Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20825 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20825 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5663/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO ROMA, presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della Lombardia n. 4904/2018 depositata il 13/11/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società unipersonale RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) impugna la sentenza della C.T.R. della Lombardia di rigetto dell’appello della medesima proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Varese di accoglimento del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE per l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo all’imposta comunale sulla pubblicità per l’anno 201.5
La C.T.R., assorbita l’eccezione formulata dalla società contribuente relativa alla mancata descrizione del messaggio pubblicitario, in quanto superata dall’accoglimento della domanda nel merito, ha ritenuto, sulla base della documentazione fotografica, che il tragitto dei carrelli della spesa -avvenendo sia all’interno che all’esterno del supermercato, ma in uno spazio circoscritto e recintato,-non fosse idoneo a fa conoscere il prodotto ad una massa indeterminata di individui. Su questa base, avuto riguardo al disposto dell’art. 17 d. lgs. 507 del 1993 ed alle ridotte dimensioni dei pannelli apposti sui carrelli, ha escluso l’assoggettamento all’imposta comunale sulla pubblicità, posta la solo occasionale visibilità esterna del messaggio pubblicitario.
La soc. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Con memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. la RAGIONE_SOCIALE conferma le conclusioni assunte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La RAGIONE_SOCIALE formula due motivi di ricorso.
Con il primo denuncia, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione
dell’art. 31 d. lgs. 546 del 1992, per non avere il giudice di secondo grado rimesso la controversia al giudice di prima cura in ragione dell’omesso o intempestivo invio dell’avviso di trattazione della causa. Osserva che ciò implica la violazione del principio del contraddittorio, posto che, non potendosi trarre dagli atti del giudizio notizia certa sulla data di emissione dell’avviso, o esso è stato inoltrato nel termine di cui all’art. 31 cit., ed allora il medesimo avrebbe dovuto essere comunicato anche alla ricorrente, oppure se esso è stato notificato fuori dal termine di cui alla disposizione, allora il termine per la costituzione della parte non potrebbe dirsi rispettato. In entrambi i casi la C.T.R. avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice.
3. Con la seconda doglianza fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 17 d. lgs. 507 del 1993, per manifesta insussistenza dei presupposti dell’esenzione. Sottolinea, preliminarmente, che la C.T.R., dopo avere svolto considerazioni sul contenuto generale dell’atto di appello, relativamente alla sua necessaria specificità, non perviene alla declaratoria di inammissibilità del gravame. Nel merito, rileva essere pacifico in causa, da un lato, che i carrelli per la spesa recavano messaggi pubblicitari, dall’altro, che i medesimi carrelli erano ricoverati, a disposizione dei clienti, nel parcheggio sito all’esterno dei due centri commerciali della società, mentre quest’ultima non ha dato prova del fatto che i prodotti pubblicizzati dai pannelli apposti sui carrelli fossero in vendita all’interno del centro commerciale. Sostiene che il legislatore con l’art. 17 del d. lgs. 507 del 1993 ha inteso segnare un preciso confine fra l’interno e l’esterno di punto vendita, introducendo l’esenzione solo per i messaggi pubblicitari veicolati all’interno e che l’errore interpretativo della sentenza impugnata è proprio quello di considerare l’area
pertinenziale come ‘interna’ al centro commerciale. Assume che la possibilità di interpretazione analogica della norma tributaria, in particolate dell’ipotesi esonerativa, adottata dal giudice, è sempre stata esclusa dalla giurisprudenza di legittimità. Richiama la giurisprudenza di legittimità sulla nozione di spazio aperto al pubblico ed assume che tale deve ritenersi quello in discussione.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Deve premettersi che il principio del doppio grado di giudizio è privo di rilevanza costituzionale (Cass. Sez. 5, 30/08/2006, n. 18824) e che l’appello, anche nel processo tributario, è gravame generale a carattere sostitutivo, il che impone al giudice dell’impugnazione di pronunciarsi e decidere sul merito della controversia, allorquando si realizzi un vizio della sentenza che l’affetta di nullità (Cass. Sez. 5, 16/02/2010, n. 3559), salvo che si tratti di uno dei vizi di cui all’art. 59 d. lgs. 546 del 1992 (o di cui all’art. 354 cod. proc. civ. per il rito ordinario). La violazione del principio del contraddittorio di cui al primo comma lett. b) della disposizione si realizza solo quando il processo non si sia efficacemente svolto per non avervi partecipato o per non essere stati messi in grado di parteciparvi tutti i legittimi contraddittori, non potendo altrimenti determinarsi la regressione prevista dalla norma (Cass. Sez. 5, 9/04/2020 n. 14565). Questa Corte, d’altro canto, ha ritenuto che, nel processo tributario, sinanco, in grado di appello, la trattazione in pubblica udienza, senza preventivo avviso alla parte pur costituendo una nullità processuale che travolge, per violazione del diritto di difesa, la sentenza successiva, non integra un vizio che comporta la retrocessione del processo alla commissione tributaria regionale, ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale
della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l’allungamento dei tempi del giudizio. (Cass. Sez. 5, 21/07/2022, n. 22890). Ne consegue che, l’assenza o intempestività dell’avviso di trattazione in primo grado, pur costituendo vizio di nullità, non comporta la rimessione della causa al giudice di prima cura, in forza della mancanza della previsione costituzionale del diritto al doppio grado di giudizio e della natura del gravame che impone al giudice di secondo grado di pronunciarsi nel merito.
