Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20902 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20902 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20488/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME MASSIMO (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. VENETO n. 68/2021 depositata il 08/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 68/1/2021, depositata in data 8 gennaio 2021, la C.T.R. del Veneto rigettava l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, quale concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità nel Comune di Mussolente, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della C.T.P. di Vicenza, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’avviso di accertamento relativo a detto tributo ritenendo che l’imposta doveva essere calcolata riguardo all’impianto pubblicitario nel suo complesso, e non già come sommatoria delle superfici delle singole pre-insegne, secondo quanto, invece, richiesto con l’atto impositivo impugnato, condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite.
1.1. I giudici di appello ritenevano che le ragioni della parte appellante erano da ritenere infondate apparendo ‘molto ragionevole’ la tesi del MEF di cui alla circolare n. 19899/2014 secondo cui ai fini dell’imposta di pubblicità il gruppo segnaletico va considerato unitariamente, indipendentemente dal numero di messaggi in esso contenuti.
Avverso la sentenza della C.T.R., la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione dell’art. 7, co. 1 e 2 del d. lgs. 15.11.1993, n. 507», in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., rilevando come la decisione impugnata aveva violato o falsamente applicato la succitata norma così come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte.
Con il secondo motivo lamenta «violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/1992», in relazione all’art.
360, primo comma, n. 3, c.p.c., deducendo che i giudici di appello, erroneamente, avevano liquidato le spese in favore della appellata RAGIONE_SOCIALE sebbene la stessa non si fosse costituita.
Osserva questa Corte che il ricorso deve essere accolto per le ragioni appresso specificate.
3.1. Il primo motivo è fondato.
Va premesso, in primo luogo, che le circolari con le quali l’Agenzia delle entrate interpreta una norma tributaria, anche qualora contengano direttive agli uffici gerarchicamente subordinati, esprimono esclusivamente un parere non vincolante, oltre che per gli uffici a cui sono dirette, per il contribuente, per la stessa autorità che le ha emanate e per il giudice; pertanto, la cd. interpretazione ministeriale delle norme tributarie, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce fonte di diritto, trattandosi non di manifestazione di attività normativa ma di attività interna alla medesima pubblica amministrazione, destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti, ma inidonea ad incidere sul rapporto tributario (vedi, ex multis , Cass. 35098/2022).
Posto che nella specie, secondo quanto accertato in fatto dai giudici di merito, trattasi della imposizione di unico pannello con più preinsegne, o frecce direzionali, riferibili a distinti soggetti giuridici, va rilevato che la tesi fatta propria dai giudici di appello è, in sostanza, nel senso che trattandosi di un unico impianto, con più frecce direzionali, andava applicato l’art. 7, comma 1, legge cit. considerando la superficie dell’intero impianto non le singole pre -insegne.
Deve, tuttavia, evidenziarsi come sul tema questa Suprema Corte (vedi sent. n. 252/2012) abbia, già da tempo, stabilito il principio secondo cui in tema di imposta comunale sulla pubblicità, l’articolo 7, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993, identifica il presupposto impositivo nel mezzo pubblicitario, inteso come qualsiasi forma di
comunicazione avente lo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi e di migliorare l’immagine aziendale in collegamento inscindibile con la forma adoperata per la divulgazione, con la conseguenza che, nell’ipotesi di plurimi messaggi pubblicitari, concernenti diverse aziende, collocati su un unico pannello, il tributo deve essere determinato in base alla superficie espositiva utilizzata da ciascuna delle imprese pubblicizzate, indipendentemente dalle dimensioni del mezzo pubblicitario cumulativo.
Una simile conclusione si giustifica, come evidenziato nella citata pronunzia, in ragione di una interpretazione sistematica delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 1 e 2 del d. lgs. n. 507/1993, in relazione all’art. 6, comma 2, del citato decreto, che estende al soggetto nel cui interesse è diffuso il messaggio pubblicitario la solidarietà per l’obbligazione tributaria posta a carico del titolare o comunque di colui che ha la disponibilità del , previsione, quest’ultima, che, come espresso dalla succitata sentenza, non può che trovare «esclusiva giustificazione razionale nell’indissolubile legame tra ‘mezzo’ e ‘messaggio’ pubblicitario individuato come fondamento del presupposto d’imposta».
Trattasi di una interpretazione ribadita da questa Corte in numerose successive pronunce, tra cui Cass. n. 10459 del 2018, Cass. n. 29706 del 2018, Cass. n. 20948 e n. 20947 del 2019, Cass. n. 3939/2021 e n. 35109/2021.
Orbene, la sentenza impugnata, che si è discostata dal suddetto principio, va, per l’effetto, cassata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto in diversa composizione, che dovrà riesaminare la fattispecie in esame uniformandosi al principio di diritto sopra richiamato.
3.2. Anche il secondo motivo è fondato, non potendo la parte appellante soccombente essere condannata al pagamento delle spese di lite in favore di una parte non costituita.
Va, infine, stabilito che in sede di rinvio i giudici appello provvederanno anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data