagamento, nemmeno per le annualità precedenti al 2011, poiché la sua posizione di debitore principale d’imposta è sempre stata riconosciuta dall’ordinamento.

Un bookmaker estero senza concessione deve pagare l’imposta unica sulle scommesse in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che l’imposta è dovuta da chiunque organizzi e raccolga scommesse sul territorio italiano, indipendentemente dal fatto che sia un operatore estero e privo di una concessione statale.

La responsabilità per l’imposta unica scommesse è solo del centro trasmissione dati (CTD) o anche del bookmaker estero?
La responsabilità è solidale. Ciò significa che sia il CTD che raccoglie materialmente la scommessa, sia il bookmaker estero per conto del quale opera, sono entrambi obbligati al pagamento dell’imposta. Lo Stato può richiedere l’intero importo a uno qualsiasi dei due.

La normativa italiana sull’imposta unica sulle scommesse è contraria al diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte, richiamando precedenti sentenze della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che la normativa non è discriminatoria né restrittiva della libera prestazione di servizi, poiché si applica indistintamente a tutti gli operatori, italiani o esteri, che gestiscono scommesse raccolte in Italia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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