Prima di trattare il secondo motivo di ricorso deve essere sgombrato il campo dalle eccezioni di inammissibilità della censura formulate dalla parte controricorrente.
La prima, che riguarda la deduzione della mancanza della prova circa la vendita dei prodotti pubblicizzati con i pannelli apposti sui carrelli, ritenuta inammissibile, perché tardivamente proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, deve essere disattesa, in quanto, per la sua generica formulazione non appare che essa costituisca una vera e propria doglianza, essendo, peraltro, il motivo sotto il quale è dedotta introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., senza che sia prospettata la violazione dell’art. 2697 cod. civ. o di altre norme relative alla valutazione delle prove.
La seconda, relativa alla tardività dell’eccezione di divieto di interpretazione analogica, non avendola RAGIONE_SOCIALE proposta nel primo grado di giudizio, è manifestamente infondata. Il rilievo del divieto di interpretazione analogica non rientra certamente fra le eccezioni in senso stretto; riguardando l’applicazione di principi di diritto esso va inteso come mera difesa.
Il secondo motivo di ricorso è fondato.
10. La sentenza impugnata si fonda sull’assunto che il parcheggio esterno al centro commerciale, in quanto ‘area pertinenziale’ comporti il rientro di detto spazio ‘nel perimetro della struttura commerciale’. L’assunto si fonda, dunque, sulla presupposizione che la relazione funzionale fra il bene immobile (esercizio commerciale) e quello pertinenziale (parcheggio), trasformi il secondo in un’area interna, ai sensi dell’art. 17 d. lgs. 507 del 1993, così esentando i messaggi pubblicitari ivi veicolati dall’imposizione.
Tuttavia, deve rilevarsi che non è la relazione funzionale fra il bene immobile e quello pertinenziale a dimostrare l’esposizione al pubblico di un’area, ma la sua caratteristica intrinseca di visibilità esterna. Ciò che va valutato, infatti, è la peculiarità del luogo, come spazio aperto di passaggio del centro commerciale, per coloro che ivi transitano, essi essendo tutti possibili bersagli del messaggio pubblicitario veicolato attraverso i pannelli apposti sui carrelli della spesa all’interno del parcheggio del centro commerciale medesimo.
Proprio in questo senso è indirizzata la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale ‘In tema di imposta sulla pubblicità, l’esenzione di cui all’art. 17, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 507 del 1993 opera solo al ricorrere della doppia condizione dell’esercizio all’interno dei locali adibiti alla vendita del bene (o alla prestazione del servizio) tanto dell’attività pubblicizzata, quanto dell’attività di pubblicizzazione; condizioni che non ricorrono nel caso di messaggio pubblicitario collocato su carrelli della spesa di un bene in vendita all’interno di un supermercato, ma circolanti anche all’esterno dei relativi locali ed, in particolare, nell’area dell’intero centro commerciale ove esso è ubicato e nel parcheggio di pertinenza, venendo in tali casi in rilievo l’attitudine degli stessi a raggiungere un numero
indistinto di potenziali acquirenti’ (Cass. Sez. 5, 16/04/2021, n. 10095).
Con riferimento all’ulteriore eccezione introdotta dalla parte controricorrente, subordinatamente all’accoglimento del ricorso, in ordine alla debenza delle sanzioni, a sostegno della quale la società contribuente richiama alcune Risoluzioni ministeriali, ed in particolare la Risoluzione n. 48696 del 23 dicembre 2014, va osservato che -fermo il principio secondo cui ‘ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, non è esonerato dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, essendo esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 (Cass., Sez. 5 del 30/09/2020, n. 20819; Cass., Sez. 5, del 11/07/2019, n. 18618; Cass., Sez. 5, del 18/05/2016, n. 10195)trattandosi di eccezione risultata assorbita dalla decisione favorevole alla parte, essa potrà essere riproposta davanti al giudice del rinvio (Cass. Sez. 3, 06/06/2023, n. 15893; Cass. Sez. U., 25/05/2018, n. 13195, che affermano il principio dell’inammissibilità del ricorso incidentale condizionato per la riproposizione di eccezioni risultate assorbite).
In accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza deve, dunque, essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolamentazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di
secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2025